INTERVISTA AL CANDIDATO SINDACO LUIGI POMPILIO
Sindaco perché ha scelto di riproporsi in questa competizione?
Semplice: perché abbiamo iniziato un lavoro che va completato, un lavoro di cambiamento iniziato nel 2011 proponendo una squadra di assessori nuova e lontana dalle logiche partitiche di un tempo. Abbiamo allontanato anche i primi dinosauri nelle persone di Matteo Cappucci e Michele Fini che volevano più visibilità. Coerentemente con questa idea di cambiamento ho preso un giovane come Antonio Carriera e l’ho nominato subito vicesindaco. L’unico neo di questo passaggio rimane Mauro Cappucci, il quale anche con una lotta dura all’interno del Pdl, è riuscito ad essere nominato Presidente del Consiglio comunale. Nonostante i mal di pancia abbiamo votato Mauro anche se con un po’ di lucidità si poteva promuovere il giovane e competente Antonio Longo. Questo è stato il problema che ho avuto per tutti questi cinque anni e adesso anche chi all’epoca lo aveva attaccato pesantemente si ritrova alleato con lui.
Sono stati cinque anni difficili, lei più volte si è definito un comandante di una nave che tra mille difficoltà è riuscito a terminare il viaggio. Si è chiesto mai perché l’equipaggio ha abbandonato questa nave per scegliere un nuovo capitano, nel caso specifico Costanzo Cascavilla?
Me lo sono chiesto e ne conosco perfettamente la motivazione. Con il sottoscritto tutti quanti hanno avuto sempre grandi spazi, però chiaramente io sono determinato a promuovere i progetti ad esclusivo interesse della comunità. Progetti che in qualche maniera non erano condivisi e con forza io mi sono sempre battuto per arginare situazioni che andassero contro l’interesse della città, la questione del cimitero è una di queste.
Abbiamo assistito tutti all’ultimo e, per molti aspetti, triste consiglio comunale. Cosa l’ha più ferita dal punto di vista umano prima che politico? E se tornasse indietro, a due anni fa, rifarebbe le stesse scelte?
L’ultimo consiglio è stata la prova provata di quanto detto nel mio comizio in piazza. Sono stati anni difficili dove ho dovuto convivere con persone che hanno pubblicamente mostrato il loro stampo: quella gente mi ha messo sempre in difficoltà tramite il ricatto politico. Persone che con la democrazia hanno quel tipo di atteggiamento, quello che hanno fatto vedere nell’ultimo consiglio comunale. E il clima delle riunioni di maggioranza non era poi tanto diverso. Se non ci fosse stato un ariete forte e determinato come me, mi avrebbero fatto in mille pezzi. Ho una grande stima per tutti i candidati sindaci per questo dico che se uno non è forte e determinato veramente non ti fanno contare nulla una volta arrivato a Palazzo di Città. Anche se con tante difficoltà sono riuscito a portare a termine il mandato e a completare gran parte del programma elettorale. Certo che lo rifarei, solamente per il bene della città che aveva necessità di uscire da questa empasse, con questa ciclicità di mandati sindacali conclusi dopo 2/3 anni. Per rompere il sistema hai necessità di stare all’interno per conoscerne i meccanismi. Io di spallate ne ho date tante allontanando tante persone, denunciandole anche in consiglio comunale. Se non mi fossi battuto non sarei oggi in grado di proporre coscientemente e realisticamente un nuovo progetto politico amministrativo per la città, basato su fatti concreti ed esperienze vissute. Ho governato bene questa nave e penso di poter riproporre oggi un nuovo progetto affinché si possa dare una spazzolata integrale alla vecchia politica e far affacciare sulla scena un gruppo nuovo, rinnovato, fresco e pieno di idee, non inquinate dai difetti che condizionano lo sviluppo di questo paese.
Non sono certi soggetti a portare quell’innovazione che è nelle idee di un altro candidato sindaco.
Spesso i contenuti programmatici delle coalizioni si sovrappongono fra loro e non consentono agli elettori di recepire le differenza fra gli uni e gli altri. Cosa vi distingue dagli altri programmi. Quali sono le vostre peculiarità?
Il nostro è un programma molto organico e completo, una base che andrà completata seguendo l’evoluzione delle cose in un determinato contesto. Una visione programmatica molto chiara che ha un obiettivo: noi puntiamo alla città del disabile, che non si ferma solo alla città del paralimpico ma va oltre. E’ un progetto che deve essere nell’ambizione di una città come San Giovanni Rotondo, che darà la possibilità concreta di caratterizzare la nostra città a livello mondiale: la città di San Pio come la città del disabile e delle disabilità, luogo emblema di tutta quella complessità del mondo che si sviluppa attraverso la diversa abilità in termini di accoglienza, promozione dello sport, e sviluppo scientifico-medico. Assisi ad esempio si caratterizza per essere il punto di incontro delle tante religioni del mondo, promotrice della pace. Noi anche dobbiamo caratterizzarci e valorizzare le nostre peculiarità come Casa Sollievo, il centro di ricerca, i centri di riabilitazione: una città che si muove sinergicamente verso l’attenzione al disabile per sviluppare incubatori di impresa per la ricerca, sulla protesica e su tutto ciò che gira intorno al mondo dei diversamente abili. Sempre secondo lo spirito che Padre Pio aveva in animo, sotto questa cappa di spiritualità che ci caratterizza. Un grosso volano di recupero e sviluppo per la nostra città. In questo le smart cities ci stanno da Dio. Anche io sono un tecnico, io le smart city le ho sempre volute sviluppare solo che in questi anni le vicissitudini politiche hanno fatto spostare l’attenzione su altro. Sono tutti progetti che avevo in mente e che un altro mandato mi darebbe la possibilità di continuare quanto iniziato, attraverso il potenziamento dei totem informativi e altro. Nel 2011 fummo premiati su un progetto di mobilità urbana insieme a Bari. In questo si colloca anche il progetto del museo delle arti e tradizioni popolari multimediale: io sono nato smart forse prima di altri, e l’idea di rendere intelligente una città ce l’ho sempre avuta. Ma vanno create le condizioni e i presupposti per realizzarla, tirando via le zavorre. Va creato tutto un sistema di promozione accessibile a tutti. Una prima filiera già c’è e va potenziata con altri percorsi valorizzando le chiese e il centro storico.
