di Tonia Siena
Salve a tutti,
sono Antonia Siena, so che mi conoscete ormai. Voglio raccontarvi una mia esperienza.
Molti di voi, già sanno, sono una donna che lotta con il cancro al seno e che per incitare anche le altre donne colpite dalla stessa patologia alla battaglia, ho fondato un gruppo A.M.A. (Auto Mutuo Aiuto), denominato “
Tutte le volte che sono stata a Roma in piazza San Pietro, anche nelle celebrazioni importanti per la nostra città:
La sera dopo ho incontrato un cerimoniere che lavora per i frati cappuccini del convento Santa Maria delle Grazie di San Giovanni Rotondo e gli ho chiesto come dovevo procedere per occupare, insieme alle altre mie amiche il posto riservatoci per legge. Il cerimoniere mi ha risposto:” Abbiamo deciso che nell’area riservata ai disabili possono entrare solo le persone che non possono deambulare, quindi accompagnate in carrozzella senza bisogno di pass, la carrozzella vale per pass.” Gli ho risposto:” Anche coloro che possono deambulare sono disabili. Io a Roma, a piazza San Pietro, non ho mai avuto difficoltà ad entrare.” Lui, con tono serio, come di chi ti da un suggerimento da buon amico, mi ha detto:” Ti consiglio, se conosci qualcuno del pronto soccorso, di farti prestare una sedia a rotelle, di sederti sopra e di farti trasportare da un accompagnatore.”
Sono rimasta attonita, non ho salutato il cerimoniere, sono andata via, il silenzio in tante occasioni vale più delle parole. Badate bene, non mi sto inventando niente e posso affermare che quanto detto è veritiero, tanto più che con me c’era un’amica che ha ascoltato tutto. Una testimone! Vi risparmio i commenti che io e la mia amica abbiamo fatto! Mi ritengo fortunata e ringrazio il cielo di poter camminare con le mie gambe, motivo per il quale MAI il 21 giugno mi sarei presentata alla messa del Papa con una carrozzella e MAI mi sarei permessa di sbeffeggiare i miei amici che utilizzano la sedia per deambulare, francamente non mi sarei neanche mai permessa di pensarla una tale cosa. Allora vi chiederete perché ho chiesto o preteso di farmi accedere agli spazi per disabili. Per la legge sulla privacy vi spiego solo le mie motivazioni e non quelle delle altre mie amiche invalide.
Io sono portatrice di protesi al seno, che in mezzo alla folla, quale c’è stata nel settore A, dove io ero autorizzata a stare perché munita di biglietto, è difficile da gestire perché quando c’è calca, quella protesi, mi fa molto male. Nella seconda recidiva della mia malattia, 2006, per effettuare la chemioterapia, visto che le mie vene erano già bruciate dalla precedente chemio,
Qualcuno mi potrebbe dire:” Ma con tutti questi problemi di salute stattene a casa!” “ Eh, no!” vi rispondo “ se mi togliete pure la gioia di vedere il Papa dal vivo che mi rimane nella vita!”
Il giorno 21 giugno insieme alle mie amiche-componenti il gruppo “
Per rispetto a tutti gli altri che stavano in carrozzella ci siamo inginocchiate, per non stargli davanti, ma immediatamente le croce rossine hanno cominciato a sgridarci, dicendo di ritornare ai nostri posti, nel settore A. Sapevo bene che avevo commesso un’azione contro le regole, ma ( mentre vi scrivo queste parole nonostante il mio tono molto sarcastico, piango ) io malata di cancro, anche se grazie a Gesù sono ancora viva, non sono guarita. Ogni giorno chiedo la grazia al cielo di guarirmi e di non farmi più soffrire. Ogni volta che ho l’occasione di avvicinare, su questa terra, rappresentanti della figura di Cristo, mi prende l’irrefrenabile e incontrollabile impulso che prese la donna emorroissa del racconto del Vangelo, che si fece spazio tra la folla dicendosi:” Se solo riuscissi a toccare il suo mantello sarò guarita!” La mia amica è stata più fortunata di me, non si è curata dei rimproveri, è rimasta lì in ginocchio ed il Papa, passando, con un fare commovente, l’ha notata, si è voltato, si è chinato e le ha stretto la mano, regalandole un caldo sorriso. Io, dopo il primo rimprovero, invece, mi sono subito alzata e spostata lontano, perché infondo era giusto così, non mi era concesso stare lì.
Dopo questo momento, hanno ripreso a sgridarci e a dire di andare via. Ho sbraitato, ricordando ad alta voce che a Roma non ero stata cacciata, anzi accolta, curata dalle croce rossine, tutte in piedi, a San Giovanni Rotondo tutte sedute, che mi chiedevano se necessitassi di qualcosa senza mai chiedermi, invece, se avessi diritto di stare lì.
Stizzite per la brutta accoglienza io e la mia amica avevamo deciso di ritornare nel settore A, ma dei volontari dell’UNITALSI di CERIGNOLA ci hanno pregato di rimanere al loro posto e di metterci a sedere in ultima fila perché li non avremmo disturbato nessuno, rimanendo loro in piedi. Dopo la comunione, per senso di colpa, sono tornata nel settore A. Finita la messa un violento ed improvviso nubifragio ha scatenato un arrembaggio di sedie, persone, ombrelli e un fuggi, fuggi generale al riparo dall’acqua. In gruppo siamo riusciti a spostarci sul palco adibito ad altare. L’acqua era tanta e altrettanta era la confusione. Tutti cercavamo riparo nella grande chiesa di San Pio rigorosamente chiusa ed aperta solo dopo che un ingegnere ha ordinato di aprirla per far defluuire la folla dal palco a rischio di crollo. In questo evento mi sono chiesta a che serve questo grande castello di Renzo Piano se, alla veglia ci lasciano fuori al freddo e al gelo, ai temporali non ci è permesso rifugio! I pellegrini, devoti di San Pio, hanno mandato tanti soldi per la costruzione di quella che doveva essere la chiesa che li accogliesse proprio nelle grandi cerimonie come la veglia annuale, ma ogni anno rimangono fuori, sul sagrato. Concludo il mio racconto con la riflessione che ho fatto quando cercavo riparo dalla pioggia sotto il palco. In quella moltitudine di gente ho riconosciuto in un pigia, pigia col mio corpo, autorità, politici, persone tanto importanti, persone sulla carrozzella, persone provenienti dal settore speciale, persone come me, pellegrini senza posto a sedere, persone normali. Eravamo lì, tutti appiccicati corpo a corpo, al riparo dalla pioggia, senza più recinti, ne protocolli, il temporale ci aveva livellati.
Antonia Siena