Il pensiero di Berto Dragano sulla Giornata della Memoria
Quando il fronte crollò, le SS fecero sforzi sovrumani per fare allontanare colonne di ebrei in modo da poterli ammazzare con comodo. Il fanatismo con il quale restavano attaccati ai loro compiti di massacratori quando ormai il Terzo Reich era irrimediabilmente condannato, è una delle macabre stranezze della storia umana.
Ci fu un’unica rivolta degli assassini: a Ebensee, un campo satellite di Mauthausen e l’ultimo rimasto in mani tedesche, le SS rifiutarono di abbattere 30.000 ebrei che non volevano marciare dentro una galleria dove sarebbero fatti saltare in aria.
Ma alcune uccisioni continuarono perfino dopo che i campi furono liberati. I carri armati britannici presero Belsen il 15 aprile 1945, ma per poter proseguire nell’azione bellica lasciarono a guardia del campo le SS ungheresi “con parziali poteri” per quarantotto ore. Durante quel tempo le guardie spararono a settantadue ebrei colpevoli di “delitti” come avere preso un po’ di bucce di patate dalla cucina.
Quando i campi vennero aperti e si conobbe la piena dimensione della tragedia, alcuni ebrei, nella loro innocenza si aspettavano che un’umanità sdegnata comprendesse l’enormità del delitto e dicesse con una sola voce tonante: adesso basta! L’antisemitismo deve finire.
Ma non è così che funzionano le società umane.
Né è così, in particolare, che funziona l’impulso antisemita. E’ vario ed assume nuovi aspetti a mano a mano che consuma i vecchi. L’effetto dell’Olocausto fu principalmente quello di trasferire il punto focale principale dell’odio antiebraico dall’Europa centro-orientale al Medio Oriente.
Quello che preoccupava alcuni leader arabi era che la “soluzione” di Hitler non era in realtà “finale”. Il 6 maggio 1942, per esempio, il gran muftì, la suprema autorità giuridica islamica, aveva protestato presso il governo bulgaro perché gli ebrei partivano di là per la Palestina. Avrebbero dovuto, diceva, essere rimandati in Polonia “sotto scorta forte ed energica”.
In Polonia scoppiarono tumulti antisemiti a Cracovia nell’agosto 1945 si diffusero a Sosnowiec e Lublino. Luba Zindel, che era ritornata a Cracovia da un campo nazista, descrive un attacco alla sua sinagoga il primo sabato di agosto: “Gridavano che avevamo commesso assassinii rituali. Cominciarono a spararci e a picchiarci. Mio marito era seduto vicino a me. Cadde, il volto crivellato di proiettili.” Cercò di fuggire all’ovest, ma fu fermata dalle truppe di Patton. L’ambasciatore britannico a Varsavia riferì che chiunque avesse l’aspetto ebraico si trovava in pericolo. Durante i primi sette mesi dopo la fine della guerra ci furono trecentocinquanta assassinii antisemiti in Polonia.
Certo, in Europa Occidentale il destino non fu così spietato. Eppure, in Belgio e Francia, in Italia e Norvegia, e ovviamente in Germania e Austria, il dopoguerra degli ebrei fu un misto di blanda indifferenza e di tiepida ostilità. In Olanda, terra di Anna Frank, ci fu burocratica formalità più che compassione, agli scampati ai campi fu chiesto di pagare gli affitti delle case o i premi delle assicurazioni per il periodo della deportazione.
I sopravvissuti, i racconti, i documenti, i numeri e la storia devono essere le fonti utili non solo per il presente, ma soprattutto per il futuro e proprio ai giovani è affidato il compito di tramandare alle generazioni future il ricordo di un orrore storico che non si deve ripetere.
- 6 milioni di ebrei morti nei lager e negli omicidi di massa perpetrati dai tedeschi e da alleati e collaborazionisti
- almeno 300.000 zingari di etnia Rom e Sinti morti nei campi di concentramento (anche se numerose altre stime riportano cifre che potrebbero raggiungere le 800.000 vittime)
- 300.000 esseri umani affetti da qualche tipo di disabilità mentale o fisica “eliminati” in nome dell’eugenetica e dell’”improduttività”
- 100.000 oppositori politici del regime nazista uccisi (in maggioranza comunisti e liberali massoni)
- 25.000 omosessuali
- 5.000 testimoni di Geova
La macchina di morte messa in piedi dalla Germania nazista si può raccontare in questi freddi numeri. Numeri. Spesso approssimativi. Tragicamente approssimativi.
Berto Dragano
*Storie tratte da Storia degli ebrei di Paul Johnson