di Berto Dragano
Questa
semplice riflessione nasce dal racconto di un’insegnante precaria che
trovandosi in una classe di 18 ragazzi (nel periodo di non sciopero la
classe arriva a 28) si ritrova ad interrompere la lezione a causa della
lamentela di un ragazzo che denuncia di aver smarrito il suo libro di testo.
Dopo
mezz’ora, il libro si trova e nel controllare il buono stato, nota che sulle
pagine sono comparsi improperi rafforzati da disegni preistorici, sulle
possibili scelte sessuali del ragazzo.
Gli
insegnanti chiedono all’intera classe di scrivere su un biglietto il nome e
cognome del responsabile il quale non sarà punito. Un semplice gesto per
dare un segno di responsabilità e di vicinanza all’amico offeso.
I
18 ragazzi che singolarmente erano stati chiamati ad un gesto di giustizia nei
riguardi dell’amico offeso non scrivono nessun nome e cognome. L’omertà
vince su tutto.
Nel
riflettere sù questo singolo fatto e sulla la realtà meridionale,
inevitabilmente incontro la mafia, nei suoi effetti, dal momento che la mafia è
una serie di comportamenti criminali, atteggiamenti che scavalcano regole,
rifacendosi a modelli, a universi simbolici.
La
mafia non è solo comportamento ma è anche una "cultura" mafiosa:
cultura nell’accezione antropologica, come maniera di sentire, pensare e agire.
Da quando ho cominciato a riflettere, ho cercato di capire come la mafia può
trovare consenso in un territorio come il nostro, dove da tempo non si
registrano atti criminosi, ma quotidianamente subiamo senza accorgercene comportamenti
ed atteggiamenti tipicamente mafiosi.
Il
sistema malavitoso va dove ci sono affari, fregandosene del Nord e del Sud.
La
classifica del “Sole 24 ore” pone la Capitanata al penultimo posto per qualità
di vita. I parametri che fanno arretrare la provincia
riguardano in particolare la sicurezza e la giustizia. La situazione economica
occupazionale è al collasso. L’unica consolazione è il costo della vita: Foggia
tra i più bassi d’Italia.
Gli atteggiamenti mafiosi circondano sempre più il nostro vivere,
soffocando la democrazia del singolo cittadino anche quando deve chiedere un
certificato o un permesso per costruire.
Se non conosci la persona giusta i nostri diritti diventano un
enigma difficile, espandendo sempre più la cultura che bisogna avere la
chiave giusta per ogni porta. Insieme alla democrazia, la (cattiva)
politica è la mano armata che strozza il paese. Quella delega al politico
aggiustatutto che ci si ritorce contro, quella pacca sulla spalla che durante
le campagne elettorali ci sembrano speranze, carezza che dopo poco tempo
diventa uno schiaffo alla nostra dignità.
Combattere
la cultura e i comportamenti mafiosi sarà una battaglia dura e difficile, che
richiederà moltissimo tempo, perché gli stati di crisi economica e di disagio
sono terreno di coltura dei comportamenti mafiosi e le persone utilizzano
scorciatoie nella gestione personale e antistatale dei problemi socio economici
ci saranno sempre.
La
corruzione nasce con prevalenza nelle nicchie della povertà. La mafia, la
corruzione, queste forme di vita antistatali, sono risposte politiche ed
economiche di un territorio povero.
Ci
vorrebbe una politica che ci ascolti, che ci da delle risposte rapide e
comprensibili, che ci da una giustizia delle cose concrete in modo rapido.
Nel giro di una settimana i piccoli
centri di Vieste e Cagnano Varano sono stati colpiti da atti criminosi di
sangue.
Di Alessandro
Ciavarrella, il ragazzino di 16 anni scomparso da Monte
Sant’Angelo la mattina dell’11 gennaio dello scorso anno, non si hanno notizie.
La giustizia è paralizzata mentre il ricordo di Alessandro sta lentamente
scivolando nel dimenticatoio tra omertà e silenzio.
Non ci resta che sperare nelle parole di don Giorgio Trotta,
parroco di Santa Maria di Merino, frazione di Vieste: «La mafia è fra di noi
e dobbiamo imparare a contrastarla prima di tutto con un nostro cambiamento di
pensiero»
Berto
Dragano