Di cosa va orgoglioso di questi cinque anni e qual è la cosa che non rifarebbe?
Sono orgoglioso innanzitutto di aver finito il mandato nonostante qualcuno dice che mi ‘hanno mantenuto per cinque anni’. E’ stata dura con due crisi profonde e con 17 assessori cambiati, con consiglieri che volevano fare gli assessori di loro stessi. Comunque ho raggiunto gli obiettivi che mi ero prefissato: fogna bianca, riqualificazione ingressi cittadini, viale Aldo Moro, la Rotonda e tutta una serie di cose che la città aspettava da tempo. Sulla questione dell’ulivo simbolo del centenario dell’arrivo di San Pio vige una sorta di anarchia pre-elettorale: non nascondo la difficoltà a far partire l’iter in questo periodo. Per quanto riguarda gli adempimenti tecnici e burocratici sono stati tutti risolti: abbiamo individuato l’area all’interno del cimitero dove andrà collocata la scultura di Corso Umberto. La collocheremo lì perché l’idea della rotonda davanti l’ufficio del giudice di Pace è tramontata perché c’è stata una levata di scudi da parte dei residenti. Volendo si può fare tutto anche adesso. I dirigenti hanno dato seguito alle mie disposizione bisogna solo accelerare l’iter con le aziende in causa.
Sono particolarmente felice di aver restituito alla città il nostro monumento identitario: la Rotonda. Non riuscivo mai a capacitarmi di come i miei predecessori non avevano mai ripristinato il nostro simbolo. Un argomento che ho preso a cuore da subito portandolo alla Bit, scontrandomi con la Regione e con gli uffici. Da lì abbiamo messo in moto quel meccanismo per intercettare i fondi e i finanzianti interregionali che hanno portato alla riqualificazione della chiesa.
Quali sono le tre emergenze della città da affrontare in via prioritaria?
L’emergenza più immediata è quella della raccolta differenziata. Qui ci vuole un sistema veramente smart che controlli e gestisca il tutto. Non solo sulla mobilità dei mezzi ma anche sulla tracciabilità dei rifiuti in modo tale da arrivare nel tempo ad individuare anche il quantitativo. Investimenti anche nell’ottica del controllo con un sistema di vigilanza che induca il cittadino a non commettere atti incivili. Il prossimo capitolato colmerà tante lacune a patto che l’azienda che se lo aggiudicherà sia un’azienda seria e solida anche se poi l’appalto vero e proprio andrà fatto all’interno dell’Aro sperando di diventarne presto il capofila.
Poi va completata la fogna bianca, progetto checché ne dicano le chiacchiere è stato fatto tra il 2011 e 2012 con l’assessore Mischitelli. Gli altri hanno contribuito, aiutato, ma il progetto è sempre quello originario. La scommessa ora è completare questo lavoro facendo diventare l’acqua, da pericolo, risorsa per il territorio. Un progetto boicottato in parte anche dalla struttura tecnica del comune, con soluzioni folli. Va fatto il tunnel e tra poco esploderà la prima mina. Vi è la necessità di canalizzare l’acqua nelle zone di raccolta a valle.
Anche l’Agropolis, che è nelle mani del comune, sarà al centro della programmazione. La mia idea è quella di incastonarla nel discorso degli antichi mestieri grazie anche al gemellaggio con Paularo. L’Agropolis come masseria pilota e scuola per gli antichi mestieri. Altra emergenza l’accoglienza e la lotta all’abusivismo. Presentiamo una cartolina non bella al pellegrino che viene a San Giovanni. Comunque lascio una città migliore rispetto a cinque anni fa, questo è un dato inconfutabile.
Perché la città dovrebbe scegliere nuovamente Luigi Pompilio?
Semplice, perché ho una programmazione da completare e un cambiamento da continuare. La mia compagine è nuova formata da persone serie, generose e che condividono certi valori. Vi è necessità di dare un colpo di spugna alla vecchia politica e promuovere freschezza, innovazione, nuovi talenti ai quali va data l’occasione di esprimersi senza l’ombra del consigliere di turno. Si può formare una classe politica nuova avulsa dai difetti del sistema politico in modo da passare il testimone, da qui a cinque anni, ad una generazione che scardini i meccanismi della vecchia politica. La normalità non deve essere eccezionalità. Abbiamo bisogno di uno scatto d’orgoglio, come avvenuto per l’arrivo del nostro San Pio: una comunità coesa, con voglia di riscatto, che metta da parte tutti vecchi vizi legati alla politica degli ultimi decenni.