Il parere di un giovane ricercatore di S.Giovanni Rotondo sulla ‘faglia di Apricena’
I terremoti e le calamità naturali in generale sono eventi che vanno oltre l’ambito dell’esperienza umana normale e che possono essere abbastanza traumatici da indurre forte apprensione sociale. Distruzione di manufatti (testimonianze di un popolo), crepe all’interno delle abitazioni (memoria bibliografica di persone), fratture del terreno (manifestazioni dirette della forza di madre natura), sono conseguenze apprezzabili visivamente dopo un forte terremoto che possono lasciare segni indelebili o ferite da rimarginare. Questi fenomeni naturali provocano in noi un certo timore e dal momento che la causa del nostro timore è l’ignoranza, non vale la pena di informarsi per non avere più paura? Una corretta informazione può senz’altro suggerire misure di prevenzione a livello individuale e collettivo, contribuendo ad aumentare il livello conoscitivo del fenomeno (cause, conseguenze, metodi di prevenzione) e quindi a diminuire una certa apprensione sociale. A tal proposito, l’informazione e la comunicazione sono egregi strumenti che offrono diverse modalità di approccio alla conoscenza di tali fenomeni. Purtroppo però è ben noto che in situazioni di apprensione sociale, le voci, le dicerie e le false notizie, i cosiddetti “rumors”, si originano e si diffondono con maggiore forza e rapidità.
Proprio in questi giorni alcuni studenti del Corso di Laurea in Scienze Geologiche dell’Università di Chieti-Pescara mi hanno segnalato degli articoli su varie testate giornalistiche e blog che parlano di effetti di superficie legati agli eventi sismici che hanno colpito in questi giorni la Capitanata Settentrionale, di cui ricordo il maggiore evento di Magnitudo 3.9 (Ml) avvenuto il 16 Aprile alle ore 13:34 (fonte INGV: http://cnt.rm.ingv.it/data_id/4005269761/event.html).
Devo dire che a primo impatto la notizia mi è sembrata già strana in quanto, a proposito degli effetti superficiali di un terremoto , è ormai ben noto in letteratura che in Italia non vengono generalmente osservate chiare evidenze di fagliazione di superficie per terremoti con magnitudo inferiori a 6.
Nei vari articoli viene illustrata un’immagine satellitare in cui viene evidenziata una presunta “scarpata di faglia” e un bollino rosso per individuare l’epicentro di un terremoto che, secondo gli autori, “scorre proprio lungo la faglia”. Viene quindi citata la fonte delle immagini satellitari risalenti al 2013, ovvero la “Digital Globe”, azienda leader nel settore dei rilevamenti dallo spazio. Non viene minimamente specificato che tale azienda fornisce servizi a Google Earth e Google Maps (fonte: http://en.wikipedia.org/wiki/DigitalGlobe).
L’immagine in questione è la seguente:
Fonte: http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/homepag,/ecco-la-faglia-che-fa-tremare-l-alto-tavoliere-no810424
Oppure su altre testate e blog:
http://www.daunianews.it/daunia2/item/34034-san-paolo-terremoto-la-faglia-in-primo-piano.html
Facendo quindi una ricerca su Google Earth, grazie alla superbia di alcuni studenti, si è riuscito ad identificare la stessa porzione di territorio in esame (immagine sottostante), ubicata tra San Paolo Civitate e Apricena.
Da premettere che il “punto rosso”, ovvero il presunto epicentro del terremoto, non coincide con le coordinate geografiche epicentrali di nessun evento della sequenza sismica di questi giorni (vedi immagine sottostante), secondo quanto riportato dall’Istituto Nazionale di Geografia Fisica e Vulcanologia (http://terremoti.ingv.it/it/).
Su Google Earth è inoltre possibile consultare le “immagini storiche” per scoprire come siano cambiati i paesaggi nel tempo più recente. Nella zona in esame sono state effettuate unicamente due riprese satellitari rispettivamente in data 21 Giugno 2013 e 28 Febbraio 2003. L’immagine del 2003, di seguito riportata, appare completamente sfocata, ma è ben evidente la presenza degli stessi appezzamenti seminativi e soprattutto della famigerata “faglia”, ovvero un piccolo solco torrentizio la cui morfologia appare fortemente influenzata dall’azione antropica.
