L’unica sangiovannese in corsa. La sua lettera aperta alla città
Mi chiamo Valeria Lauriola, ho 35 anni e gestisco una piccola libreria indipendente con grande soddisfazione morale, non sempre ripagata da quella materiale.
Sono approdata a questo lavoro dopo una laurea in scienze della mediazione linguistica e un master in pubbliche relazioni europee, numerosi lavori a progetto nel campo della comunicazione a Roma e Milano e tanta ansia per il futuro.
La mia è stata infatti la prima generazione che ha conosciuto in modo tanto drammatico quanto inatteso la precarietà.
In molti abbiamo iniziato gli studi universitari quando il mondo era ancora quello della certezza di avere “ tutta la vita davanti” e li abbiamo terminati in un contesto che, nel giro di pochissimi anni, era completamente cambiato e si presentava all’ insegna dell’ insicurezza più totale.
Hanno chiamato questo incubo progresso, hanno provato a farci credere che la flessibilità fosse un valore e il lavoro fisso una noia e che per noi giovani si sarebbero aperte infinite possibilità.
Personalmente non ci ho mai creduto perché ho sempre ritenuto che ogni persona abbia il diritto a costruirsi un futuro vero e che l’ autonomia sia la condizione per sentirsi appagato e realizzato.
I fatti d’ altronde sono qui a dimostrare che “tutta la vita davanti”, se non riusciamo a invertire la rotta, sarà all’ insegna della più totale precarietà.
Fin da piccola in famiglia ho sempre sentito parlare di diritti, solidarietà, importanza dell’ istruzione e del ruolo della donna nella società.
Per quanto mi riguarda penso che oggi, come tanto tempo fa, si debbano rivendicare “il pane e le rose” e cioè il diritto al lavoro e alla sicurezza ma anche al sogno e all’ utopia, tutte cose di cui siamo stati espropriati.
Penso anche che oggi, come tanto tempo fa si debba avere il coraggio di non rassegnarsi e di non considerare ineluttabile il destino che altri hanno preparato per noi.
Mi piacerebbe impegnarmi per questo, col sostegno di tutti gli amici, dei compagni di strada, dei giovani e dei meno giovani che, come me, non si rassegnano e vogliono contare.