“Cambiando l’ordine
degli addendi il risultato non cambia”
di Giulio Giovanni Siena
Ho letto l’articolo di Giovanni Piano “Buon Anno San Giovanni Rotondo” (link) e ne
condivido ampiamente i contenuti, che offrono ulteriori spunti di riflessione.
Le tematiche affrontate mi hanno fatto rivivere la bella ed interessante esperienza di qualche
anno fa in seno al Movimento sociopolitico “Oltre le Bandiere”, vissuta assieme a tante persone per bene,
soprattutto giovani, che tentarono di individuare e contrastare le cause dei
mali della nostra città.
Certamente uno dei mali è, in generale, il comportamento degli elettori
che qui, come in ogni altro luogo democratico, decidono chi debba
rappresentarli.
Da noi, infatti, accadono cose anomale, incomprensibili. Prima si votano
coalizioni e rappresentanti politici, poi ci si lagna di loro e, se non riescono
neppure ad arrivare a fine mandato, si è pronti a riconfermarli, salvo poi a
lagnarsene nuovamente quando si presentano gli stessi problemi. E’ come se, crollato un palazzo difettoso, si
desse subito mandato di costruirne uno nuovo con gli stessi difetti. Quando poi
anche questo rovina al suolo, tra un piagnistei e l’altro ricomincia la giostra.
L’antivigilia di Natale l’Amministrazione Comunale è stata sfiduciata nuovamente. Quindi
fa bene Giovanni a chiedere ai politici: “E
se vi fermaste tutti un giro?”
La richiesta non è nuova.
L’8 dicembre 2007, dopo la caduta dell’amministrazione guidata dal
Sindaco Dott. Salvatore Mangiacotti, nel comunicato costitutivo del Movimento
Oltre le Bandiere pubblicato su questo portale (link) precisai,
in veste di segretario, che il movimento non avrebbe mai fatto alleanze con
partiti politici durante le elezioni
comunali.
Questa scelta non era casuale. Fu una sorta di “blindatura” che il
movimento volle darsi per garantirsi libertà dai lacci e lacciuoli partitici e dai veti incrociati che attanagliavano e immobilizzavano da lungo
tempo la vita politica e amministrativa sangiovannese.
Fu anche un modo per tenere lontane dal movimento le “regie occulte dei big” della politica
partitica, che dimostrava di essere fallimentare per la nostra città.
Il movimento precisò subito nello statuto che si sarebbe sciolto a fine
mandato.
Nel comunicato espressi l’avviso che i partiti, nel frattempo,
avrebbero potuto “concedersi una pausa
di riflessione e dedicare il loro tempo e i loro sforzi a stemperare gli animi
e gli attriti interni ed esterni, per poter aspirare a riprendere il loro
legittimo ruolo nell’organizzazione democratica con uomini nuovi “dentro”,
capaci di conformare ogni loro azione agli ideali posti a base dell’esistenza
stessa dei partiti.”
Noi del movimento , dunque, non eravamo contro i partiti. E neanche contro i politici, dei quali volevamo saggiare
le capacità di autocritica e spingerli verso il cambiamento.
Non c’era livore nei confronti dei partiti. Volevamo solo che i vari
esponenti dei partiti prendessero coscienza di una situazione divenuta
insostenibile per la città e che era necessario, appunto, che si fermassero un
giro.
Nel frattempo il movimento, pur nella consapevolezza delle difficoltà a
cui stava sarebbe andato incontro, si
offriva di prendersi cura della città, in un momento critico, e di tentare di
guarirla, con il concorso e il
contributo di tutti (che era fondamentale), per riconsegnarla alla cittadinanza.
Il segnale inviato ai cittadini e ai politici, vicini alle nostre idee
e disposti a uscire temporaneamente dai partiti, era chiaro: partecipare ad un grosso
progetto unitario, al fine di
condurre la città verso nuovi orizzonti.
Noi non avevamo assi nella manica per vincere. Non dovevamo averli! La
forza doveva venire dalla cittadinanza di San Giovanni Rotondo, perchè era la
città che doveva vincere. “Aiutateci ad
aiutarvi”, dicevamo, senza essere ascoltati.
Per sgombrare il campo da ogni possibile dubbio, precisammo che nessun componente del Comitato Direttivo si
sarebbe candidato o avrebbe reclamato poltrone, ovvero cariche assessorili. Per tutti noi, quindi, la politica era quella giustamente auspicata
da Giovanni Piano: gratuità e non
business e potere.
