Lettera alla Redazione
Grazie a questo portale e al post “Provocazione culturale”, sono venuto a conoscenza, al ritorno dalle ferie, dell’azione “futurista” di impacchettamento della Fontana “Luce di Dio” con quaranta rotoli di carta igienica. Un vero spreco!
La cosa lascia perplessi, ma offre lo spunto per fare un discorso più ampio, che prescinde, in parte, da quanto è detto nell’articolo.
Il mio pensiero è volato subito a qualche anno addietro, quando la durezza di un attacco alla fontana fu annaffiata da motivazioni di ordine goliardico.
Questa volta, invece, tanto per minimizzare la portata della “provocazione”, si fa appello al sense of humour dei sangiovannesi. Si buttano pietre e si ritira la mano.
Permettetemi di fare alcune osservazioni che possono aiutare a riflettere.
Non credo che sia stato saggio accostare al movimento futurista, fondato un secolo fa da Marinetti, un gesto che il mio scarso senso di humour mi fa reputare solo di cattivo gusto ed offensivo per la città di San Giovanni Rotondo.
Può darsi che agli inizi del novecento il futurismo fosse giustificato dalla necessità di scuotere una società troppo statica e legata a stereotipi “ammuffiti”.
Oggi, invece, necessita l’esatto contrario, cioè frenare il livello di decadimento politico, morale, culturale dovuto all’eccessiva “velocità” (termine molto caro ai futuristi) impressa al mondo moderno.
In nome di questa velocità e del “progresso”, si sta stravolgendo l’animo e gli stili di vita degli uomini che sembrano essere stati presi da una frenesia culturale sopraffatrice di tipo barbarico, anzi, oserei dire, talebano.
A questo io mi ribellerei, anziché prendermela con una innocua fontana, che cerca soltanto di rappresentare il cammino del popolo sangiovannese nel tempo, attraverso la rappresentazione simbolica delle vestigia antiche della città.
Non è un segreto che i futuristi si discostino quanto più è possibile dai valori morali, politici e culturali della mentalità del passato.
Invece il passato rappresenta il vero custode dei nostri Valori, forse dimenticati, ma che un giorno, se tutti noi li invocheremo con forza, sapranno risorgere dalle loro ceneri, più vigorosi di prima. (A tal proposito, invito il lettore a leggere il mio articolo Dio è morto? sul sito internet www.sangiovanni-rotondo.it )
Personalmente reputo le manifestazioni che si richiamano al futurismo, anacronistiche e dannose per la collettività. Del resto ai futuristi, fortemente individualisti, interessa poco il destino delle masse.
Nel Manifesto futurista di Marinetti si afferma:
“3-La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità penosa, l’estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
(….).
9-Noi vogliamo glorificare la guerra-sola igene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore.
10-Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.
11- E’ dall’Italia che lanciamo questo manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il Futurismo.“
In definitiva i futuristi bollavano la morale e tutto ciò che era antico, che consideravano vecchio e imbalsamato e, pur di annientarlo, inneggiavano anche alla violenza.
Inneggiando oggi al futurismo, si vuole per caso annientare anche la fontana Luce di Dio, e con essa la storia e la religiosità della città di San Giovanni Rotondo? L’articolo è un po’ ambiguo.
Se non è questo il fine dell’azione, come sicuramente sarà, perché é stata definita futurista?.
Perché nell’articolo si inneggia al centro storico? Tanto per solleticare anche il senso di humor degli autori, mi sarei aspettato, per coerenza con il futurismo, la proposta di raderlo al suolo con una bella ruspa! E non è detto che un giorno qualcuno non lo faccia davvero, considerata la poca stima che abbiamo del nostro patrimonio culturale ed artistico.
“Non v’è più bellezza – continua il manifesto – se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro”.
La fontana, secondo i neo-futuristi, non è abbastanza “aggressiva”, per essere considerata un capolavoro? Allora facciamone un’altra uguale, per raddoppiare l’aggressività!.
Come vedete, lancio anch’io qui alcune “provocazioni”, sperando che vengano accolte con altrettanto sense of humour.
Mi sia consentito di illustrare nuovamente, con qualche approfondimento, il mio pensiero su un’opera d’arte troppo bistrattata, secondo me ingiustamente.
