Storie incredibili dei bambini invincibili di Oncologia Pediatrica
dall’Introduzione di Concita De Gregorio:
“C’è una minoranza di persone che nomina le cose, sa farlo, e lo fa anche per gli altri; che guarda negli occhi la paura e dà al resto del mondo la misura del coraggio. Che entra nel buio e torna dicendo: questa dove si sta di solito è la luce. Allora gli altri dicono: certo, lo sappiamo. È vero, tutti lo sappiamo. Ma trovare le parole per dirlo fa la differenza, rende consapevoli.”
Nei reparti di oncologia pediatrica entrano ogni anno circa 1500 bambini; con loro mamme, papà, fratellini e sorelline, nonni, zii e amici, ma lungo la strada, la maggior parte di queste figure si dilegua, non per cattiveria ma perché il Regno di Op suscita paura. Entrare in reparto significa dare un nome alla malattia e una volta che la si definisce, il tumore diventa una realtà e spaventa; la gente si allontana, quasi a scongiurarne il contagio.
Paola Natalicchio è una giornalista freelance e una mamma. Era la donna più felice del mondo, mamma da poco di uno splendido bimbo, quando al piccolo viene diagnosticato un fibrosarcoma addominale, un raro tumore alla pancia, impossibile da prevedere e da spiegare. E impossibile da spiegare è la spirale d’angoscia e terrore in cui Paola e suo marito cadono.
Fuori dalla porta del reparto “innominabile” restano i loro sogni, le gite al mare, le domeniche dai nonni, il primo giorno di scuola; dentro solo grandi siringhe e paura.
Poi qualcosa cambia in Paola, pian piano butta via la paura, fa pace con le siringhe che curano il suo bambino:
“Succede che ti metti a giocare a Monopoli in ludoteca con gli altri bambini soldato, che però a parte le teste rasate restano bambini uguali a tutti gli altri. Anche quando sono malati: restano prima di tutto bambini. E allora ti metti a cucinare i pop corn per loro con le infermiere, a guardare i cartoni, a giocare con la play station, a bere caffè con le altre famiglie con cui magari devi dividere la stanza. A parlare con i medici, senza lasciarti spaventare dal camice bianco”.
Nel blog, Il Regno di Op (http://ilregnodiop.blogspot.it/), diventato poi un libro, Paola raccoglie le storie di tutti i personaggi di questo mondo, a partire dai bambini e dalle bambine che anche con le teste calve restano formidabili soldatini pronti a sconfiggere il mostro che hanno dentro; le mamme e i papà che con grande coraggio affrontano questo percorso con i loro piccoli; i medici, le infermiere, i volontari che scelgono di stare in quel reparto per far diventare realtà i sogni di genitori e bambini.
Non è un libro semplice, parecchie volte ci si deve fermare per riprendere fiato, suscita rabbia soprattutto constatare che viviamo in un Paese in cui le istituzioni sono assenti, che le Associazioni di volontariato si fanno carico dei bisogni delle famiglie con bimbi oncologici, che la “sanità pubblica” è solo un modo di dire.
Proprio per questo è necessario che l’isolamento fisico di questi bambini, non diventi isolamento sociale, è necessario abbattere il muro della paura e dell’indifferenza.
“Perché la storia esiste solo se qualcuno la racconta”
Tiziano Terzani
MPC