La
rubrica di Adriana Mangiacotti
“L’ubicazione,
l’orientamento e la tipologia di un edificio”
Salve
a tutti!
Con
questo articolo inizio a scrivere i miei articoli su temi riguardanti
l’architettura e il risparmio energetico.
La
scadenza sarà mensile, a meno ché non sopraggiungano fatti straordinari di cui
varrà la pena fare un approfondimento.
L’intenzione
è quella di parlare di argomenti differenti, indipendenti l’uno dall’altro ma
allo stesso tempo correlati fra di loro, come i capitoli di un libro, che
raccontano una trama sola.
Mi
auguro che ciò che voglio scrivere sia per voi lettori interessante e sarei
contenta se per ogni tema potesse nascere un forum di commenti dove possiamo
confrontarci, spiegarci, interagire, ecc. A questo punto, non mi resta che
augurarvi una buona lettura!
Adriana
Mangiacotti
L’UBICAZIONE,
L’ORIENTAMENTO E LA TIPOLOGIA DI UN EDIFICIO
Che
si tratti di un edificio esistente o di uno di nuova costruzione, la prima caratteristica
che accompagna un edificio è la sua ubicazione.
Il
comportamento di un edificio è infatti diverso se sta in un luogo vicino al
mare, piuttosto che in collina o in montagna; e grande rilevanza ha pure la
latitudine su cui l’edificio si trova. Una casa nel nord Europa -ma lo stesso
dicasi anche per il solo territorio italiano-, avrà un comportamento diverso
rispetto alla stessa casa costruita in un clima mediterraneo.
Questo
dipende in grande parte dal cosiddetto “soleggiamento”
che il pianeta Terra riceve alle varie latitudini, nonché dal numero di ore in
cui il sole splende su una località. È risaputo infatti che, man mano che ci si
avvicina ai poli, i raggi solari sono più “tangenti” rispetto all’equatore,
dove sono quasi “perpendicolari”.
Ai
poli, ad esempio, per sei mesi all’anno le giornate sono cortissime e per i
restanti altri sei il sole non tramonta mai. Si tratta però di un sole “tenue”,
“pallido”, che nulla ha in comune con il sole rovente dell’equatore!
Questo
comporta ovviamente anche un clima molto diverso tra città e città. In
Finlandia, anche in estate, fa più più freddo che in Grecia!
Pertanto,
se restringiamo il campo al solo clima italiano, gli esempi di case di città
del Settentrione possono essere per noi pregevoli solamente se si considerano
le prestazioni che questi edifici, in quei posti, riescono a raggiungere in
termini di risparmio energetico e comfort abitativo, ma non devono farci cadere
nell’errore di voler semplicemente copiare e trapiantare quel modello in un
altro tipo di ambiente, in un altro clima. Per esempio, una casa in “classe A”(sulle
classi energetiche parlerò in un articolo successivo) a Bolzano diventa di “classe
C” a Napoli…questo significa, in sintesi, che per ogni tipo di clima e per ogni
luogo, città, regione, l’edificio reagisce in modo differente. L’unica
soluzione da fare, per non incorrere in grossi errori costruttivi, è quella di tenere
presente ciò che hanno fatto coloro che hanno costruito prima di noi. Cioè
vedere, capire e studiare le tecniche di costruzione tradizionali e locali,
riprendere l’uso di materiali naturali propri del posto e reinterpretarli
seguendo le esigenze e le conoscenze tecnologiche attuali, nel rispetto delle
normative vigenti.
Oltre
all’ubicazione, ci sono altri due aspetti fondamenti da considerare, e cioè l’orientamento e la tipologia di
una casa.
L’orientamento
di una costruzione è funzione di numerosi aspetti che nel panorama edilizio
moderno sono fondamentalmente di carattere pratico. Si è spesso vincolati alle
dimensioni dei lotti, limitati dalle caratteristiche degli edifici vicini e
dalle distanze di rispetto da strade ed altre costruzioni.