E’ arcinoto che i blocchi geometrici di pietra della fontana si rifacciano simbolicamente alle fattezze di alcuni edifici di importanza storica della città, appena abbozzati, come le torri, il Palazzo dell’Università e la chiesetta di S. Giovanni Battista, detta “la Rotonda”.
La forma della fontana si richiama al cubismo, che, per ironia della sorte, è un altro movimento d’avanguardia di inizio novecento, a cui il futurismo non è per niente estraneo.
Il cubismo vede gli oggetti con l’occhio della mente e non con le pupille oculari, cogliendone gli aspetti essenziali in rapporto allo spazio e al tempo, fuori da ogni logica realista.
Si vuole condannare il cubismo, per questo? E perché allora non si condannano anche l’espressionismo, il dadaismo, il surrealismo , l’astrattismo o lo stesso futurismo?
In cima alla Rotonda, posta alla sommità della fontana, lo scultore Antonio Di Tommaso aveva collocato una piccola croce, poi rimossa, che sovrastava tutto il complesso.
Ai piedi della croce sgorgava un leggero fiotto d’acqua che si espandeva lungo la parete cilindrica della Rotonda e poi sulle altre superfici, sapientemente lavorate per essere lambite in ogni loro punto.
Uso l’imperfetto perché la quasi totale mancanza di manutenzione di questi ultimi anni, impedisce all’acqua di sgorgare e di svolgere la funzione vivificante e protettrice della fontana. Attila non saprebbe fare di meglio.
La “Rotonda” , ovvero la chiesetta dedicata a San Giovanni Battista, era originariamente un Battistero, sorto a sua volta sulle rovine di un tempio in cui , secondo la tradizione, nella notte dei tempi, si praticava il culto del dio Giano.
I papi di Roma usavano apporre un segno di croce sul culmine degli obelischi egiziani, per indicare la vittoria del cristianesimo sui caduchi simboli pagani. Pertanto, la croce piantata sul culmine del blocco rappresentante il Battistero rappresentava il passaggio dall’epoca pagana all’epoca cristiana.
L’acqua che sgorgava ai suoi piedi e innaffiava testoni di Giano, invece, rappresentava l’acqua battesimale, che purificava e santificava la nostra città, illuminandola di “Luce di Dio”. Una luce che ha folgorato il giovane San Camillo de Lellis, qui convertitisi nel 1575, e alla quale si è alimentato il “nostro” San Pio da Pietrelcina, che tanto bene ha fatto a questa terra baciata dalla Provvidenza, alla quale, purtroppo, certi cuori non riescono proprio ad aprirsi.
Questa è la lettura che io diedi alla fontana “Luce di Dio” e ringrazio il maestro De Tommaso di non essere stato troppo esplicito nello scolpire la fontana, obbligandomi a ricercarne il significato con il lume dell’intelletto, bene che contraddistingue gli uomini tra di loro, in base all’uso che ciascuno ne fa.
La fontana assumeva il massimo splendore nelle ore mattutine e crepuscolari, quando i raggi del sole colpivano le superfici bianche con l’angolo giusto, da oriente o da occidente, creando bagliori che si riverberavano attraverso i sottili fiotti d’acqua.
Può anche darsi che la fontana non sia eccezionale dal punto di vista estetico. Del resto nulla è bello in assoluto. Ma essa aveva una sua forte ed originale “personalità” ed interpretava bene, simbolicamente, il passato ed il presente di San Giovanni Rotondo, nel rispetto della storia e della tradizione.
Ma lo spirito irriguardoso dei mestatori di piazza verso la figura di Cristo indussero gli amministratori del tempo ad eliminare la croce, insinuando che essa faceva sembrare la fontana un… “ossario”. Poi attribuirono – altrettanto irriguardosamente – un simbolismo fallico al blocco cilindrico che, invece, rappresenta la chiesa di San Giovanni Battista, patrono della città.
Mi meraviglio che nessuno condanni l’uso blasfemo dei “grotteschi nomignoli”, attribuiti dagli estensori del post alla “fantasia dei sangiovannesi” e non ai diretti interessati. Detti nomignoli compaiono anche nei commenti dello stesso post, a dimostrazione dei danni provocati alla collettività da un certo modo di fare “cultura”.
