Per tutte le donne che non rinunciano a loro stesse
La festa della donna, nella giornata dell’8 marzo, ha una connotazione prettamente politica, serve a ricordare tutte le battaglie che la donna ha combattuto per raggiungere i propri diritti.
Brevi cenni storici:
La prima giornata dedicata alla donna fu celebrata negli Stati Uniti il 28 febbraio 1909 a seguito di una lunga marcia, a New York, in cui migliaia di operaie protestarono per ottenere lavoro e paga più dignitosi, per il diritto di voto e l’abolizione del lavoro minorile e per volere del Segretariato internazionale delle donne socialiste.
L’8 marzo 1917, a San Pietroburgo, le donne russe guidarono una grande manifestazione che chiedeva la fine della guerra, dando inizio alla rivoluzione che diede fino allo zarismo. In Italia la Giornata internazionale della donna fu tenuta per la prima volta nel 1922 per iniziativa del Partito comunista che volle celebrarla il 12 marzo, prima domenica successiva all’8 marzo 1917.
Nel marzo 1972, durante la manifestazione a Roma in Campo dè Fiori, la polizia caricò le manifestanti a seguito di alcune scritte intollerabili che rivendicavano il diritto del proprio corpo solo alla donna stessa.
Le Nazioni Unite istituirono l’8 marzo come Giornata della Donna solo nel 1977 per riconoscere «gli sforzi della donna in
favore della pace e la necessità della loro piena e paritaria partecipazione alla vita civile e sociale». La mimosa divenne il fiore simbolo della donna, perché era in piena fioritura e perché costando poco era accessibile a tutti.
Sono ancora tante le battaglie che le donne devono sostenere per poter ottenere la rivendicazione dei propri diritti. Primo tra tutti il diritto di non rinunciare a se stesse.
Troppe donne, infatti, dimenticano la propria essenza per favorire l’immagine che la società o la famiglia attribuisce loro.
Onore alle donne che in una vita fatta di orari serrati trovano il tempo di essere se stesse.
Onore a quelle donne che si rimboccano le maniche e danno un senso alla propria vita.
Onore alle donne che hanno un destino amaro e non si piegano ad esso: Lea Garofalo, Maria Concetta Cacciola e Giuseppina Pesce, bersaglio delle loro stesse famiglie mafiose. Colpevoli di aver detto “no”.
Onore alle donne come Rossella Urru che porta speranza là dove speranza non è nemmeno una parola.
Onore a Meena Paudel, nepalese, nata femmina (orrore), con handicap e destinata dalla sua stessa madre e dal suo stesso villaggio alla morte, che ora è madre, moglie e si batte per i Diritti delle Donne Disabili.
Onore a tutte quelle donne che non guardano dall’altra parte.