Riflessioni sulla diatriba tra pro e contro il comitato di accoglienza immigrati
Ogni qualvolta il comitato per l’accoglienza per gli immigrati e gli esiliati che scappano dalle guerre del nord Africa propone o pubblica un’iniziativa o un comunicato sul nostro portale, quest’ultimo, viene investito dalle “contestazioni” di alcuni nostri concittadini, che accusano e commentano scatenando un circolo vizioso di accuse e ingiurie reciproche.
In realtà penso che tali commenti siano innanzitutto fuori luogo in quanto sono accuse di non “fare” rivolte a chi, in ogni caso, ha deciso per una volta di “fare” qualcosa che abbia a che fare con il concetto di solidarietà.
In secondo luogo, le critiche sono logicamente e razionalmente sbagliate, tendenti a confondere due questioni, che per chi abbia un minimo di conoscenze dei temi e un barlume di lucidità e raziocinio, non sarebbero nemmeno accostabili, perché muovono da cause simili e speculari.
Da un lato abbiamo, infatti, dei ragazzi che scappano da zone di guerra presenti nel nord Africa. Guerre generate e condotte proprio dalle politiche neo-colonialiste di un occidente in crisi, che cerca di accaparrarsi risorse naturali finite, non sue, tentando di sottrarle anche con le bombe (vedi Libia) a Nazioni e governi sovrani e legittimamente possessori di quelle risorse (petrolio, oro, diamanti); il tutto in nome di una democrazia assolutamente da esportare anche a chi non la vuole. La stessa democrazia che effettivamente sta morendo come idea forma e sostanza proprio nei paesi occidentali, oramai non più sovrani nemmeno all’interno dei propri confini.
Dall’altra abbiamo una serie di cittadini italiani, e in questo caso sangiovannesi, in difficoltà economiche, occupazionali e sociali, che dovrebbero essere sostenuti e aiutati dai servizi sociali della Pubblica Amministrazione (e su questo ce ne sarebbero di cose da dire come sottolineato da qualcuno nei “commenti”) e del Welfare State; concetto che appunto è stato volutamente accantonato dalle stesse idee economiche che oggi, in crisi, muovono “bombe” e destabilizzano aree geografiche alla ricerca di qualche stock di petrolio. Le stesse idee economiche che emarginano e costringono le fasce più deboli della popolazione italiana alla miseria, per garantirsi un serbatoio elettorale ove attingere voti, in cambio di promesse spesso non mantenute, per non dire tradite.
Le stesse idee economiche che dapprima hanno determinato un mondo in cui, pochi Paesi stra-ricchi, legittimati dalla forza bellica e militare, consumano il 90% delle risorse planetarie a discapito di una maggioranza di paesi e individui che muoiono di fame. Popolazioni strozzate dalle logiche del liberismo del PIL che non racconta il benessere, affossate dal liberismo dei mercati autopoietici e deregolamentati, spolpate dal mercato delle banche, del debito e della forza militare. Idee che in una seconda fase, la nostra, stanno producendo, rafforzando e amplificando le stesse differenze (pochi ricchissimi, tanti poveri) all’interno dei propri stati e delle proprie società. Perché, per quanto se ne voglia dire, le ultime manovre economiche succubi dei dettami neo-liberisti, se non sono un assalto al ceto medio e un tentativo di impoverirlo, non riesco davvero a capire cosa altro possano essere.
Ne deduco che se intere fasce di italiani vivono in condizioni di estrema difficoltà la colpa sia attribuibile a chi è in cima alla scala dei poteri, e al mondo delle differenze e distinzioni che abbiamo aiutato anche tutti noi a costruire subendo senza muovere un dito le logiche dei favori personalistici, degli interessi privati a svantaggio di quelli collettivi. Un mondo cementato dall’egoismo di un sistema nepotistico che premia e ha premiato relazioni personali e raccomandazioni a discapito del merito, del bene collettivo, della razionalità, e della logica solidale che dovrebbe distinguere l’umanità dal mondo animale.
Ritengo, quindi, che queste accuse oltre che fuori luogo e fuor di logica, ottengano il solo risultato di contrapporre gli ultimi, di innestare una guerra tra poveri, cosa deprecabile sempre, figuriamoci oggi in un contesto di crisi storica, geografica, economica, generazionale che tocca tutti, tranne i soliti furbi e i soliti potenti. E chi scrive è un laureato, specializzato e disoccupato, e che ha comunque deciso di non prendere come pretesto discriminatorio la propria condizione per costruire altri muri, soprattutto tra gente in difficoltà e vittima come me delle scellerate politiche economiche e del modo individualista di concepire il mondo.
Purtroppo nella maggioranza dei casi, chiunque sovrapponga le due questioni, finisce con il fomentare la rivalità tra poveri, con l’alimentare pericolose inclinazioni razziste da caccia alle streghe, con conseguenze purtroppo drammatiche come dimostrano i fatti accaduti a Firenze in questi giorni.
Io credo che prima di additare, contrapporre e fomentare, occorra riflettere su quello che ognuno di noi fa e sulle proprie responsabilità. Questo fervore sociale e virtuale andrebbe rivolto non a chi è in difficoltà come noi, anche se di colore diverso, ma a chi nonostante sia responsabile continua ad ingrassare lì, nei piani alti della scala sociale e nelle inarrivabili stanze del potere, non solo politico, ma anche finanziario ed economico. Responsabili che invece continuiamo a difendere a pagare e idolatrare; stiamo parlando di chi ha le maggiori responsabilità della nostra situazione e a cui nonostante tutto affidiamo il compito di tirarci fuori da questo limbo. Stiamo chiedendo all’assassino di risolvere il caso di omicidio, mentre facciamo guerra ideologica a chi come noi ha ben poche colpe.
Il cambiamento può e deve iniziare dal basso, e ben venga quindi il comitato per l’accoglienza degli immigrati, e ben venga un altro comitato per i nostri cittadini più deboli. A mio avviso, il merito che ha questo comitato per l’accoglienza è l’esempio, è la novità, è quello soprattutto di tracciare una nuova rotta fatta di attivismo e non di parole. Una rotta di mobilitazione e non di deleghe, verso cui tutti a vario titolo, in vario modo e per motivi e scopi diversi possono decidere di salpare.
Pio Matteo Augello