L’altra Pandemia
Le donne: tra violenze e sogno d’amore
A cura della dottoressa Maria Erika Di Viesti
Psicologa clinica e della salute
Formata in Psicodiagnostica clinica e forense e Neuropsicologia clinica e riabilitativa
Si è registrato nell’ultimo anno un boom di chiamate ai centri antiviolenza per le donne. La pandemia da coronavirus e le restrizione anticontagio hanno purtroppo significato per molte donne già vittime di violenza un aggravamento del problema. Una triste realtà che grida vendetta. Che urla nel silenzio della paura un disagio da sempre dilagante, ma che ad oggi ha raggiunto una risonanza intollerabile! Secondo i dati dell’ONU, quest’anno sono previsti 15 milioni in più di casi di violenza domestica.
In Italia secondo i dati ISTAT c’è stato un incremento del 73% di chiamate al numero antiviolenza, il 45,3% delle vittime ha paura per la propria incolumità o di morire, il 72,8% non denuncia il reato subito. 30 le donne uccise nei primi 5 mesi del 2020.
Nel 2021 sono morte 65 donne per mano di chi dichiarava amore.
La coppia, la propria abitazione, assumono non più significato di porto sicuro, ma di paura.
Ma sappiamo davvero cosa vuol dire violenza sulle donne?
Partiamo da una definizione semplice: per violenza si intende ogni atto teso ad imporre una non libera scelta o punizione a cui segue uno stato di vittimizzazione e/o prigionia. Esistono diversi tipi di violenza: fisica, psicologica, maltrattamento. La violenza fisica è sicuramente la preoccupazione principale, che non deve prevedere nessuna forma di tolleranza. Non si può parlare di cause di tale fenomeno ma piuttosto di “fattori di rischio” che possono contribuire alla violenza da parte di un uomo.
E possono essere:
- basso livello d’istruzione
- violenza come modalità e fattore culturale
- abuso di alcool
- disparità di genere.
Ma non dobbiamo essere semplicisti o sbrigativi nel dare spiegazioni o nella ricerca delle cause, perché la dinamica è di per sé abbastanza complessa.
Cosa spinge un uomo verso una forma di “amore” cosi insana, che sa di tutto fuorchè di amore?
La violenza in senso generale ha una origine ancestrale, primordiale, ma in alcuni casi anche funzionale. Ma il femminicidio, in una società civile, quale dovrebbe essere questa in cui viviamo, emerge dal profondo di un retaggio istintuale, come esigenza estrema vissuta come impellente, necessaria, irrefrenabile, a rappresentare inconsciamente un disagio, una contraddizione, o una contrapposizione.
IL FEMMINICIDIO È IL SINTOMO DI UN FALLIMENTO EVOLUTIVO, SOCIALE E SOGGETTIVO.
La violenza nasce all’interno di un vissuto primitivo che resta “registrato” nella mente, e giace silenzioso nelle sue parti più recondite, pronto a scattare quando si presentano situazioni che non si è capaci di affrontare con la ragione. Quello che si muove nella mente di questi uomini quindi si lega su un livello emotivo a motivazioni primordiali, l’incapacità, il fallimento della gestione razionale di un dispiacere, una paura, un dolore che, per quanto grande possa essere, non può essere giustificato in alcun modo se espresso su questi livelli!
La violenza sulla donna mira al controllo attraverso la paura. L’abuso su ogni fronte, economico, fisico, psicologico, avviene per rendere il partner completamente dipendente.
Questi comportamenti non vanno giustificati e non possono restare impuniti.
E allora bisogna reagire… …
… stringere lo stomaco e vomitare finalmente coraggio. L’amore non è sottomissione, non bisogna cedere ai ricatti del proprio senso di colpa, o di impotenza.
… sensibilizzare a denunciare, a dare voce a certi atti di “amore” che viene pretenziosamente iniettato come veleno, e che come il veleno, alle volte, uccide.
… dare voce al coraggio, alla propria dignità e ai propri diritti, non di donna, non di uomo, ma di esseri umani!
… dare voce al proprio desiderio d’Amore. Quello vero, quello che non esiste solo nelle favole. Tutti hanno il diritto e il dovere verso se stessi di scegliere la propria favola.
Possibilmente a lieto fine. Tutti, anche tu!