La lettera aperta delle famiglie alluvionate
Siamo oramai alle soglie del primo anniversario (12 settembre c.a.) del violento nubifragio che ha investito la parte ovest del nostro Paese.
Evento catastrofico che ha causato ingenti sofferenze morali e fisiche e gravi danni economici a parte della popolazione e che ancora a distanza di 12 mesi permangono inalterati pur se accompagnati dall’indifferenza dei nostri amministratori e dal loro sforzo di tacere e dimenticare le conseguenze del disastro naturale.
I cittadini colpiti, lasciati soli a leccarsi le ferite già dal verificarsi della calamità naturale, si son resi pian piano coscienti che ognuno avrebbe dovuto provvedere da sé a dare soluzione ai vari problemi causati dall’alluvione.
Forse ciò che ha impedito a questi cittadini di far sentire con forza il loro sdegno è stata la speranza che le loro sofferenze e sacrifici potessero smuovere gli amministratori responsabili ad operare in modo da mettere al sicuro il territorio per evitare il ripetersi di eventi catastrofici di tale entità.
Lo definiamo paese, e non Città, perché si è veramente lontani dagli standard qualitativi di una città, in grado di rispondere alle emergenze con sinergia e accuratezza, si valuti attentamente l’operato disorganizzativo politico-amministrativo, incluso la protezione civile e le associazioni di volontariato, che in altre occasioni sono state all’altezza del loro immane compito.
Ma documentiamo dagli inizi e dettagliamo la situazione attuale.
Tra le 3 e le 8 del 12 settembre 2009 una precipitazione di notevole intensità ha coinvolto la parte ovest montana dell’abitato di San Giovanni Rotondo. Il paese è risultato isolato, per molte ore, provenendo da sud e da ovest. Una frana (o l’incuria di un cantiere?) si è generata da Valle Scura, a monte dei Cappuccini, e si riversata su tutta la zona. La colata detritica, di considerevole entità, con centinaia di metri cubi, ha investito Viale P. Pio e il Poliambulatorio, la strada del Sagrato della Chiesa S. Maria delle Grazie fino a Piazzale Forgione e viale Cappuccini. Parte del flusso si è riversato su Via Di Nunzio investendo anche parte della nuova chiesa e le aree a valle.
Da piazzale Forgione il corso dei detriti ha investito Via Campanini, Via S. Salvatore coinvolgendo le case di Viale Aldo Moro i cui interrati e garage si sono tutti allagati. Estesi depositi detritici si sono accumulati su Viale Aldo Moro tra la Caserma dei Carabinieri e il distributore Agip. Gli allagamenti hanno poi interessato la parte bassa fino a V.le della Gioventù.
Nella figura ormai nota del geologo Leonardo Di Maggio si nota il decorso delle acque e degli stessi detriti.