Grande partecipazione all’evento organizzato dal Movimento delle Agende Rosse
“Spero che almeno voi giovani un giorno torniate a respirare quel fresco profumo di libertà che mio fratello non ha potuto, e penso purtroppo anche io non potrò sentire mai”.
Con queste commosso parole Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, il giudice ucciso nel ’92 nella strage di via D’Amelio a Palermo da Cosa Nostra, ha chiuso la seconda edizione di Giovani Uniti contro la Mafia. L’evento organizzato da Ivantonio Leggieri, responsabile del Movimento delle Agende Rosse della provincia di Foggia, nasce con l’intento di sensibilizzare i giovani sui temi della giustizia e della legalità. Sul palco oltre al fratello del noto magistrato antimafia anche Vincenzo Calcara, ex mafioso ora pentito designato all’epoca ad attentare alla vita del giudice.
Toccanti ed emozionanti le testimonianze dei due di fronte alle decine di studenti intervenuti in piazza dei Martiri per gridare il loro no a tutte le mafie.
«Mi chiamò il boss Francesco Messina Denaro, – ricorda Vincenzo Calcara – perché voleva che mi tenessi pronto per ammazzare il giudice Borsellino. Ma nel 1991 venni arrestato e quando conobbi Borsellino decisi che gli avrei raccontato tutto ciò che sapevo».
Calcara lo confesserà al magistrato sin dalle prime battute. «Dissi al dottore di essere un uomo d’onore e che ero io la persona che avrei dovuto ucciderla. Erano pronti due piani uno prevedeva che lo sparassi con un fucile di precisione, l’altro con un autobomba.
Borsellino rimase perplesso e un attimo dopo disse: “Va bene Calcara, mettiamoci a lavorare”. Da quel momento, da quell’incontro la mia vita cambiò. Borsellino era un cristiano vero, innamorato della società civile ma abbandonato dallo stato. Ancora oggi mi sento in dovere di ringraziarlo per aver cambiato la mia vita assieme alla sua famiglia che ha continuato ad aiutarmi concretamente nel rifarmi una vita».
Sul palco è salita anche la figlia di Calcara, Lucia, che ha lanciato un monito ai suoi coetanei testimoniando le difficoltà che si hanno nella vita di tutti i giorni sapendo di essere figlia di un pentito di mafia.
Infine è stata la volta di Salvatore Borsellino che ha raccontato del suo impegno nel tenere viva la memoria del fratello. «Da quel 19 luglio del 1992 la mia vita è radicalmente cambiata. Sono anni che giro l’Italia in nome di Paolo, una persona che a differenza mia è rimasta a Palermo, imparando ad amare la nostra città nonostante non gli piacesse. Una decisione coraggiosa per lottare contro quel cancro fatto crescere in maniera incontrollata grazie alla scelta dello stato di abbandonare il Sud, condannandolo all’arretratezza economica e sociale. Io scappai da tutto questo, non accettavo che per lavorare dovevo scendere a compromessi e non volevo farmi una famiglia e far crescere dei figli in questa città. Per le istituzioni la mafia non esisteva, ma noi sentivamo il suo fiato sul collo. Oggi la mafia è presente in tutta Italia, specialmente tra le persone che governano questo paese, personaggi poco onesti che non lavorano per il bene del popolo e che ci hanno condotto nel baratro. Un parlamento che sembra sempre più un carcere di massima sicurezza tanti sono i pregiudicati o i condannati che ne fanno parte. Mi sono stancato di fare commemorazioni in memoria di mio fratello, che è stato fatto a pezzi dallo stato stesso, da quella gente che è venuta al suo funerale sono per prendere i posti migliori per farsi inquadrare dalle televisioni. Paolo non è morto, ma è presente nell’animo di tanti. Paolo dopo la morte del suo “fratello” Giovanni Falcone era pronto a morire, sapeva che il prossimo obiettivo sarebbe stato lui, per questo negava anche le carezze ai propri figli, affinché soffrissero di meno la sua mancanza. Paolo morì in quel terribile attentato ma mi sono ripromesso ogni qualvolta andavo a parlare in una manifestazione di ricordare i suoi cinque uomini della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, sono loro i veri eroi ai quali andrebbero dedicate le piazze e le strade, ragazzi che si sono offerti volontariamente di fare la scorta a Paolo. Ogni giorno c’era la fila davanti la procura di ragazzi che volevano andare a morire con lui. Anche per loro ogni anno, il 19 luglio, con i ragazzi delle Agende Rosse ci ritroviamo tutti insieme per impedire che gli avvoltoi e gli ipocriti che ci governano vengano a profanare la memoria di mio fratello».
alv
“Ogni giorno mi alzo alle 5 del mattino. Per fottere il mondo con due ore di anticipo” (Paolo Borsellino)