L’ Opinione
di Gennaro Palladino
Che fosse sprecato per fare solamente il parroco, un sacerdote come Don Carlo Sansone era evidentissimo, (senza nulla togliere agli altri sacerdoti locali) ma non posso pensare che dietro questa decisione alla quale per spirito d’obbedienza bisogna obbedire, non ci fosse una volontà di portare “un’aria nuova” nella parrocchia. Cosa, questa, che potrebbe far pensare a qualche sollecitazione affinché ciò avvenisse poiché i piedi a qualcuno il nostro Don Carlo li ha pestati. E, al contrario di quanto successo in altre parrocchie, dove per questi avvicendamenti ci sono stati tentativi di resistenza, nella nostra “la pillola” è stata pianificata nel modo più soft possibile.
Questo lo dovevo dire! Lo rimuginavo dal momento in cui è stata divulgata la notizia dell’avvicendamento e di questo avrei voluto il conforto dello stesso Don Carlo durante i suoi incontri di congedo con la comunità, ma, conoscendo la sua serietà, sicuramente non avrei cavato un ragno dal buco. Per una comunità edonistica come quella di San Giovanni Rotondo era la persona che ci voleva.
Il suo ministero sacerdotale nella nostra parrocchia è stato caratterizzato dalla sua instancabile volontà di portare i fedeli a Cristo e non alla sua persona (“Per il pastore ciò significa che egli non deve legare gli uomini a sé, al suo piccolo io”); ha indirizzato l’azione pastorale esclusivamente verso Gesù privilegiandola ad altri tipi di organizzazione parrocchiale (”senza Gesù e la Chiesa ogni espressione di azione pastorale è sterile, illusoria, accattivante nelle sue forme di aggregazione ma sclerotica se non miope, se si esaurisce in una pastorale di intrattenimento o di gruppi elitari”); ha cacciato i ”mercanti dal tempio”, ha condannato l’ipocrisia imperante di quanti praticavano l’ ”io”, (“sono sempre impegnato a farvi conoscere la Chiesa, l’essere Chiesa, non quella, vi ripetevo, del farsi vedere in chiesa”); ha da sempre denunciato il relativismo della fede; è stato intransigente nell’indicazione del Vangelo come unica via da seguire per un buon cristiano (”Ma ci sono uomini e donne di speranza, perché cristiani che praticano la via del Signore nascendo ogni giorno dall’altare dove incontrando Gesù ricevono il mandato dell’annuncio e della testimonianza”). Affatto diplomatico come si conviene con chi avesse scambiato la Chiesa per un ufficio di collocamento, nelle sue omelie ha sempre condannato la cultura della raccomandazione, l’ingiustizia, la cecità di questa comunità sangiovannese di fronte a tanti fenomeni e devianze sociali; non ha mai mancato di bacchettare, all’occorrenza, la classe dirigente e politica, assolutamente accondiscendente verso forme di fede “fai da te”, non ha elargito eccessive confidenze avendo dato un significato al rispetto inteso come distanza; ha subìto contestazioni a cui non ha dato alcun risalto (“Non ho mai coltivato la cultura della rivendicazione e dell’accusa, tipica del fariseo. Del richiamo profetico, si!”); ha continuamente spronato i fedeli ad approfondire la propria fede nell’aiuto del prossimo, dei più deboli (la Caritas), degli ammalati (quante volte ci ha invitati a visitare l’oncologico, gli anziani soli nelle loro case, quanti per le loro situazioni familiari avrebbero avuto bisogno della Parola).
Come Gesù rivolgendosi alla Maddalena dice: ”Non mi trattenere, ma va ad annunziare il Risorto (cfr Gv 20,17)” nello stesso modo Don Carlo si congeda dalla sua comunità che ringrazia il Signore per averle donato per 12 anni un prete che, a mio modesto parere, se non ha avvicinato tanti fedeli alla “parrocchia”, li ha avvicinati sicuramente ad una fede cristiana più consapevole che sicuramente saprà consolidarsi con l’avvento del nuovo parroco.
Una personalità di cui questa comunità serberà sicuramente un buon ricordo come parroco e alle cui preghiere si affiderà per l’esercizio del nuovo ministero affidatogli di “Vicario Episcopale per la vita consacrata”.
Gennaro Palladino