di Gennaro Palladino
Gent.ma Redazione, il
particolare e fibrillante momento politico (ho ascoltato il consiglio comunale
ieri sera… sic!) mi induce, contrariamente alla stagione invernale, ad un uscire dal letargo prendendo
a pretesto la lettera dell’amico
Matteo Ferrara, coordinatore del PDL il quale, in attesa della risposta del sindaco
Gennaro Giuliani, spero voglia accontentarsi di un altro Gennaro che condivide
in larga parte le sue considerazioni.
Entrando nel merito delle dimissioni dell’Ass. Gaetano Cusenza, intravedo una
certa analogia con la situazione nazionale dove l’on Fini, esponente di primo
piano del partito di maggioranza, nonché cofondatore del PDL, minaccia la crisi
del governo perché stufo delle “azioni” di un Presidente del Consiglio che non
governa affatto questo Paese e delle sue leggi ad personam macchiandosi di lesa
maestà. Nel contempo Cusenza nel suo intervento radiofonico, nel lamentare una
situazione di stallo, un senso di confusione e di inconcludenza in cui versa la maggioranza,
pone l’accento sulla prevaricazione di esponenti della giunta che invadono il
suo assessorato (per un politico esperto e navigato mi sembra esagerato).
Senza dilungarmi troppo, arrivo subito alla fatidica domanda: sia Fini che
Cusenza, in veste non solo istituzionale, ma nel senso stretto politico o
meglio dirigenziale, dov’erano?? Non vorrei dare l’impressione da “prima
repubblica”, ma è possibile che una soluzione ai problemi interni e divergenti
all’interno dello stesso partito, sia nell’uno che nell’altro caso, non possa
proprio essere individuata? Se a Fini si può rimproverare una totale e sbrigativa
accettazione di adesione al PDL e implicitamente di sottomissione a Berlusconi
con conseguente scioglimento di AN senza nemmeno interpellare i suoi iscritti, a
Cusenza gli si possono rimproverare alcune precedenti azioni politiche che
hanno determinato dapprima lo scioglimento della giunta Mangiacotti ed in un
secondo tempo lo “sgambetto” allo stesso in occasione delle elezioni regionali,
sintomo di una precaria se non di armata armonia. Dualismo nell’uno,dualismo
nell’altro caso.
Caro Ferrara, ma quale sindaco riuscirebbe mai ad essere adeguato in una
situazione che vede una maggioranza (dello stesso suo partito) in cui insistono
problemi che vengono da lontano e nello stesso tempo alla base della nascita
del PD? E’ questa la motivazione che mi sta sullo stomaco di cui sono
fermamente convinto poichè non è la prima volta che mi spinge ad intervenire su
questo modo sbrigativo di mettere la polvere sotto il tappeto da parte dei
nostri politicanti che inducono le persone per bene a turarsi il naso.
Ragion per cui non mi sono iscritto al PD anche se ne seguo le vicende (non
certamente per vederne passare il cadavere) essendo stato dirigente dei D.S. Non
ho aderito al PD poiché alla sua nascita è stata sacrificata una maggioranza
per la cui caduta non è mai stata data una plausibile giustificazione e di cui
restano tuttora le scorie. Non sono mai stato un convinto assertore del
centralismo democratico specialmente quando con il partito in crescita stava
cadendo la “conventio ad escludendum”……. e purtroppo ……. questo è il punto!
C’era una volta il partito (sia DS che Margherita) con la sua sede, c’erano gli
Organi di partito, una sua segreteria, il gruppo direttivo e gli organi di
Garanzia. C’era una disciplina prima che di partito, una disciplina dettata dal
senso di appartenenza, dalla passione politica, dal senso di responsabilità, dalla
continua presa di coscienza. Una disciplina di partito che con alto senso della
collegialità e di rispetto, portava ad individuare, discutere e possibilmente
risolvere i problemi dei cittadini insieme ad azioni tendenti alla
partecipazione ed alla crescita della democrazia. Il più delle volte si
arrivava ad una sintesi.
Ora tutto questo non c’è più. Adesso ognuno entra in un partito e nello stesso tempo si sente le mani libere da ogni
vincolo; basta impegnarsi a collezionare delle tessere, farsi un gruppo che
miri ad avere una maggioranza; non sono necessarie le tante riunioni e le tante
discussioni, tanto la sede decisionale non è più quella.
Alla faccia della partecipazione, alla faccia del ricambio generazionale, alla
faccia di chi li ha sostenuto con il voto e non solo. A tal proposito, condivido
in pieno la lettera
aperta del 5/11 indirizzata a tutti i dirigenti del PD da parte di
alcuni giovanotti i quali, allorquando
quelle opinioni e quegli allarmi li esprimeva il sottoscritto, non erano ancora
dotati del senso dell’udito.
Gennaro Palladino