Raul, uno fra tanti… nel business della cocaina
Non si può guardare dall’altra parte. Ognuno deve dare il suo contributo e non essere indifferente ai mali che affliggono la società. Ed è così che ho deciso di buttarmi in questa inchiesta, molto delicata, sulla droga. Si parla di COCAINA. Anzi, per essere precisi, si parla di COCAINA nel nostro paese, San Giovanni Rotondo.
Mi muovo, con non poche difficoltà e ritrosie, nel mondo dei giovani. Parto da loro e, per capire cosa gira e come gira in questo mondo, cerco qualcuno che mi possa parlare dei numeri e delle dimensioni di questo triste fenomeno. Con l’assicurazione dell’anonimato alla fine trovo chi si rende disponibile a farlo.
Siamo in macchina, fermi, finestrini abbassati per il fumo delle sigarette, tante, che sta fumando Raul (che non è il suo vero nome), nascosto nel suo cappuccio che gli copre tutto il viso. A Raul ho chiesto di parlarmi del suo mestiere. Raul non è uno qualsiasi, è uno che con la “bianca” fa affari, con la “bamba” ci campa.
“Quanta coca si consuma in un mese?” Questa è la domanda.
Ci pensa. Scansa la risposta. Fuma nervosamente. Sembra fare più caldo di quanto già non faccia in questa notte di fine estate.
Lo rassicuro. Cerco di girarci intorno, di parlare di quanti clienti, del costo, ma sa che “il pezzo” è quella domanda. Lui prende coraggio, la temperatura sembra abbassarsi di qualche grado.
Inizia a parlare di pusher, di spacciatori, di amici di amici, cerca di contarli, senza fare nomi, conta nella sua testa chi smercia COCA. Calcola clienti, dosi, giri. Lo vedo dai suoi occhi, è vicino al risultato di tutta questa equazione fatta di grammi, clienti e di strisce .
«Quattro.. forse cinque….CHILI!!». Con voce secca, decisa.
Sembra pensarci. «No forse qualcosa in più, molti vanno da soli a Cerignola, San Severo, risparmiando un passaggio di mano risparmiando sul prezzo ed evitando un ulteriore taglio della roba»
CINQUE CHILI DI COCAINA, DI POLVERE AL MESE. Avete capito bene, nella nostra città.
La cifra mi ha scosso, adesso inizia a fare caldo a me, sento i pensieri correre. Accendo una sigaretta. Cerco di fare ordine ai pensieri. Raul mi guarda con un’aria quasi spavalda, di chi sa di aver rivelato qualcosa di sconvolgente, ma non parla, si sta godendo la mia incredulità, quello stronzo di Raul si sta godendo la mia faccia.
La notte nel letto passa tra pensieri e ancora altre sigarette. Il dubbio su cosa scrivere, come dirlo, pensare a Raul, ai tanti, forse, amici che hanno il “vizio”. E penso che non sarà un articolo che ha lo scopo di creare allarmismo. E’ la realtà, e va raccontata.
Negli ultimi anni è diventata una pandemia. Una vera è propria esplosione. Lo sapevamo un po’ tutti, certo, pensavamo che il fenomeno fosse più circoscritto, le dimensioni ridotte. In questi anni di crisi è l’unica merce, attività che non ha conosciuto crisi. Per tutto l’anno, tutti i mesi, tutti i week-end, tutti i giorni, la contabilità dello spaccio lavora freneticamente, senza sosta. E si parla di cifre e quantitativi che fanno venire i brividi. Lasciate stare disamine sociologiche, culturali. La coca ha sparigliato ogni schema.
Costa poco. I prezzi sono diminuiti e diventati accessibili a tutti. Mezzo grammo 40/50euro. Un grammo 80/90 euro.
È trasversale. Dal ragazzo che va a scuola, credetemi sono tantissimi, al medico, al professionista, impiegati, operai, colletti bianchi, e fidatevi ancora, sono tanti. Nemmeno Raul riesce a dire quanti consumatori ci potrebbero essere, centinaia, numeri a tre cifre.
Si mimetizza. Se non siete dei consumatori, difficilmente riuscirete ad individuare uno che ha pippato dieci minuti prima, a meno che non abbia il naso infarinato.
Se prima era consumata “in solitaria”, cioè si nascondevano, da alcuni anni è diventata un modo come un altro di farsi la serata, con amici, in compagnia.
La preferiscono anche i tossicodipendenti, storici e novelli, da buco; accantonata l’eroina, s’iniettano la bianca endovena.
Non fatevi prendere dal panico, o dalla condivisione del link con su scritto “che schifo, dove siamo arrivati”. Serve a poco, e domani l’avrete già dimenticato. Raul e i suoi amici continueranno a spacciare e centinaia di consumatori continueranno ad arrotolare banconote e riempirsi il naso. Quello che invece dobbiamo fare è iniziare ad aprire gli occhi come famigliari, amici, padri e madri, in certi casi anche come figli. Iniziare a considerarlo un argomento attuale senza tabù e senza pensare che sia un problema che non ci colpisce. Per i perbenisti del “va tutto bene”, del “fango sulla città,”o di “San Giovanni isola felice”, dico di aprire gli occhi e di fermare le loro dita da tastiera e le loro lingue sempre pronte a sparare minchiate. Per chi invece è dentro questo vortice di spaccio-consumo, dico di riflettere seriamente su cosa state facendo, senza moralismi né prediche.
L’informazione è l’unica arma efficace. Su cosa c’è dentro, su cosa vi state tirando realmente oltre a pochissimi milligrammi di coca (la maggior parte della coca è tagliata al 70-90%, taglio che va dallo stucco per muri, a farmaci, nella migliore delle ipotesi), sugli effetti e i danni a breve, medio e lungo termine. Cercando di fermare l’indignazione da social che dura il tempo di una condivisione, e di qualche like, per poi dimenticare di nuovo tutto.
Qui non si parla di ragazzi al Tg, qui si parla di figli e figlie, di amici, di uomini e donne che conosciamo e che spesso, quasi sempre, nemmeno immaginiamo siano consumatori di coca. Se credete che il fenomeno sia pura fantasia provate a chiedere a qualche conoscente, figlio, nipote, amico che fidatevi, ha qualcuno vicino nella sua comitiva che è dentro alla bufera di neve.
Ma guardando Raul penso che forse tutto questo serve a ben poco. Forse la pandemia possiamo frenarla, arginarla. Ma la coscienza di ognuno di noi può fare la differenza. Decidendo singolarmente se riempire i polmoni d’aria, d’ossigeno, di futuro, oppure riempirli di polvere bianca, e svuotarci lentamente, un grammo la volta, tutto l’anno, tutti i mesi, ogni week-end, ogni giorno.
L’intervistatore di Raul
Fine prima parte