“Un paese senza ricambio nelle sue classi dirigenti
è anche un paese senza energia, senza vigore”
di Berto
Dragano
Oramai è certo
che il potere sia chiuso a chiave da un’oligarchia impermeabile al ricambio. e’ assodato che nella società politica
si ambisce ad una poltrona, una seggiola a vita.
La
carica a vita è la quintessenza del potere, la manifestazione più sonante e la
più odiosa. In politica i comandanti a vita sono cosa normale, tanto che i
cittadini non ci fanno più caso e viviamo in un paese in cui i politici hanno
in tasca l’elisir dell’eterna giovinezza fisica e mentale.
Negli
ultimi dieci anni i nomi politici che si sono susseguiti nel nostro paese sono
sempre gli stessi e soprattutto i fallimenti sono tangibili per chi ha un po’
di memoria storica del territorio.
E’ pur vero che
questi signori non stanno lì per divina investitura. Hanno vinto un’elezione, e
quella dopo, e quella dopo ancora. La loro permanenza nella carica dipende dal
giusto consenso cittadino.
La
loro storia illustra un paradosso della democrazia, che si trasforma in
monarchia proprio applicando la sua regola fondante, il procedimento elettorale
clientelare e non.
Questo non è
incoraggiante per i giovani che ambiscono a cambiare la rotta del proprio paese,
che naviga tra cambi di giunta, promesse non mantenute e delitti compiuti e da
compiere.
Ed è frustante
per la città nel suo complesso che osservando con distrazione la politica
locale compirà il sacro gesto del voto accompagnato da qualche suggeritore di
turno e si ricorderà che quel gesto è stato inutile e fazioso solo quando con
la propria automobile prenderà l’ennesima buca, si allagherà il suo interrato,
il territorio in cui vive è sempre più cementificato, i parchi attrezzati per i
propri nipoti sono cosa rara….
Stesse facce,
stesse storie.
Che questo si
determini attraverso un processo elettorale è un aggravante non una
giustificazione. Ogni qualvolta che ci rechiamo alle urne coltiviamo una
concezione astratta della democrazia, soprattutto quando si sceglie lo stesso
pazzo perché lo si conosce già è quindi fa meno paura di quello sconosciuto che potrebbe portare
idee nuove inaccettabili per le oligarchie al potere.
Un paese senza
ricambio nelle sue classi dirigenti è anche un paese senza energia, senza
vigore.
Oggi ci troviamo
di fronte ad una finta democrazia che subisce ancora il potere supremo di chi
ha trasformato l’arte di fare politica per produrre la felicità di una
comunità, nell’arte di “chi non sta con me e contro di me” senza possibilità di
confronto edificante.
La speranza è
che il popolo stesso possa riportare equilibrio ed equità ad un sistema
distorto, rigenerando la democrazia del nostro territorio, restituendo dignità
ad un paese che da tempo subisce instabilità e tante chiacchiere.
Mentre i
Politicanti cominciano ad occupare la piazza tramando fatti e misfatti che si
consumeranno agli angoli delle strade, soluzioni e ricette che si lanciano
nell’aria fresca della sera, noi cittadini pensiamo a quel gesto che ci
inviteranno a fare nella solitudine dell’urna, pensando a riqualificare il
gesto semplice e importante del voto, riappropriandoci del significato vero
della Politica, cioè: vocazione al
servizio della felicità dei cittadini. E non della felicità di pochi
singoli cittadini.
E se tutto
questo può apparire Utopia…
“Mi avvicino due
passi, lei si allontana due passi.
Cammino dieci
passi, e l’orizzonte si allontana dieci passi più in là.
Per molto che io
cammini, mai la raggiungerò.
E.
Galeano
A che serve l’Utopia? A questo: a camminare.
Berto Dragano