LibriAmo a cura di Renata Grifa
Finalmente stavo facendo qualcosa che aveva davvero senso.
Dormire mi sembrava produttivo, come se qualcosa venisse risolto.
La mia vita passata sarebbe stata solo un sogno, e avrei potuto ricominciare senza rimpianti, rafforzata dalla beatitudine e dalla serenità accumulata nel mio anno di riposo e oblio.
Ottessa Moshfegh
Dormire.
Per un anno intero.
A qualsiasi costo.
Abbandonarsi ad un anno di sonno e oblio per fuggire dall’incapacità di saper trovare la forza per reagire alle delusioni più o meno gravi che all’improvviso la vita ci mette davanti.
Questo il riassunto molto sintetico di quel mondo tanto plausibile quanto surreale che Otessa Moshfegh racchiude in una New York degli anni 2000 dove la protagonista, una bella, ricca e giovane donna dell’Upper East Side di Manhattan, decide di lasciare il mondo fuori dal suo appartamento e abbandonarsi ad un sonno perenne, seguendo un organizzato e dettagliato programma fatto di sonniferi, ansiolitici e narcotici di ogni genere.
Il primo apparente motivo di questa scelta è una delle più grandi delusioni d’amore che la protagonista sembra dover affrontare, delusione che in realtà, tra ingestioni e indigestioni di Xanax, Ambien, Nembutal e altri farmaci dal nome bizzarro, cela una più grande tragedia esistenziale.
Sebbene la nostra “bella e addormentata” ce la metta tutta per dormire indisturbata la sua routine sonnambulica verrà più volte interrotta da personaggi altrettanto surreali, prima tra tutti la complice di questo piano scellerato, ovvero la dottoressa Tuttle le cui incapacità mediche giustificano la sua abilità nel riuscire a procurarsi quantità generose di ogni tipo di farmaco.
Unico rapporto umano e reale sembra essere quello con Reva, migliore amica e comunque mal tollerata, che riesce in ogni caso e in modo non voluto a staccarla per un po’ dall’oblio e riportarla nella vita reale e inevitabilmente al passato, ai suoi fantasmi e alle sue mancanze.
“Volevo conservare la casa come una lettera d’amore.
Era la prova che non ero sempre stata sola al mondo. Ma mi stavo anche aggrappando alla perdita, al vuoto della casa, come per confermare a me stessa che era meglio essere soli che intrappolati con persone che avrebbero dovuto amarti ma non potevano farlo”.
Sebbene il tema affrontato in questo strano romanzo sia delicato e importante il racconto scorre fluido e veloce.
La protagonista proverà di tutto per sfuggire alla sofferenza, arrivando a premeditare anche un eventuale non risveglio pur di smettere di sentirsi solo una presenza vana in una vita che l’ha condannata a non godere mai della sua totale pienezza.
Ma più cercherà di ignorare il dolore più questo le si presenterà davanti fino a quando sarà lei stessa a comprendere che l’unico modo per affrontare il buio della notte sarà affidarsi alla forza e bellezza della luce del giorno.