Enpa contraria: la legge regionale non lo permette
I randagi del canile di San Giovanni Rotondo potrebbero essere trasferiti in una struttura gestita a Bari dalla ditta Mapia. L’ipotesi, secondo quanto appreso da Enpa, è al vaglio dell’amministrazione comunale ma Asl e Regione avrebbero espresso forti perplessità sul trasferimento. A tale “soluzione” è contrario anche l’Ente Nazionale Protezione Animali. Nei giorni scorsi l’associazione ha scritto al Comune e all’Asl di Foggia proprio per comunicare e motivare il proprio dissenso.
La struttura cui sarebbero destinati gli animali, un canile di Bari gestito dalla ditta Mapia, sarebbe in condizioni di sovraffollamento tali da non permettere ulteriori ingressi. Ci sono, poi, ostacoli di natura normativa poiché la legge regionale a tutela del benessere animale, per evitare “inutili” situazioni di stress ai cani, vieta il trasferimento dei randagi da un territorio all’altro. Inoltre, secondo la Protezione Animali, lo spostamento dei randagi è una non-soluzione; un modo di guadagnare tempo per tamponare l’emergenza senza intervenire sulle reali cause del fenomeno.
«Non c’è trasferimento che tenga – spiega Daniela Fanelli, coordinatrice regionale Enpa per la Puglia – perché se non si interviene con una massiccia campagna di sterilizzazioni a tappeto e di adozioni, nel canile di San Giovanni Rotondo come in quelli di altre città, il problema randagismo si ripresenterà continuamente».
Per questo, è molto difficile da comprendere e motivare il comportamento delle istituzioni e delle autorità di San Giovanni Rotondo, che, a fronte degli straordinari risultati ottenuti da Enpa sul fronte delle adozioni e dell’assistenza ai randagi non hanno dato alcun supporto ai volontari. «Siamo abbandonati a noi stessi. Da soli abbiamo soccorso le molte cucciolate scoperte nel soccorrere sul territorio. Da soli abbiamo trovato le adozioni, anche per i casi impossibili. E sempre da soli – denunciano i volontari Enpa di San Giovanni Rotondo – abbiamo trovato gli stalli per evitare nuovi ingressi nei canili. Stalli di cui hanno beneficiato, è doveroso ricordarlo, anche le casse comunali».
E allora, prima di deportare decine di animali, il Comune dovrebbe sostenere chi l’emergenza randagismo ha concretamente mostrato di saperla affrontare e di poter contribuire di risolverla.