“La
fabbrica della buona politica – Filiale di San Giovanni Rotondo”
di Gianfranco Pazienza
Il 14 giugno 2001 ci siamo
ritrovati a discutere del futuro (e dei fallimenti) della sinistra
sangiovannese, confortati dai risultati straordinari sui 4 Si ai referendum
con l’effetto salutare sulle prospettive dell’Italia sui temi dei beni
pubblici, acqua e fonti energetiche alternative, e sul principio della legge
uguale per tutti. Nel Chiostro “F.P.
Fiorentino” i partecipanti al dibattito hanno soprattutto approfondito il
tema della autonomia dei movimenti e la relazione con la politica, ovvero della
capacità di ascolto e di partecipazione con cui i partiti devono misurarsi, per
dialogare e convivere con la base elettorale. Le testimonianze dei più giovani
ragazzi e ragazze impegnati nella vincente campagna referendaria, fresca e
creativa, lasciano ben sperare per il prossimo futuro di nuove intelligenze
impegnate in politica. Una generazione che esprime i bisogni e si indigna,
proponendosi direttamente, oltre la tradizionale rappresentanza dei partiti.
Questo tesoro di esperienze potrebbe immettere nuove risorse proprio
nell’azione dei partiti, e offrire spunti per nuove strategie di partecipazione
e di ascolto.
L’incontro doveva soprattutto
avviare una discussione dopo il voto amministrativo e si autoconvocava http://www.facebook.com/event.php?eid=177705255616184)
tra gli amici di fb il social network utile ad amplificare le iniziative, con
questo tema: La parola agli elettori. A Milano, Napoli, Trieste, Cagliari spira un
vento nuovo; con le primarie (anche con quelle denunciate e truccate a Napoli,
ma che hanno meglio fatto emergere una figura diversa come De Magistris) si
vince due volte e si manda in soffitta la vecchia politica. Non a San Giovanni
Rotondo: qui la sinistra si è chiusa e non ha seguito la “ricetta Vendola”
delle primarie, perdendo. (…)
La
discussione si sta arricchendo con interventi significativi (Gennaro Palladino
e Giovanni Bisceglia), ospitati sul portale di sangiovannirotondonet.it (i temi
sono quelli del berlusconismo di sinistra da una parte e la sinistra parolaia
dall’altra, mi scuso con Gennaro e Giovanni se ho sintetizzato brutalmente); e
dovrebbe cominciare ad affrontare lo scoglio della discussione dopo l’ennesimo “rogo”
di qualità con cui si brucia la buona politica, ovvero il vezzo di cercare
persone degne (lo erano Bertani, Crisetti, Longo) a paravento dei misfatti
amministrativi del potere locale incarnato nel centro sinistra. Dopo di che la
discussione dovrebbe riguardare come si cambia il metodo altrimenti non si cambiano
le persone.
La
Fabbrica della buona politica cosa è allora e a cosa può servire? Non è un
nuovo partito, non è uno spazio fisico chiuso, si riunisce ovunque, serve alla
città come strumento di partecipazione e serve al centro sinistra per rimediare
(recuperare) la sua dignità, serve ai nuovi (giovani) protagonisti della
politica cittadina per crescere in una scuola di buona politica. La fabbrica serve
a chi intende la politica come servizio (antico motto) e non solo come
opportunità personale. La Fabbrica della buona politica deve aiutare i partiti
del centro sinistra – già flagellati dalla mala politica – a dialogare perché non
si chiudano dietro gli steccati eretti dalla conta dei voti e dai rancori
personali, i pregiudizi di scarso significato politico (meno che mai
ideologici). La fabbrica della buona politica è la palestra della
partecipazione, usa linguaggi e toni aperti soprattutto al pensiero e ai tempi
delle donne; è una palestra dell’ascolto e delle primarie: il bagaglio
necessario per formare una schiera di nuovi amministratori e governanti dei
beni comuni e dei beni pubblici. La Puglia ne ha bisogno e dalla Puglia questa
sfida è partita. Ora anche Pisapia ha una giunta con parità di genere. La
Fabbrica si deve riunire periodicamente per analizzare i temi cari allo
sviluppo della città, dell’ambiente, della gestione dei beni comuni. La
Fabbrica della buona politica deve invitare i partiti del centro sinistra
sangiovannese alla sottoscrizione di questi impegni, compreso quello che la
fabbrica deve poter giudicare liberamente e obiettivamente l’azione politica di
questi partiti. La Fabbrica con la sua “filiale” di San Giovanni Rotondo, avvia
una produzione di interessi pubblici sempre più sacrificati alla politica dei
ricatti e libera i voti “ricattabili”.