È
bene però considerare che questo aspetto è molto influente nella valutazione
delle prestazioni energetiche di un edificio perché dall’orientamento dipendono
la quantità di apporti solari incidenti sulle superfici dell’involucro e
l’eventuale sfruttamento delle correnti d’aria, in funzione dei venti dominanti
per la località in esame.
L’analisi
dell’orientamento di edificio è una strategia passiva di controllo termico, che
non richiede nessun intervento costruttivo particolare se non il posizionamento
della costruzione nel lotto di progetto in maniera ragionata.
Il principale contributo su cui agisce direttamente l’orientamento è il
guadagno di energia solare che può essere trasferita all’interno degli
ambienti. Questo contribuisce al riscaldamento gratuito invernale ma anche (se
non si prestano le necessarie attenzioni) al surriscaldamento indesiderato in
estate.
Consideriamo
ora un edificio costruito secondo gli orientamenti cardinali principali, ad
esempio sviluppato nella direzione Est – Ovest, e quindi con le superfici più
ampie rivolte a Nord e Sud.
Questa
disposizione è la migliore perché permette la facile gestione degli apporti
solari. In particolare una superficie vetrata piuttosto estesa a Sud garantisce
elevati apporti solari nella stagione invernale, quando il sole è basso e può
comunque essere facilmente schermata da aggetti orizzontali posti sopra alle
finestre in estate, quando invece il sole è più alto nel cielo. D’altra parte
però la facciata esposta a Nord dovrà avere poche aperture a causa delle prestazioni
termiche dei serramenti che sono inferiori rispetto al resto dell’involucro e
non sono “compensate” da una sufficiente radiazione solare incidente.
Diverso è invece il comportamento delle superfici vetrate esposte a Est e Ovest
che sono colpite dalla radiazione solare nelle prime ore del mattino e nelle
ultime della giornata permettendo, da un lato, l’ingresso di energia
nell’edificio ma comportando dall’altro il rischio di abbagliamento. Per
schermare la radiazione solare in queste esposizioni sono preferibili aggetti o
schermature verticali.
È possibile pensare all’ombreggiamento estivo delle finestre anche ricorrendo
alla piantumazione di vegetazione con foglia caduca.
L’ultimo
tema riguardante questo articolo è la tipologia
di un edificio.
Come
già scritto, la forma e le dimensioni di un edificio devono garantire
un’adeguata esposizione all’irradiazione solare, ma anche minimizzare le
dispersioni termiche e, soprattutto, riuscire a collocarsi all’interno del
contesto urbano in cui ci si trova rispettandone le caratteristiche
urbanistiche e paesaggistiche.
Esistono
fondamentalmente 4 grandi gruppi di tipologie:
-la
casa unifamiliare;
-la
casa a schiera;
-il
condominio;
-l’edificato
compatto (p.e. nel centro storico).
La
prima è una tipologia storicamente abbastanza recente e sviluppatasi insieme al
progresso industriale. La cosiddetta “villa” nasce e si sviluppa come status simbol economico soprattutto nei Paesi
industrializzati agli inizi del 1900.
Il
grande vantaggio di vivere nella villa unifamiliare è che si ha a disposizione
uno spazio verde privato da coltivare, arredare e vivere all’interno del solo nucleo
familiare. I suoi grandi svantaggi invece sono legati, oltre che ai suoi costi
(non solo di costruzione, ma ancora molto spesso, di gestione e manutenzione),
anche al grande fabbisogno di superficie disponibile, superficie che viene
tolta alla natura e spesso all’agricoltura. Quasi sempre infatti queste case
vengono costruite in zone di espansione territoriale, dove viene eseguita una
lottizzazione in forma più o meno geometrica ma senza un vero disegno
urbanistico perché ognuno possa realizzare la casa dei suoi sogni (desiderio
più che legittimo!) senza badare a cosa fa il proprio vicino.