In quel progetto non esitammo a
metterci la faccia, ben consci che ci avremmo rimesso anche in proprio, in
termini economici e di tempo speso a favore della collettività, spinti com’eravamo
soltanto da quello spirito di servizio che dovrebbe animare chiunque voglia
intraprendere iniziative riguardanti la società civile.
Avremmo peccato di presunzione se avessimo pensato di poter realizzare un
progetto così ambizioso solo con le nostre forze. L’apertura all’esterno era
insita nella stessa natura del movimento. Facemmo dunque i nostri ripetuti
appelli per radio, sul sito internet o attraverso contatti diretti, al fine di far
entrare nel movimento più persone possibili, che condividessero le idee del
movimento.
Sapevamo che dal numero delle adesioni sarebbe derivato il successo o l’insuccesso
di Oltre le Bandiere. Riponemmo quindi tutta la nostra fiducia nei nostri
concittadini e sperammo fino all’ultimo che, spinte dal nostro esempio, persone
valenti che si erano allontanate dalla politica attiva, si riavvicinassero ad
essa, e, alla fine, si offrissero di candidarsi.
Pensammo – forse utopicamente, ma con determinata lucidità mentale – che quella fosse l’unica strada percorribile
per far uscire la Città dalla crisi, preoccupati com’eravamo del trasformismo
camaleontico dei partiti e della loro capacità di rastrellare voti con promesse
mirabolanti e con candidature basate soprattutto sulla vastità delle parentele.
Occorrevano regole nuove che andassero incontro alle aspettative dei cittadini.
Demmo quindi alle stampe anche un opuscolo contenete l’Atto costitutivo
del movimento, di cui venivano specificate idee e finalità.
il progetto di Oltre le Bandiere si basava su sette capisaldi, di cui
si avvertiva fortemente il bisogno, in una città che stava perdendo la sua
identità:
· la Riconciliazione tra i partiti e tra le
classi sociali;
· il Cammino di condivisione, che deve
spingere a mettere insieme le idee, il lavoro, i programmi;
· il Rispetto e l’Ordine, quale garanzia di pace, di tranquillità, di
sicurezza collettiva ed espressione di ordine sociale;
· la Solidarietà,che deve spingere tutti a impegnarsi per il bene del prossimo con la
disponibilità anche a “perdersi” a favore dell’altro invece di sfruttarlo, e a
“servirlo” invece di opprimerlo per il proprio tornaconto;
· l’Accoglienza e l’Ospitalità, che
deve caratterizzare coerentemente una Città internazionale come San Giovanni
Rotondo, la quale, nonostante tutto, continua a fregiarsi del titolo di “Città
della Riconciliazione e dell’Accoglienza”;
· la Competitività, da realizzare attraverso la valorizzazione
della Città, delle aree di elevato interesse naturalistico, dei prodotti della
sua terra, del contesto socio culturale e delle risorse umane e, inoltre, con
il potenziamento e la valorizzazione dei sistemi locali di sviluppo.
Si trattava di punti da coniugare e condividere, da migliorare insieme,
mettendo da parte l’appartenenza partitica e ribadimmo più volte che nessun programma poteva essere attuato
appieno senza la collaborazione attiva dei cittadini.
Il tempo era tiranno e non fu possibile fare di più.
A mio avviso non c’era nulla di utopico, nulla di ingenuo, nulla di
speciale in tutto questo. Rientrava semplicemente nella normalità delle persone
per bene, che aspirano a far vivere i loro figli in una città migliore.
Ed avemmo l’accortezza di mettere al primo punto del nostro programma “la riconciliazione dei partiti”, senza
la quale continueremo ad avere cadute rovinose, dalle quali diventa sempre più
difficile rialzarsi.
Oggi, come tre anni fa, si avverte nell’aria che i cittadini sono
stanchi di arrancare, di mendicare una politica che ponga al centro dell’attenzione
l’Uomo e la sua dignità; che sia
mediatrice degli interessi di tutti, dei cittadini, degli Enti, delle
Associazioni, etc.
“Voi che mi
ascoltate non siete semplici spettatori,
perché la politica siete anche voi, in quanto potete animarla e rinnovarla
con le vostre sollecitazioni e i vostri comportamenti, partendo dalle
situazioni che concretamente vivete, dai problemi che vi premono”.
Sì, le parole
di Capodanno del nostro Presidente della Repubblica calzano a pennello. Perciò
le riporto qui anch’io. Sono parole che tutti
dovremmo portare stampate nelle nostre coscienze.
