Canzone d’autunno di Paul Verlaine
recensione di Giulia Siena
I lunghi singhiozzi
Dei violini
D’autunno
Feriscono il mio cuore
Con un languore
Monotono.
Senza respiro
E pallido, quando
Rintocca l’ora
Io mi ricordo
Dei giorni andati
E piango;
E me ne vado,
Nel vento maligno,
Che mi porta
Di qua, di là,
Simile alla
Foglia morta.
Paul Verlaine da “Poesie”, trad. di M.Pasi, Guanda.
Paul Verlaine, nato a Metz, nel nord est della Francia, nel 1844 e morto di alcolismo nel 1896, esordì appena ventiduenne con la raccolta di poesie “Poemi saturnini”, da cui è tratta “Canzone d’autunno”. Qui esprimeva una concezione pessimistica della vita che quasi presagiva il tormentato destico che il poeta avrebbe avuto. Ebbe, infatti, un avita piena di scandali, conobbe la prigione, ma anche la notorietà, contrasse un matrimonio che finì per colpa sua e fu sbattuto dalla vita “Di qua e di là, Simile alla Foglia morta”, come dicono i versi della poesia che abbiamo scelto per oggi.
Con Verlaine la poesia da spazio alle impressioni, agli stati d’animo e il tono prevalente è quello malinconico.
Se la poesia di Baudelaire esprimeva una tensione alla lotta, in Verlaine essa esprime una dimensione più dolorosa. Lo stile evita immagini violente, preferisce stati d’animo sfumati, ricerca un senso di musicalità attraverso l’uso delle rime e delle assonanze.
"Canzone d’autunno"è un esempio di quel tipo di poesia che influenzerà, ai primi del Novecento, il Crepuscolarismo italiano. La malinconia dell’autunno è avvicinata al suono dei violini e questi, a loro volta, a dei singhiozzi. Il poeta, in questa atmosfera autunnale, rimpiange il tempo perduto e si dispera.
Il suo destino gli appare a quello di "una Foglia morta" portata dal vento.
Giulia Siena