Mihi vivere Christus est (Fil 1,21)
di Don Carlo Sansone
Per me il vivere è Cristo, questa espressione di S. Paolo mostra quale sia lo stato di vita di ogni sacerdote, del suo ministero, che va vissuto come diaconia e nella diaconia del sacerdozio di Cristo poiché è Cristo che opera nel suo ministro. Istituendo l’Eucaristia e il sacerdozio Gesù dice: “fate questo in memoria di me” vale a dire
Lo stato di vita di Gesù è lo stato normativo di ogni sacerdote, uno stato di vita che richiede le stesse virtù di Gesù per compiere la volontà di Dio Padre, in particolare la virtù dell’obbedienza che mostra come la sequela di Cristo sia e si esercita senza ripensamenti o riserve richiedendo umiltà, abnegazione, fedeltà, di cui si nutrono la povertà vissuta come capacità di donarsi e donare; la castità “per aderire a Dio con un amore indivisibile” (L.G.792) “seguendo l’esempio di Cristo” (P.O 1298) è segno della futura resurrezione (cfr. Luc.20,36), essa non va circoscritta in maniera esclusiva nella dimensione fisico affettiva né considerata e vissuta come privazione né come ‘incidente’ sociale ma vissuta come esperienza teologica. Chi segue Gesù e lo segue nella libera accettazione della chiamata al ministero deve assumersi la condizione esodale profetica missionaria proprie di Cristo e della sua Chiesa.
L’avvicendamento di noi sacerdoti non è un allontanamento, una mortificazione, ma è evento ecclesiale, assicurato e confortato dal discernimento dei successori degli Apostoli, i Vescovi, dal loro ministero di governare, santificare e insegnare, e “i sacerdoti, collaboratori dell’ordine Episcopale, nelle singole comunità rendono presente il Vescovo…cui obbediscono con rispettoso amore” (L.G.355). Il mandato del giovedì santo riguarda in particolare i ministri ma non esclude l’intera Chiesa fatta da coloro che ascoltano
Nell’istituire il sacerdozio Gesù chiede di preparare la stanza del cenacolo nel piano superiore, per indicare che ciò che stava per fare è e proviene dall’alto, dono del divino amore, dono del Padre che glorificherà il Figlio e da Lui sarà glorificato. Il sacerdozio è servizio per glorificare (manifestare) il Padre il Figlio e lo Spirito Santo in un regime di comunione di amore sponsale che genera i suoi figli e figli della Chiesa sposa. Ciò che Dio ha unito l’uomo non separi, riguarda anche il sacerdozio e non solo il matrimonio.
La disobbedienza ed ogni forma di rivendicazione allontana e separa da questa realtà sponsale ecclesiale in cui si riversa tutta la vita di intimità e di comunione della santissima Trinità, icona della Chiesa e del sacerdozio ministeriale!
In questo tempo in cui la diocesi sta vivendo un risveglio sembra sia opportuno chiedere che il cammino intrapreso sia di conversione e di impegno per una piena conoscenza della vocazione al sacerdozio ministeriale che trova nella confessione di Gesù la sua vera identità apostolica e missionaria: “il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e di compiere la sua opera” (Gv.4,34). Inoltre l’impegno della conoscenza del territorio, della condizione socioculturale e religiosa del Gargano per una riscoperta della immagine della Chiesa, dell’identità del sacerdote, della missione pastorale.
I successori degli apostoli, i Vescovi -Episcopi- sono nell’ordine i primi esecutori della volontà del Padre nel preoccuparsi ed occuparsi della volontà di Dio: “che conoscano te e colui che hai mandato” (Gv. 17,3).
Ogni cristiano deve far passare Gesù, a maggior ragione il sacerdote. Altrimenti passa l’uomo ma l’uomo non redime, non salva; il sacerdote assolve, consacra, evangelizza nel nome di colui al quale ha promesso obbedienza, come Gesù autorevolmente presente in ogni suo ministro e discepolo: ”…chi accoglie voi, accoglie me” (Mt. 10,40 13,30).
Si tratta di un’obbedienza sponsale, così caro ai Padri, che qualifica il rapporto di intimità e comunione con la santissima Trinità e
Si avverte il bisogno di dottrina, di rivelazione, di vangelo, di magistero, il bisogno della Croce e del Crocifisso, di identità umana e sacerdotale senza valutazione mondana e secolare ma con una forte carica profetica e di vita evangelica, in particolare di fraternità sacerdotale ed ecclesiale.
E’ vero! Stare in un paese o in un altro, seduto o in attività pastorale anche itinerante, è comunque stare nella e con la Chiesa.
Don Carlo Sansone