La semplice visualizzazione di un’immagine non consente di convalidare o invalidare la presenza in superficie di un elemento tettonico. L’identificazione e la caratterizzazione delle faglie che possono generare i terremoti avviene attraverso studi che prevedono rilevamenti geologici di terreno, metodi archeosismologici (studio dei terremoti attraverso le evidenze dei danni sui siti archeologici), metodi paleosismologici (studio dei terremoti preistorici fondamentali in regioni prive di fonti storiche), analisi geomorfologiche (studio del paesaggio), e indagini di geofisica crostale e modellazione numerica che consentono di interpretare il sottosuolo attraverso delle vere e proprie “radiografie del terreno”. E’ proprio l’ausilio di tali metodologie che ha consentito agli scienziati di caratterizzare la cosiddetta “Faglia di Apricena” (es. Patacca e Scandone, 2004; Di Bucci et al., 2007), una faglia attiva (come confermato dalla sismicità di questi giorni) e con scarse evidenze superficiali che si sviluppa per circa 30 chilometri in direzione WNW-ESE, da Serracapriola a Santa Maria di Stignano. Secondo alcuni geologi, tra cui i sopra citati, tale faglia sarebbe responsabile di un disastroso terremoto (Magnitudo Mw=6.7) che colpì l’area nel 1627 (Gruppo di Lavoro CPTI, 2004).
” E’ come il letto di un fiume che “scorre” nelle campagne” si legge in un articolo. Senza “come”, sembrerebbe proprio che ” E’ il letto di un fiume che “scorre” nelle campagne”. Sicuramente l’area è interessata da lineamenti tettonici attivi e noti alla comunità scientifica, molto probabilmente la disposizione del reticolo idrografico (solchi torrentizi e canali) potrebbe esser influenzata dagli stessi elementi tettonici, ma dire che in quelle immagini ci siano delle “scarpate di faglia” e posizionarci sopra un “epicentro” è tutt’altro che corretta informazione.
Non è ancora possibile prevedere quando, dove e con quale intensità si verificherà un terremoto; sappiamo però quali sono le zone più pericolose e cosa possiamo aspettarci da una scossa. La comunità scientifica è consapevole che l’unico vero modo per difendersi dai terremoti è la prevenzione, e la prevenzione passa da una corretta informazione del cittadino che però deve avere uno spirito critico grazie al quale poter riconoscere notizie vere e false (le cosiddette “bufale”), specie per i temi scientifici più delicati, e di informarsi presso fonti ufficiali del settore come la Protezione Civile o l’istituto Nazionale di Geografia Fisica e Vulcanologia. Per saperne di più sui terremoti si consiglia la lettura dell’opuscolo informativo “Cosa fare in caso di terremoto” della Protezione Civile dell’Emilia-Romagna (reperibile all’indirizzo: http://protezionecivile.regione.emilia-romagna.it/campagne/cosa-fare-in-caso-di-terremoto/opuscolo-cosa-fare-in-caso-di-terremoto ) oppure visitare il sito “http://www.iononrischio.it/”.
In alto una carta geologica schematica con i principali elementi tettonici delle aree del Basso Molise, Gargano e Capitanata Settentrionale in cui è riportata la traccia della sezione geologica sottostante; in rosso viene evidenziato l’andamento della faglia di Apricena nel sottosuolo (modificato da Di Bucci et al. 2007).
Dr. Tullio Urbano
dottorando di ricerca in Geologia
presso l’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara.
Si ringraziano gli studenti
Gianluca Russo
Nico D’Intino
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Di Bucci D., Ravaglia A., Seno S., Toscani G., Fracassi U. and Valensise G. (2007). Modes of fault reactivation from analogue modeling experiments: implications for the seismotectonics of the southern Adriatic foreland (Italy). Quaternary International, 171/172, 2-13.
Gruppo di Lavoro CPTI (2004). Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani, versione 2004 (CPTI04). INGV, Bologna, http://emidius.mi.ingv.it/CPTI/
Patacca E. & Scandone P. (2004). The 1627 Gargano earthquake (Southern Italy): Identification and characterization of the causative fault. Journal of Seismology, 8, 259-273.