Io continuo a chiamarla Fontana Luce di Dio. Le “brutture” sono ben altre.
La mancanza della croce e dell’acqua battesimale stravolge il significato della fontana, come se si volesse far regredire S. Giovanni Rotondo al ruolo di città pagana.
Guai se ciascuno di noi non fosse libero di apprezzare o di criticare qualunque cosa, soprattutto un’opera d’arte! Ma bisogna farlo con lealtà e ponderatezza!
Del resto se la fontana sia bella o brutta è una semplice opinione personale legata al gusto, alla formazione e alla cultura di ciascuno.
Questa o quell’opinione va rispettata, senza ergersi a paladini in crociate insensate destinate a non avere storia. Ed io rispetto il pensiero di chi, mosso dalla buona fede, esprime con pari dignità e serenità di cuore il suo punto di vista negativo sulla fontana o su qualunque altra opera d’arte, senza offese plateali per nessuno.
Nessuno, invece, ha il diritto di esprimere giudizi a nome di tutti, di falsare o mandare in malora la fontana, bene comune realizzato con i soldi dei contribuenti.
Per quanto tempo ancora, prendersela con una povera fontana, condannata a svolgere il ruolo di ricettacolo di immondizia?
A quando l’auspicata manutenzione che le restituisca bellezza e vita?
Intanto alcune lesioni apparse sui blocchi di pietra potrebbero dipendere dalla mancanza di acqua.
Articoli e commenti più appropriati sull’argomento potrebbe costringere all’ascolto chi fa orecchio da mercante.
Invece si plaude a certe “provocazioni” e si lanciano sfide con frasi insensate come questa: “nessuno ha il coraggio di difendere quel cumulo di pietre”.
Eccoti accontentato, caro Maxi! Sono qui, orgogliosamente libero di esprimere il mio pensiero a favore della fontana!.
Non capisco come si faccia ad essere tanto spavaldi nel danneggiare se stessi!
Si sono mai visti turisti lamentarsi della fontana? Io li ho visti solo usarla come sfondo per le foto ricordo.
C’è ancora chi è talmente cieco nella mente da considerare la fontana solo un semplice ammasso di pietre?
Se fosse realmente un ammasso di pietre, non provocherebbe tutto questo fermento.
Si restituisca la “LUCE DI DIO” alla fontana, dunque, rimettendo la croce di Cristo al suo posto!
Perché far prevalere, con la sua mancanza, i testoni di Giano? Perché falsare il messaggio che l’artista ha voluto lanciare?
I sangiovannesi non sono né pagani, né atei. Hanno una salda tradizione religiosa cattolica, culminata con la presenza di Padre Pio da Pietrelcina.
E’ un dovere di chi amministra la città di San Giovanni Rotondo, in primis del primo cittadino, fare la loro parte.
Si chiede quindi civilmente di agire, facendo cessare eventuali comportamenti omissivi da parte di chi è tenuto a manutenere la fontana.
Se invece dovessero esserci ragioni serie, che impediscono di riportare la fontana allo stato originario, qualcuno le illustri, qui o in un qualunque altro posto. Ma lo faccia.
Tanto per mantenere la discussione sui binari della critica costruttiva, si potrebbe dare più ampio respiro alla fontana, allargando la vasca e dandole la forma rotonda, senza spostarla. Ma è solo una proposta!
Naturalmente ritengo che nessuna modifica possa essere effettuata senza aver prima interpellato anche l’artista De Tommaso. Lo scultore potrebbe dare preziosi suggerimenti.
Alcuni giorni prima dell’inaugurazione, infatti, gli chiesi come mai avesse progettato una fontana così grande in una vasca così piccola. Malgrado fosse ricoperto da uno strato di polvere bianca dei lavori di rifinitura, notai il suo volto diventare cupo.
Esitò. Poi si sfogò dicendo che la vasca non era stato lui a progettarla, lamentandosi anche della forma appariscente delle teste di Giano. Lui le avrebbe volute più delicate, come i medaglioni raffiguranti Padre Pio, applicati sulla parete esterna del vasca.
Il problema quindi, a mio parere, merita un approccio diverso e non va risolto certamente con “provocazioni culturali” a base di carta igienica.
Giulio Giovanni Siena