Vite e carriere seppellite dalla casa dello studente
di Gianfranco Pazienza
L’ultima puntata di “AnnoZero” ha presentato il neonato Comitato dei parenti dei giovani studenti, le cui vite e le giovani carriere sono state sepolte dalle macerie della casa dello studente e delle camere affittate nel centro storico, a caro prezzo e in nero. E’ giusto chiedere di individuare le responsabilità anche di chi non ha preso sul serio le denunce di quei ragazzi. Con la nascita di questo comitato è più facile parlare ora del disastro, senza correre il rischio di essere accusati di strumentalizzazione. Con i parenti c’era anche la foto di Luciana Capuano, non manca nel ricordo quella di Ilaria Placentino.
Due ragazze di 19 anni con una carriera scolastica brillante e un sacrifico economico sostenuto dalle famiglie per farle proseguire negli studi universitari: questi sono i titoli per usufruire della Casa dello studente. Questi sono stati titoli per morire a decine, schiacciati dalla irresponsabilità e la cupidigia degli uomini e dei governi, più dello stesso terremoto. C’è un altro criterio che accomuna quei ragazzi: il sacrificio personale di chi deve studiare, di chi deve conquistare i crediti per conservare il diritto al posto letto. Sono sacrifici che pochi giovani sono disposti a sostenere. Ilaria e Luciana ne sono un esempio, associando a questo l’impegno per gli altri. Non è possibile stimare quanto, noi comunità, abbiamo perso con loro, le loro famiglie sanno ora cos’è la vita spezzata dal terremoto a 300 Km di distanza.
Nei giorni scorsi ho riflettuto a lungo su quanto è stato distrutto di questo capitale umano, risorse intellettuali sottratte al futuro di noi tutti; in un Paese dove è già scarso l’investimento sui giovani che studiano, rinunciando alla ricerca e allo sviluppo; appaltando questo possibile futuro non come diritto e bene comune, come per Ilaria, Luciana e gli altri ragazzi, ma lo vogliono quale privilegio per le caste, quelle presenti prima degli stati moderni.
In una intervista al Rettore della Facoltà dell’Aquila, Ferdinando Di Orio rassicura sulla ripresa di queste storie studentesche, garantendo il diritto allo studio, minacciato due volte aggiungo io: minacciato dalle politiche di privatizzazione e dalla fragilità delle infrastrutture. L’Università non è crollata, aggiunge il Rettore, perché a l’Aquila poggia su solide radici culturali e scientifiche. E’ vero. Ovunque il Paese dovrebbe difendere tale istituzione pensando al nostro futuro. Il Paese inoltre dovrebbe difendere le vite, soprattutto le più giovani invece di rallegrarsi di un cinico rituale di una Protezione civile che funziona nel dopo catastrofe. Un Paese che dimostra di non conoscere il valore delle vite prima che la catastrofe accada.
Con Di Orio nel 1997-98, e negli anni successivi, ho lavorato con una commissione di Inchiesta sulle strutture sanitarie incompiute; progetti realizzati quarant’anni prima, i cui cantieri sono rimasti aperti per decenni speculando sugli appalti e il cemento. Opere, come l’Ospedale dell’Aquila, costate dieci venti volte oltre quanto previsto. Un sistema denunciato con relazioni ufficiali al Parlamento, inascoltate. Opere progettate senza criteri antisismici così la casa dello Studente. Ora crollano: speriamo che quel comitato dell’Aquila con il rosario tutto italiano di disastri per incuria, terremoti e dissesto idrogeologico, dal terremoto del Friuli ad oggi, faccia invece crollare questo pessimo sistema culturale e di speculazione tutto nostro: arricchiamoci oggi, in tutti i modi, tanto di ciò che accade dopo non ci frega, ci pensa la protezione civile che funziona, anzi si rimette in moto l’economia per ricostruire le case e New Towns (città nuove). Non si recuperano, però, le vite e il tesoro di saperi seppelliti con Ilaria, Luciana e i loro colleghi.