La Riflessione
di Mara De Felici
Senza tanti giri di parole, i provvedimenti Gelmini-Tremonti sulla scuola si posso tranquillamente riassumere nel comma 6 dell’ articolo 64 della legge 133/08 che recita:
6. …………devono derivare per il bilancio dello Stato economie lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro per l’anno 2009, a 1.650 milioni di euro per l’anno 2010, a 2.538 milioni di euro per l’anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012.
Quindi niente scuola come prospettiva di sviluppo, di crescita, di coesione sociale ma come fonte di spesa sulla quale fare pesante economia.
Il resto: grembiulini, 5 in condotta, voti numerici e fronzoli vari sono folklore e fumo negli occhi.
ritorno al maestro unico dopo che tempo pieno e insegnamento modulare hanno fatto sì che la primaria fosse, con la scuola dell’ infanzia, l’ unico segmento del nostro sistema di istruzione in buona salute ( dati OCSE, proprio quelli a cui si appella la Gelmini per dire che va tutto male, madama la marchesa)
progressiva eliminazione degli specialisti di inglese ( dopo che ci hanno riempito la testa della scuola delle 3 I come informatica, inglese, impresa) nella scuola primaria
riduzione drastica degli insegnanti di sostegno ( in tutti gli ordini di scuola)
riduzione del tempo scuola ad ogni livello ( nella primaria da 27/30/40 a 24!). Sarà così impossibile fare la famosa informatica, i progetti, gli approfondimenti…
espulsione dalla scuola di 150.000 precari tra docenti e ATA nel triennio, precari che spesso da anni fanno funzionare la scuola nella quale il personale a tempo determinato è oramai al 30%.
I provvedimenti per le superiori sono in via di definizione ma si parla di portare alcune tipologie di scuole da 5 a 4 anni ( unico paese al mondo) e di ridurre in modo considerevole il tempo scuola nei tecnici e professionali ( di fatto riducendo laboratori e progetti, cioè le aree professionalizzanti).
Di fronte a tanto sfascio si è cercato di sviare l’ attenzione parlando per tutta l’ estate di grembiuli (che da noi si sono sempre usati e non sono stati certo lo strumento per eliminare le differenze sociali, e credo che su questo si possa convenire).
Altro tema con cui si ammicca all’opinione pubblica e a qualche docente esasperato e spesso impotente di fronte ai problemi che oramai si scaricano sempre più prepotentemente sulle scuole è indubbiamente il 5 in condotta.
Siamo assolutamente d’ accordo col fatto che alcuni episodi siano intollerabili (ma non credo tollerati), ma tutto questo non cancella dati drammatici sui quali invece converrebbe fermarsi a riflettere.
Ad esempio sul fatto che i due terzi dei ragazzi segnalati al tribunale dei minori del distretto Bari/Foggia provengono dalla nostra provincia o a quello riportato il giorno da 20/10/08 da Repubblica col titolo – I bambini perduti di Puglia – dove si legge: “Siamo la nazione europea, tolto l’ Est, con più minori abbandonati, con più adolescenti imbottiti di psicofarmaci, con più bambini vittime di violenza, con più comunità di accoglienza, con più sentenze di affidamento e con il maggior numero di coppie in attesa di un’adozione internazionale” .
Veramente la soluzione a tanto disastro può essere un bel 5 in condotta?
Ma tant’è, si preferisce la risposta sbrigativa e truce alla fatica di immaginare soluzioni concrete a una situazione che sta consegnando una fetta consistente dei nostri ragazzi al disagio, alla devianza e alla marginalità.
Di fronte a tutto ciò, la soluzione può essere davvero quella di sottrarre risorse umane e finanziarie alla scuola pubblica che è l’ unica agenzia che accoglie, seppure sempre più in affanno, bambini e ragazzi di ogni estrazione sociale, religiosa, culturale, etnica?
Si può pensare davvero che la soluzione sia quella di smantellare la scuola elementare, che è l’unica ad essere è stata riformata, l’unica per la quale è stato previsto negli anni ’90, quando si è introdotto il modulo, un quinquennio di formazione in servizio obbligatoria per tutti gli insegnanti?