Più compatta della casa
uni- (o bi) familiare è invece la villetta a schiera. In questo caso le
facciate con luce sono solo due (fatta eccezione per le “teste” del blocco) e
il giardino e ridotto solo a questi due lati. Il vantaggio di tale tipologia è
che di solito i lati più lunghi sono in direzione est-ovest (orientamento
ottimale, dunque!) e che sui lati bui si trovano le scale ed i locali di
servizio, che non hanno per forza bisogno di finestre. I costi di costruzione,
di gestione e manutenzione sono più contenuti e per questo la casa a schiera
rappresenta una buona alternativa alla casa singola perché permette comunque di
avere un giardino privato ma al tempo stesso non “mangia” molto suolo come la
villa e può essere più facilmente soggetta ad un concetto a scala urbana.
Il
condominio, poi, è una tipologia molto densa di edificato che concentra diversi
appartamenti in un unico blocco. Di solito dovrebbe essere accompagnato sempre
da uno “spazio verde condominiale” (come insegnano tanti esempi di blocchi di
edifici costruiti all’estero), che però nella realtà quotidiana, almeno
nazionale, manca quasi sempre perché il costo di certi suoli è così alto e si
può guadagnare molto bene dalla vendita dei singoli alloggi, che quasi in tutti
i casi lì dove dovrebbe sorgere il verde comune sorge un’altra palazzina…
In
tutte queste suddette nuove tipologie è fondamentale rispettare le distanze
minime tra i fabbricati in modo che l’ombra proiettata non ombreggi l’edificato
circostante. Inoltre, bisogna prestare attenzione alla forma dell’edificio (più
compatta possibile per evitare dispersioni termiche) ed alla disposizione delle
stanze al suo interno, disponendo i locali di servizio (cucina, bagno,
corridoi, ecc) a nord, le stanze da letto ad est e la zona giorno a sud-ovest.
In
ultima analisi c’è infine l’edificato compatto, già sedimentato,
rappresentativo dei centri abitati consolidati, spesso dei centri storici, come
nel caso italiano e non solo.
Questa
è la tipologia più interessante e ricca di densità storica perché prodotta da
secoli di costruito, di vicende alterne, di tragedie (si vedano, p.e. i
terremoti nel corso della storia…), di casi fortuiti, di scoperte tecnologiche,
ecc. In questo tipo di case non sempre vengono rispettati i sopraccitati parametri
sulla forma e la disposizione interna delle camere. Eppure queste case
funzionano bene, spesso meglio delle case nuove…Perché?
Se
facessimo un giro più attento nel nostro centro storico, ci accorgeremmo di
quanto ingegno c’è stato nell’edificare ogni pazzo, ogni angolo. Del perché, ad
esempio, una casa è più alta di un’altra; del come mai una strada è più stretta di un’altra; ecc. Il centro storico
ci parla della nostra identità, di quello che eravamo, di quello che i nostri
nonni hanno fatto e costruito per noi, per la difesa della gente che ci abitava
contro le invasione di altri popoli, hanno pensato alle loro case come “nucleo
compatto”, labirintico -per poter meglio scappare in caso di pericolo-, un
nucleo cioè dove il vicinato era anche l’amico, il compare a cui rivolgersi in
caso d’aiuto, ma non solo. Ossia, si viveva in un luogo con una identità, si
era parte stessa di quella identità…Il resto del territorio era invece aperta
campagna, con terre da coltivare ma anche facilmente raggiungibili.
Certo,
oggi sarebbe impensabile tornare indietro, così come tutti sanno che
l’agricoltura non è più il settore trainante del nostro paese. Ma la storia può
insegnarci ancora alcune cose: la coscienza di voler sfruttare ciò che è già
costruito senza lasciarlo abbandonalo a se stesso- una casa abbandonata si degrada
molto velocemente..-; l’importanza di costruire in modo “compatto” e secondo
gli orientamenti ottimali (p.e. per difendersi dal vento freddo dell’inverno,
che a San Giovanni non perdona!); edificare in modo compatto anche per lasciare
il più possibile spazi verdi intorno a noi e all’interno del centro abitato, se
ancora possibile. Questi spazi, se lasciati così, non hanno un gran valore
commerciale –non posso essere venduti!- e anzi necessitano spesso di costi di
manutenzione a carico della comunità, ma in termini di qualità della vita e di
benessere ambientale per tutti coloro che ne possono usufruire fanno una bella
differenza!
Adriana
Mangiacotti