“REVOLUTIONARY ROAD” – RICHARD YATES
recensione di Valeria Lauriola – libreria Fahrenheit
«Se nella letteratura americana moderna ci vuole qualcos’altro per fare un capolavoro, non saprei dire cosa».
Questo fu il giudizio del famoso drammaturgo Tennessee Williams su Revolutionary Road, uno dei classici “dimenticati” della narrativa americana del secondo Novecento e che, finalmente, la casa editrice romana Minimum Fax ha riportato nelle librerie italiane dopo più di trent’anni di assenza, ovvero dalla pubblicazione nel 1964 per Garzanti (titolo, di allora, «I non conformisti»).
Questo libro è la storia di un matrimonio che naufraga, ma è anche molto altro: è la vicenda senza tempo di un uomo e di una donna che non hanno la forza di mettere in atto proprio quella rivoluzione a cui allude il titolo del film e che è la scommessa di ogni essere umano: dare un senso profondo alla propria vita. Il romanzo, ambientato nel 1955 vede come protagonisti i coniugi Wheeler, Frank e April, coppia del ceto medio con velleità intellettuali, che vive in un agglomerato suburbano nel Connecticut, a Revolutionary Hill, uno di quei sobborghi residenziali tutti uguali che cominciano a proliferare in America proprio negli anni cinquanta: quei mondi artificiali fatti di case dai colori pastello e linde aiuole fiorite.
I due non riescono a vivere serenamente nei loro panni poiché disprezzano il ceto medio a cui appartengono, le sue ipocrite regole morali, la vita routinaria fatta di pendolari e di pic nic domenicali. Si sentono diversi, si sentono migliori, si sentono sprecati a vivere così. “L’importante è non farsi contaminare. L’importante è ricordarsi chi davvero si è” si dicono l’un l’altro, per tranquillizzarsi. Ma il guaio è proprio questo: né Frank né April sanno più chi sono. Tutti i personaggi che s’intravedono in Revolutionary Road non hanno un’idea precisa di chi siano veramente . “Il fatto è che non so chi sei. E se anche lo sapessi temo proprio che non servirebbe a nulla, perché, vedi, non so neppure chi sono io”.
E sicuramente non possono aiutarsi l’un l’altro visto il vuoto pneumatico in cui si trascina il loro rapporto. Poiché non solo odiano il mondo in cui vivono ma soprattutto non si amano. Non si sono mai amati e l’uno diventa lo specchio dell’altro nel mostrare la propria totale frustrazione. Il romanzo è un lento e inesorabile cammino verso la disfatta e l’abbrutimento morale, verso la scoperta dell’illusione in cui la coppia è da sempre vissuta. In realtà i due godono di agi e privilegi che a parole dicono di detestare (l’ erba del prato davanti casa tagliata sempre perfetta, i programmi televisivi per famiglie, le tende di pizzo alle finestre, insomma, la soluzione prefabbricata della felice vita di provincia), ma nel rifiuto dello squallore di un’esistenza ordinaria Frank e April hanno in realtà paura di prendersi quelle responsabilità che la maturità impone. Invece di analizzare a fondo i problemi reali, si prendono in giro prospettando un’improbabile fuga verso Parigi, città ritenuta anticonvenzionale e bohemienne, dove poter cominciare, finalmente, a vivere davvero.
Ma a Parigi non ci andranno mai. Anzi, l’idea di fuga e di nuovo inizio, che dapprima pare unire marito e moglie, non farà che condurre la coppia verso una finale da tragedia che anticipa di decenni libri e film sulla crisi della famiglia, diventate oggi materia comune di prodotti hollywodiani, genere American Beauty. Infatti, la sua forza sta anche nel raccontare “ante litteram” una storia che nel giro di poco tempo sarebbe diventata all’ordine del giorno, ovvero il disagio borghese delle società opulente. La storia narrata da Yates quarant’anni fa è ancora la nostra storia: il periodo della fine delle illusioni, la presa di coscienza che la rinuncia è condizione della vita quotidiana, non certo limitata ai plastificati anni Cinquanta in cui è ambientata la storia. (Non è un caso che dal libro è appena uscita anche la riproduzione cinematografica, con la regia di Sam Mendes, lo stesso, appunto di American Beauty).
Nell’introduzione al libro, lo scrittore Richard Ford scrive: Revolutionary Road guarda dritto verso di noi con sguardo smaliziato e ammonitore, e ci invita a fare attenzione, a stare all’erta, a badare bene, e a vivere la vita come se avesse importanza quello che facciamo, poiché fare di meno mette in pericolo tutto quanto”. In pratica, un invito a smettere di sognare gratis e a cominciare a sporcarsi le mani con la realtà “ per trasformare anche il viale di una linda villetta nei sobborghi di New York in una vera Revolutionary Road: imperfetta, ma diversa da ogni altra”.
Libro capolavoro. Assolutamente da leggere.
Valeria Lauriola
CLASSIFICA SETTIMANALE NAZIONALE:
1- La regina dei castelli di carta – Stieg Larsson – Marsilio
2- Uomini che odiano le donne – Stieg Larsson – Marsilio
3- Eclipse – Stephenie Meyer – Fazi
4- New Moon – Stephenie Meyer – Fazi
5- Breaking Dawn – Stephenie Meyer – Fazi
6- La ragazza che giocava con il fuoco – Stieg Larsson – Marsilio
7- La solitudine dei numeri primi – Paolo Giordano – Mondadori
8- Twilight – Stephenie Meyer – Fazi
9- Il giorno prima della felicità- Erri De Luca – Feltrinelli
10- Venuto al mondo – Margaret Mazzantini – Mondadori
CLASSIFICA SETTIMANALE LIBRERIA FAHRENHEIT:
1- New moon – Stephenie Meyer – Fazi
2- Eclipse – Stephenie Meyer – Fazi
3- Breaking Dawn – Stephenie Meyer – Fazi
4- La regina dei castelli di carta – Stieg Larsson – Marsilio
5- La lettrice bugiarda- Brunonia Barry – Garzanti
6- Brida – Paulo Coelho – Bompiani
7- Un sabato con gli amici – Andrea Camilleri – Mondadori
8- Twilight- Stephenie Meyer – Fazi
9- Uomini che odiano le donne- Stieg Larsson – Marsilio
10- Il giorno prima della felicità- Erri De Luca – Feltrinelli