Psicologia Sociale: lo studio delle relazioni interpersonali
A cura del dottor Antonio Pio Longo
Psicologo del lavoro e delle organizzazioni
In questo articolo della rubrica Virtual…Mente parleremo di un’area della psicologia definita Psicologia Sociale. Attraverso l’intuizione di alcuni studiosi vedremo come è nata e la Psicologia Sociale e come si è sviluppata fino ad oggi abbracciando tematiche e problematiche estremamente attuali.
La definizione migliore della Psicologia Sociale è quella fornita nel 1954 dai fratelli Gordon Allport e Floyd Henry Allport:
Possiamo dire che l’oggetto principale di indagine della Psicologia Sociale è l’influenza che gli altri e la società in generale esercitano sulle decisioni e sui comportamenti individuali, influenze che contribuiscono in modo decisivo alla formazione della nostra identità e comportamento. L’aspetto principale che distingue la Psicologia Sociale dalla Sociologia e dalle Scienze Politiche è che queste studiano l’istituzione e il gruppo mentre la Psicologia Sociale analizza e spiega i rapporti interpersonali e le relazioni umane attraverso i processi psichici che avvengono all’interno dell’individuo come emozioni, pensieri, atteggiamenti. La sociologia e le scienze politiche spiegano le azioni delle istituzioni e dei gruppi mediante i processi esterni e gli eventi che si sono susseguiti e si susseguono storicamente.
L’esperimento di Psicologia Sociale che ha dato il via alla nascita di questa area della Psicologia viene svolto nel 1897 da Normann Triplett che intuì come la prestazione degli atleti cambiava considerevolmente tra gli allenamenti e la gara. Egli intuì che vi fosse un qualche tipo di influenza che operava un cambiamento nella mente degli atleti tra gli allenamenti, dove non ci sono spettatori, e le gare ufficiali dove la presenza del pubblico faceva la differenza. Approfondì la sua intuizione facendo due famosi esperimenti sui bambini che avvolgevano una corda: in una versione i bambini la avvolgevano da soli senza “spettatori”, nell’altra vi erano altri bambini che li osservano mentre lo facevano. Triplett osservò che la prestazione dei bambini era migliore nella seconda versione, quella dove c’erano altri bambini “spettatori” ad osservarli. Chiamò questo fenomeno “facilitazione sociale.” Qualche anno più tardi, nel 1880, un altro studioso di nome Max Ringelmann arrivò a conclusioni simili ma opposte facendo più o meno lo stesso esperimento: in una versione i bambini tiravano una corda in gruppo, come una squadra, nell’altra versione lo facevano da soli, singolarmente. Egli notò che l’impegno individuale dei bambini era molto inferiore quando tiravano la corda in gruppo, cioè la forza e l’impegno messo in campo nel gruppo da ognuno di loro era minore rispetto a quando lo facevano da soli.
Questi due semplici esperimenti misero in evidenza come la presenza degli altri può essere decisiva nella creazione dei nostri comportamenti e delle nostre emozioni, cioè può aumentare o diminuire il nostro impegno ad esempio, quindi attivare o disattivare risorse personali.
A rendere più chiaro questo aspetto dell’influenza sociale degli altri su emozioni e comportamenti personali, ci pensò Kurt Lewin che spiegò questo fenomeno attraverso la Teoria del Campo. Ispirandosi alla teoria dei campi magnetici di Maxuell, sviluppata negli stessi anni, paragonò l’influenza sociale all’influenza magnetica che le particelle subiscono all’interno di un campo magnetico. Ogni oggetto presente nel campo magnetico, ogni particella, si muove insieme agli altri oggetti in base alle proprie caratteristiche individuali ma tutti gli oggetti presenti nel campo sono influenzati dal magnetismo generale che si viene a creare. Lo stesso avviene in Psicologia dove gli oggetti presenti nel campo, le particelle, sono le persone con le loro individualità e relazioni interpersonali, e il campo magnetico è l’insieme di tutte le relazioni e dinamiche che ne scaturiscono. Lewin spiega come un gruppo non è mai il risultato della semplice e riduttiva somma degli individui che lo compongono (oggetti presenti nel campo magnetico) ma è un organismo complesso a se stante che sintetizza e raggruppa tutte le relazioni e le emozioni che si vengono a creare al suo interno. Il totale è molto di più della semplice somma. É come dire che il totale di 2+2 può anche essere 5 oppure 6 ma anche 3. Lewin evidenzia come al di lá della propria personalità vi sia anche una influenza ambientale che determina sia la nostra identità che i nostri comportamenti perchè siamo tutti immersi nello stesso campo magnetico caratterizzato ad esempio dagli aspetti culturali e dalle norme sociali propri dei gruppi a cui apparteniamo: uomini o donne, cattolici oppure ortodossi, di destra o di sinistra…
Questa teorizzazione operata da Lewin intorno agli anni 40/50 del secolo scorso, ha profondamente influenzato l’approccio che la psicologia sociale ha continuato a seguire fino ai giorni nostri.
Infatti a partire della teoria del campo di Lewin si sono sviluppate altre aree di interesse proprie della psicologia sociale come ad esempio la Psicologia delle Organizzazioni, la Psicologia del Lavoro, la Psicologia della Comunicazione e della Persuasione, della Leadership, la Psicologia di Comunità. Aree che sono fortemente caratterizzate dalle interazioni tra persone che compongono lo stesso gruppo ma anche dall’interazione e cooperazione tra gruppi diversi di persone. La Psicologia Sociale studia e spiega scientificamente queste dinamiche.
Fermiamoci un attimo soltanto a riflettere…
Quali sono e quanti sono i momenti in cui le nostre azioni, pensieri, emozioni non nascono in funzione degli altri?
Esiste una società oppure una comunità in cui gruppi di persone non interagiscano tra loro?
La psicologia Sociale avrebbe senso su un’isola deserta abitata solo da noi stessi?
Senza la presenza degli altri (gruppi e persone) saremmo le stesse persone in termini di identità personale e stile comportamentale?