“Il
ragazzo con la bicicletta”
Recensione
di Carmela Fabbricatore
Fra le novità informative del nostro
portale, iniziamo questa settimana con il proporre la rubrica “Appuntamento al
cinema” la cui cura è affidata a Carmela Fabbricatore, giovane appassionata di
cinema che ha accettato di fornire le sue recensioni per sangiovannirotondonet.it.
Un grazie di cuore a Carmela e… benvenuta fra noi!
Premiato all’ultimo festival di Cannes con
il Gran premio speciale della Giuria, Il ragazzo con la bicicletta è l’ultima
brillante fatica cinematografica dei fratelli Dardenne. Probabilmente, il
titolo italiano è molto meno fascinoso dell’originale francese Le gamin au vélo. Qui la parola gamin ha una sfumatura tutta sua, che
richiama, sì, il concetto di ragazzo, ma nel senso meno neutro di monello,
discolo e irrequieto. In effetti, il protagonista della storia, Cyril, è un dodicenne
tutt’altro che tranquillo. Turbato e confuso, fatica a trovare il suo posto nel
mondo, perché costantemente rifiutato.
Da suo padre in primis, sciatto e negligente, che non vuole saperne di lui,
nonostante Cyril lo veda come un pilastro (l’unico) della sua difficile
esistenza. In lui ripone tutte le sue speranze di uscire dall’orfanotrofio.
Vorrebbe un “per sempre felici e contenti”, una famiglia, qualcuno che lo ami.
Ma le delusioni e disillusioni non mancheranno e lo porteranno a crescere più
in fretta del dovuto. Fortuna che c’è Samantha, una parrucchiera di provincia
incontrata per caso in uno dei molteplici tentativi di fuga dagli assistenti
sociali. Lei saprà donargli tutto l’amore che non ha mai ricevuto ed essere
un’educatrice dal polso fermo. Quel che in sostanza si chiama mamma.
Trama semplice ed essenziale, dunque, per
un film sofisticato e carico di contenuti. In meno di 90 minuti si toccano temi
notevoli come il rifiuto, l’abbandono, la ricerca, la maternità e la paternità, senza mai cadere nella monotonia o nella noia.
Merito anche dell’ormai leggendario stile dei Dardenne alla regia, della loro
capacità di semplificare, togliere gli orpelli inutili, arrivare dritti al
punto, tralasciando le cose superflue e non funzionali alla storia. Non ci sono
effetti speciali, o tecniche all’avanguardia. Solo tanta vecchia scuola.
Macchina da presa, location e attori. Anzi più che attori, personaggi, con i
quali non si fatica ad entrare in empatia. Non sappiamo niente di loro, nulla
circa il loro passato, il loro carattere. Riusciamo però a percepire ciò che
provano. La loro rabbia, sofferenza o serenità.
Grazie ad uno sguardo ben colto
o ad un movimento ben calibrato. Non ci sono sprechi di parole. L’amore di
Samantha per questo giovanotto semisconosciuto non è mai amplificato
eccessivamente. E’ dimostrato dai fatti, dai gesti, più che dalle parole. Lo si
ritrova nella solidità della sua persona, capace di porsi come punto di
riferimento autorevole e forte, meritevole di rispetto. Nessuna digressione o
sbavatura. Gli elementi chiave sono tutti lì al loro posto. C’è il solo
susseguirsi degli eventi a dare ritmo alla storia. Niente musica.
Tante e
raffinate immagini. Fotogrammi che potrebbero essere forografie vere e proprie,
a dimostrazione del fatto che i Dardenne hanno l’occhio, ovvero quella capacità di cogliere la naturalezza dei visi
e, in particolare, degli sguardi così come sono nella realtà. Senza forzature o
falsità. Certo, il merito va riconosciuto anche agli attori, a Cécile De
France, capace di donare spessore e profondità al personaggio di Samantha
grazie al sapiente controllo delle espressioni del viso; al piccolo Thomas
Doret, che alla prima esperienza cinematografica ha saputo dimostrare di essere
all’altezza dell’arduo compito che gli era stato affidato.
E infine, a Jérémie
Renier, collaudato nel ruolo di padre degenere e superficiale già nel
precedente (e consigliatissimo) L’enfant,
di cui Il ragazzo con la bicicletta
sembra rappresentare il naturale prosieguo.
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