LibriAmo… speciale Giorno della Memoria, a cura di Renata Grifa
Il cablogramma dell’IBM a tutte le affiliate coinvolte con i paesi dell’Asse fu approvato. La disposizione di Watson dell’ottobre 1941 non ordinava alle affiliate di smettere di produrre schede perforate per la Germania nazista. Non ordinava di cessare tutte operazioni. non opponeva limiti ai progetti a cui avrebbero potuto partecipare. Non chiedeva ai funzionari dei paesi neutrali di interrompere ogni collaborazione con il programma di Hitler. Non impediva l’uso delle schede nei censimenti o nelle registrazioni. Non esigeva nemmeno che i pezzi di ricambio per le perforatrici non fossero più mandati nei campi di concentramento. Tutte queste attività continuarono.
Edwin Black
L’IBM e l’Olocausto. Non è un romanzo, è un saggio, è la nostra storia, è la verità che non viene detta, quella che sfugge ai più.
Sottotitolo: BUSINESS IS BUSINESS. Non importa quanti ne sterminerai, non importa se sei nazista, fascista o americano, l’unico dio da seguire è il dio denaro.
Sottotitolo del sottotitolo: TUTTI COLPEVOLI.
La parola Olocausto fa paura, tutti sappiamo cosa evoca, tutti almeno una volta nella vita ci siamo trovati davanti ad un filmato storico o ad una fotografia di centinaia, migliaia, milioni di corpi inermi, “spaventapasseri” li chiamano, “fantasmi”, “numeri in serie”, “quelli con la stella di Davide”, sono uomini, erano uomini. Uomini, donne e bambini che, potremmo quasi osar dire, per il capriccio di un singolo folle, si sono visti togliere dinanzi prima la dignità e poi il futuro, nel modo più atroce possibile.
Cortine di fumo aleggiavano su uomini resi insensibili dalle torture e dalla fame, uomini spossati che si lasciavano cadere a terra in attesa di abbandonarsi alla morte.
Certo, la storia la conosciamo tutti. Hitler al potere, la folle ideologia nazista per la superiorità della razza, gli ebrei colpevoli di tutto, deportazioni, internamenti, camere a gas, forni crematori, fumo, morte, tristezza infinita.
Ma ce lo siamo mai chiesto? Ci siamo mai chiesti come è potuto accadere l’Olocausto? Come avevano fatto i nazisti a selezionare le vittime? A ottenerne tutti i nomi? A far si che ogni treno viaggiasse puntuale, a sapere, quasi grazie ad una macabra magia, che ogni deportato corrispondesse ai requisiti richiesti?
Pensiamo forse che le SS, gli squadroni di assalto, i militanti nazisti siano andati a bussare ad ogni porta e chiedere l’identità di ogni singolo abitante della Germania? E poi della Romania, della Polonia e via via di ogni singola nazione sottomessa? Hanno fatto anche questo, ma solo dopo aver messo su il metodo più facile per ottenere quello di cui avevano bisogno: come Erode ai tempi di Betlemme, Hitler indisse un censimento nazionale volto ad identificare ogni singolo ebreo presente sul suolo tedesco.
Ma non lo fece con le sole proprie forze, si avvalse invece di quelle che era la più avanzata tecnologia del tempo nel campo della statistica, una tecnologia che non era tedesca e non era neanche europea, erano le macchine e schede perforate Hollerit fornite da una delle più importanti aziende americane di oggi e di allora, l’International Business Machines, meglio nota come IBM.
Quello che scrive in questo libro Edwin Black, giornalista americano di Washington, figlio di ebrei polacchi sopravvissuti a Treblinka, è un saggio storico che, sebbene abbia poco a che vedere con le descrizioni più poetiche (per quanto l’argomento lo consenta) dei romanzi con tema la Shoah, ci racconta una storia che ha dell’inverosimile, dell’impensabile.
Grazie a ricerche, documenti e centinaia di testimonianze il saggio si pone di dimostrare il ruolo fondamentale dell’International Business Machines e della sua filiale tedesca, la Dehomag, nella messa a punto di una delle macchine di sterminio umano mai prima di allora partorite dalla mente dell’uomo.
L’azienda americana, con a capo il controverso magnate Thomas J. Watson, fornì sin dagli albori del movimento nazista mezzi, uomini e tecnologie ben consapevole di quale fosse lo scopo ultimo del loro utilizzo: raccogliere quanti più dati possibile affinché la “soluzione finale” fosse applicabile in ogni singolo paese caduto sotto la morsa del nazifascismo, nel nome dell’unico e solo imperativo a cui credere, il profitto.
L’IBM era l’unico fornitore mondiale di schede perforate, schede su cui, come fosse una battaglia navale, ad ogni colonna corrispondeva un dato e ad ogni casella un altro.
Nominativo, religione, appartenenza politica, etnica, discendenza, professione. Tutto.
Venivano schedati uomini, donne e bambini che da lì a poco sarebbero diventati numeri, fino al giorno della loro morte per cause naturali C-3, esecuzione D-4, suicidio E-5, SB Sonderbehandlung, trattamento speciale, F-6.
Le macchine Hollerit erano dappertutto, negli uffici dei censimenti, nelle filiali, nelle stazioni da cui partivano i treni, nei campi di sterminio.
Più la guerra progrediva, più i profitti della Dehomag, e quindi dell’IBM, salivano, più Thomas Watson diventava il re assoluto della tecnologia.
Un rapporto così ben saldo quello con il Terzo Reich che gli valse persino una medaglia tra le più prestigiose di cui si potesse fregiare un non tedesco: la Croce al merito dell’aquila tedesca con stella, seconda solo alla Grande croce tedesca di Hitler.
Una tecnologia semplice ma messa a punto in modo così preciso da non risparmiare nessuno.
Nessuno si sarebbe salvato. L’umanità non aveva mai conosciuto nulla di simile. Mai prima di allora un numero così elevato di persone era stato identificato in maniera così precisa, così silenziosa, così rapida e con conseguenze di portata così vasta.
L’alba dell’informatica coincise con il tramonto della dignità umana.
Ma cosa vuole dirci Edwin Black?
Cosa vogliono dimostrare queste cinquecento pagine di nomi, date, dividendi, azioni societarie? Che forse senza la partecipazione dell’IBM all’identificazione degli ebrei avremmo potuto evitare lo sterminio? Che tutto si poteva evitare?
No. In un momento storico in cui è stata messa alla prova la già fragile capacità del mondo forse sarebbe andato tutto nello stesso modo, forse peggio, forse senza tecnologia vi sarebbero state azioni ancor più crudeli volte all’identificazione del nemico, ma leggendo queste pagine, leggendo tra i numeri che rivelano persone, leggendo col costante rumore dello sferragliare dei treni con a bordo voci, mani, occhi terrorizzati, ci si rende conto che la follia poteva essere rallentata, poteva essere ostacolata, e chissà magari una scheda in meno prodotta avrebbe significato una vita in più salvata.