La nostra piccola
transumanza
Oggi si è concluso, in
tarda mattinata, lu scasamento della vesteiama.
In un tempo oramai
lontano, in compagnia dei propri animali e dei fedelissimi cani maremmani,
dall’Abruzzo alla Puglia e viceversa, gli allevatori viaggiavano per circa due
settimane, affinché il bestiame avesse
sempre a disposizione pascoli freschi ed abbondanti.
Anche senza fermarsi, i
pastori consumavano quel cibo frugale, che li sosteneva durante il lungo
tragitto. Un poco di pane raffermo, del cacio e na lanza de musciscka: lo stretto necessario per poter sostenere,
fino alla fine, il peso di questo rito antico: la transumanza.
Un cammino lungo e
faticoso, irto di pericoli e pregno di tante incognite, un dosare ragionevole
di forze e di energie, perpetuato allo scopo unico di sopravvivere, nel ricordo
atavico delle consuetudini tramandate da padre in figlio.
Cercando di ripercorrere i
tratturi migliori – quelli da 60 passi (111 m) per intenderci – la cui
manutenzione e sicurezza erano a carico dei Comuni, le genti ed il bestiame, in
totale armonia, affrontavano giornate e agenti atmosferici, con uno spirito
indomito, fino a destinazione.
Anche quest’anno due
famiglie di allevatori, Placentino Salvatore e Giovanditto Francesco, che da
anni portano avanti con grandi sacrifici questa tradizione secolare, hanno
terminato prima dell’arrivo della calura estiva il trasloco del bestiame.
L’una da Puntone Longo, in
agro di San Giovanni Rotondo, l’altra da San Nicandro Garganico, per Bosco
Spigno, fino alla meta tanto ambita: Monte Calvo, ove resteranno sino
all’autunno, prima della comparsa del freddo invernale.
Angelo
Marino