Il pensiero dei “Sangiovannesi per Renzi”
Ma in fondo cos’è mai la Politica, quella con la maiuscola?
Una buona risposta a questa domanda è necessaria come mai in questo momento.
Siamo alla fine ingloriosa di un ciclo pessimo. Stiamo assistendo alla fine del ventennio berlusconiano che coincide anche con un ventennio esatto (la coincidenza temporale è netta e non dipende dal caso) nel quale la politica è stata per lo più una sorta di gioco quasi senza regole, praticato da appartenenti al ceto politico o da aspiranti tali.
Durante questi anni i partiti, come luoghi di riflessione, partecipazione, crescita personale e collettiva, di appartenenza, sono quasi scomparsi. Molte sezioni di partito sono diventate non di rado nulla più che “arene” per scontri tutti interni tra “singoli” (anche se tra gruppi di sodali alleati, comunque sempre “singoli” per interessi e logiche sottese).
Il peggior genere di “ceto” politico è emerso in un tale tipo di contese.
Si sono in tal modo fatte avanti, a colpi di gomitate, figure senza proiezione sociale, senza idee, senza capacità concrete ma con grande esperienza nel gioco del posizionamento interno e dell’alleanza tattica. La politica è diventata un luogo di alleanze tra detentori (più o meno veri/millantati) di pacchetti di voti. Sono emersi potentati veri e propri.
L’antipolitica dei cittadini elettori trova così la propria ragione più conseguente nell’antipolitica tutta interna al mondo di chi fa “la politica”.
La logica degli schieramenti senza valori e contenuti, della sommatoria di voti senza programmi, della tattica dell’annichilimento del presunto avversario interno (combattuto come un nemico) con l’obiettivo di creare lo spazio per la propria ascesa/conservazione … tra le macerie, sono l’altra gamba assolutamente necessaria dell’antipolitica.
Questa forma di antipolitica è però più subdola e pericolosa, in quanto è più “furba”. Sa nascondersi e lo fa esattamente dove meno te lo aspetti: nelle pieghe dei partiti, tra chi la politica la fa, si insinua fin dentro la Politica vera, e per nascondere la sua reale natura non esita a scagliarsi anche in maniera furente contro l’antipolitica del qualunquismo ottuso, diffuso dentro la società, tra tanti cittadini, in questo tempo presente.
A questo punto ritorna la domanda: ma in fondo cos’è mai la Politica?
La risposta è per tanti versi semplice: la Politica è il luogo di elaborazione di visioni concrete per il bene della comunità, il luogo della mediazione tra diversi interessi tra loro componibili; della formazione e selezione meritocratica dei gruppi dirigenti; dell’appartenenza; e, infine, per chi è di sinistra è inoltre il luogo della partecipazione democratica.
Il senso più vero delle primarie di coalizione tenute dal centrosinistra lo scorso 25 novembre è quello di fornire una risposta importante al bisogno di partecipazione del popolo di centrosinistra, e alla richiesta pressante di tornare a parlare di competenze, idee e soluzioni concrete, in una prospettiva di progresso civile ed economico e di uguaglianza sociale.
È finito il berlusconismo ma è morto anche il politicismo di questi anni che lo ha reso possibile e che ne ha consentito la sua incredibile durata.
Stiamo superando la politica opaca tutta interna agli apparati, esclusiva degli appartenenti al ceto politico, per ritornare alla Politica, quella vera, fatta da persone impegnate, meritevoli, consapevoli, responsabili, che hanno valori e idee e che sono capaci di operare in maniera concreta.
Questa almeno è la nostra speranza.
Il grande sconfitto delle primarie di coalizione è quindi il “politicismo” con i suoi linguaggi e pratiche e con i suoi frutti più tipici. Tra tali cattivi frutti vanno compresi, a nostro avviso, i parlamentari da “porcellum”, emersi grazie alle dinamiche/staticità interne alle segreterie e rimasti per lo più sconosciuti dentro le comunità almeno potenzialmente rappresentate.
La politica non può più essere un terreno per faccendieri senza idee. È la gravità della crisi a confermarcelo. È l’enormità della sfida a imporcelo. Vivremo anni di trasformazioni e riforme vere. L’alternativa è la soccombenza, il fallimento. Non possiamo permettercelo.
A questo punto occorre saper guardare avanti e comprendere il messaggio forte e chiaro dei nostri elettori. È opportuno che il rinnovamento, più che meramente generazionale, sia soprattutto declinato attraverso i modi, i linguaggi, i contenuti e le culture.
A nostro avviso i candidati alle primarie per le oramai prossime Elezioni Politiche devono possedere i seguenti profili:
- provata attitudine alla soluzione concreta di questioni complesse;
- essere espressione il più possibile poliedrica di mondi vitali e quindi del mondo dell’economia e/o dell’associazionismo e/o del lavoro e/o della cultura e/o delle professioni;
- rappresentare nella maniera più degna gli alti valori e le idealità del Partito Democratico, dei suoi iscritti e degli uomini e delle donne che ripongono in questo partito fiducia e aspettative e vogliono essere riconoscibili e riconosciuti per la qualità delle loro idee.
Girolamo Arciuolo Bartolomeo Dragano Nunzio Gatta Gennaro Giuliani Michele Placentino Alessio Guerra Francesco Cipriano Salvatore Taronno Pietro Guerra Maurilio Impagliatelli Lucia La Riccia Antonio Tortorelli Michelangelo Lombardi Franco Parisi Massimo Centra Michele Salatto Paolo Soccio