In scena gli “Artisti di Provincia”
Appuntamento venerdì 28 febbraio e sabato 1 marzo al Cineteatro Palladino
Nella poetica di Francesco Paolo Fiorentino, sviluppatasi nella sua vasta commediografia che attraversa circa un trentennio del xx secolo (1957-1986) si assiste allo snodo di tematiche sociali con gli inevitabili risvolti psicologici che l’artista sangiovannese pone all’attenzione del pubblico, avvezzo ormai da svariate generazioni a seguirne assiduamente le rappresentazioni.
I temi de “Lu Viuline dillu Puvuredde” scritta e rappresentata nel 1975, poi replicata nel 1991 e nel 1999 dagli “Artisti di Provincia”, in occasione dell’intitolazione del Chiostro della residenza municipale di San Giovanni Rotondo (17 Dic.1999) a Francesco Paolo Fiorentino, vanno dalla perdita del posto di lavoro (problema e dramma quanto mai attuale) alla follia come raptus e “straniamento” o straniazione dalla realtà, rifugio inconscio di uomini e donne che vivono tratti della loro personalità come oasi di pace o pseudopace in assenza di conflitto, così come viene purtroppo considerato oggi il conflitto nella nostra cultura.
Nella vicenda, che risale al Febbraio del 1973, non mancano momenti di ilarità, nel tentativo o nella voglia che il protagonista (Micale Cisina) pone come fondamento della propria vita: la speranza.
E poi è davvero mirabile il contatto dell’artista col mondo onirico. Nella commedia, infatti, vi è un sogno: il Teatro come spinta dell’inconscio verso la realtà politica di quei tempi, metafora dei nostri. Ancora una volta Francesco Paolo Fiorentino è attuale: la politica che non guarda dentro di sé è fantapolitica, è pseudopolitica, è interesse per il proprio “orticello”non servizio al cittadino,unica mission possibile.
Così ogni personaggio risulta come intrappolato, ingabbiato, invischiato nella propria vicenda familiare psicopatologica.
E poi viene trattato il tema della follia, che il regista (Lio Fiorentino) ha visto come la sorella sfortunata della poesia. Una follia al femminile, dotata di elementi tematici più creativi di quella maschile, intesa come desiderio di essere accolti nel dolore e nell’angoscia.
Lio Fiorentino