E’ possibile che per eliminare gli sprechi (quanto sarebbe facile ricordare quanto ci costano anche i soli benefit dei nostri parlamentari) si mandino a casa nel triennio 150.000 precari senza fornire alternative, a parte la barzelletta del ministro di riconvertirli nel turismo? I drammi delle persone non vanno trattati con tanto superficiale disprezzo!
Si riesce a immaginare i problemi sociali che ciò provocherà? Sono queste le soluzioni per “La vita buona nella società attiva ” di cui parla Sacconi, il ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali nel libro verde sul futuro del modello sociale?
Ma non è finita: in un decreto sulla sanità, zitti zitti, hanno inserito un provvedimento che elimina migliaia di scuole di montagna e nelle piccole isole… Lo stesso provvedimento che numerose Regioni hanno già provveduto a impugnare visto che queste materie sono costituzionalmente di loro competenza (ma il federalismo evidentemente vale solo quando fa comodo..)
Certo alcune di queste scuole veramente frequentate da pochissimi alunni, certo qualche intervento era necessario, ma qui stiamo parlando di un numero altissimo di istituti soppressi.
Queste aree marginali e votate spesso a un lento ma inesorabile spopolamento, avevano nella scuola l’ unico presidio di vita civile e di socialità.
Poi, siccome l’ istruzione è ancora un diritto, i bambini verranno caricati all’alba su pullmini, pagati dai comuni e dai genitori e portati in altri istituti dove non ci saranno aule sufficienti e/o adeguate e si dovranno affittare locali, sempre a carico delle amministrazioni comunali alle quali nel frattempo vengono costantemente tolte risorse.
Ancora, si eleva il numero di alunni per classe con la motivazione che abbiamo il rapporto docente/alunno più basso d’ Europa…peccato che non si aggiunga che quando si fanno questi confronti non si tiene conto di alcuni fattori decisivi:
1. l’ Italia ha una morfologia territoriale tale per cui sono numerosissimi i piccoli e piccolissimi comuni dove le classi sono costituite da pochi alunni perché si trovano in montagna ( vedi i paesi del Subappennino Dauno per stare vicino a noi) mentre ci sono classi con 25/30 e più alunni nelle città e nei paesi più grandi. E non si dica che anche ai nostri tempi le classi erano numerose! Credo che la complessità dei problemi odierni possa sfuggire solo a chi non ha mai messo piede in una scuola che accoglie alunni stranieri, disabili per non parlare del disagio giovanile di cui sopra.
2. Nel conteggio fatto dal ministero si tiene conto anche dei docenti di religione e di sostegno che non ci sono nel resto d’ Europa. Quando si danno i numeri bisogna essere precisi, altrimenti si fa solo propaganda.
Infine, ma potremmo continuare, in un tempo in cui la competizione si fa sui “ cervelli” cioè sulla ricerca, sull’innovazione, sulle tecnologie avanzate, noi riduciamo soldi alla ricerca, non stabilizziamo i ricercatori, togliamo risorse alle università, le trasformiamo in fondazioni (i soldi dovrebbero arrivare dalle imprese italiane, che, è risaputo, sono quelle che vivono di sovvenzionamenti statali e nel mondo occidentale sono tra le meno propense ad investire in ricerca, anche, ma non solo, perché da noi le piccole e piccolissime sono maggioranza).
Conclusione: meno scuola per tutti, ma soprattutto per chi non ha risorse per le private, e fine di un sistema per il quale si è lottato strenuamente e che ha consentito a questo Paese di arrivare ad essere tra i paesi più avanzati perché l’ istruzione pubblica estesa a tutti i cittadini è stata emancipazione e crescita di tutti.
Naturalmente ciò non significa che tutto vada bene, che la scuola non debba cambiare, che non ci sia bisogno di migliorare ma tra cambiare e distruggere, c’è una bella differenza!
E’ necessario parlare e confrontarsi, ma ciò non si può fare a colpi di decreti legge che esautorano il Parlamento e condannano al silenzio chi la scuola la fa e la vive… e poi ci si chiede perché studenti, genitori, docenti e personale della scuola scende in piazza!
Mara De Felici