Per l’attività svolta e per la validità del progetto socio-politico ricevemmo
il plauso di tantissimi concittadini e qualche volta… dei big della politica.
Ma la maggior parte delle
persone interpellate preferì restarsene nell’ombra per non esporsi. Alcuni
esponenti dei movimenti che ritenevamo più vicini alle nostre idee, non appena capivano
che Oltre le Bandiere non si sarebbe mai alleato con i partiti, si dileguavano.
Anche alcune persone che avevano contribuito alla nascita del movimento,
preferirono andar via.
La nostra scelta di correre da soli mirava anche a non farsi fagocitare
dai partiti, com’era già accaduto in passato ad altri movimenti, nati pure con intenti
costruttivi.
Ascoltammo il ritornello: “Correre da soli senza i partiti? Ma quali speranze
avete di vincere?”
Seguiva a ruota la più insensata e noiosa delle sentenze sangiovannesi:
“Da soli non si va oltre il tuppo!”,
come se la politica debba mendicare i diritti e non pretenderli. San Giovanni
Rotondo lo può fare, in tutte le sedi
istituzionali, alzando la voce o sbattendo i pugni, per ciò che essa rappresenta
nel mondo, certamente non per merito della sua classe politica.
Comunque, per tanti politici “vincere” sembrava essere l’unica cosa importante.
Già! “Vincere!”. Ma vincere cosa? Il Palio?
Ognuno fornisce il proprio mattone per realizzare l’immutabilità del
sistema, un sistema che favorisce una politica che penalizza i cittadini.
Invece, è la città che dovrebbe vincere, non chi fa politica!
Lo avevano capito quei giovani lodevoli
che accettarono di candidarsi nella lista del movimento, entusiasti del
progetto, ai quali il comitato promotore è immensamente grato, per la lezione che
hanno saputo dare a tutti. Essi avevano compreso che la realtà politica
sangiovannese può essere cambiata solo col pensare
utopistico, risoluto ed unitario dei cittadini. Sono loro, i giovani, la nostra
speranza. Essi non tentennano e non si perdono d’animo di fronte alle
difficoltà. Non ti voltano le spalle e, se si parla del loro futuro, sono
pronti a metterci generosamente la faccia ed il cuore.
L’utopia
non esiste. Non dobbiamo farci convincere che
l’uomo sia incapace di costruire una società pacifica, in cui sia la cultura a dominare e a regolare la vita sociale. Basta
volere!
Non credo che sia solo questione di “palle”, come qualcuno suggerisce, giacchè
talvolta vengono usate anche per litigare o per coartare le volontà altrui. Potrebbe
essere anche questione di comprendonio, la cui scarsezza conduce
alla rovina.
Tutti conosciamo i meccanismi della macchina elettorale dei partiti. E’
una fabbrica pianificata di numeri. E una buona fetta di voti si conquista
inducendo la gente a sognare posti di lavoro,
favori, diritti negati. E alla fine, quando vediamo che le cose vanno male,
piangiamo tutti noi stessi, vincitori e vinti.
Oltre le Bandiere non amava campagne elettorali siffatte, e questo può
aver influito, in certa misura, sul suo insuccesso elettorale in termini di
voti conseguiti. Ma credo che la mancanza di consensi sia dipesa soprattutto dalla
mancata comprensione del suo programma da parte di partiti, politici ed
elettori.
Nel 2008, in un intervento a Radio Montecalvo, il candidato sindaco di Oltre le bandiere,
Dott. Pietro Violi, subito dopo la prima
tornata elettorale, previde la caduta dell’amministrazione comunale che sarebbe
salita a Palazzo San Francesco (“cambiando l’ordine degli addendi il risultato
non cambia”) e aggiunse:
“Mi dispiacerebbe, un giorno, di dover dire ai
cittadini di San Giovanni Rotondo: “noi
di Oltre le Bandiere ve l’avevamo detto.” (link video)
Lo disse col dispiacere nel cuore per la città
che ama e con la “serenità dei 300 voti” che persone generose vollero donare al
movimento.
Forse Oltre le Bandiere non fece nulla di speciale, ma almeno i
suoi aderenti non vollero essere semplici spettatori della politica.
Oggi il Movimento non esiste più. Ma ha gettato un seme. Se non è caduto
su terra sterile quel seme germoglierà e le sue idee potranno continuare a
camminare sulle gambe di chi le condivide.
A prescindere dalla posizione politica di ciascuno, auguriamoci che
l’anno appena iniziato apra le porte ad un avvenire più sereno per la nostra
città.
Giulio Giovanni Siena