Amici o nemici? Il potenziale insito nei sintomi dell’anima
A cura della dottoressa Pamela Longo
Psicologa e Psicoterapeuta
Le persone che rivolgono una domanda d’aiuto spesso si presentano attraverso una descrizione dettagliata dei propri sintomi, come se questi diventassero la carta d’identità della persona stessa. Una descrizione, spesso, carica di rabbia e disappunto per ciò che sta accadendo, e la richiesta di eliminare nel più breve tempo possibile quella condizione che appare estranea a sé.
Eppure i sintomi sono portatori di una storia, ci comunicano che si è “rotto” un equilibrio, richiamano la nostra attenzione e ci ricordano quanto sia importante prendersi cura di sé stessi.
La parola “sintomo” nel linguaggio medico indica la presenza di un fenomeno che causa uno stato di malessere. In medicina, infatti, il sintomo è indice di una condizione patologica, di un’irregolarità nel funzionamento dell’organismo. Nella percezione comune, è anche per questo, vissuto e considerato come l’effetto di una condizione da eliminare prontamente.
Il sintomo dell’anima, invece, racchiude in sé un significato profondo, spesso negato, ma connotato di un fascino straordinario poiché cela dentro di sé un significato nascosto. Concentrarsi esclusivamente sull’eliminazione del sintomo, considerandolo come un nemico o una condizione da debellare, vuol dire negare ogni possibile occasione d’esplorazione del significato di quel sintomo e di conseguenza non riconoscerne la vera radice.
La sua comparsa, molte volte dolorosa, è salvifica, nella misura in cui il sintomo viene a ricordarci di ritrovare il senso della nostra direzione.
Mentre la febbre ci allarma sulla presenza nel nostro corpo di un’infezione o qualsiasi altra condizione che merita un maggiore approfondimento, così i sintomi ci richiedono di prenderci uno spazio e dare ascolto alla storia che quel sintomo ci racconta. La condizione di malessere che ne segue fa sì che si senta necessario un cambiamento, che in taluni casi consiste nell’ignorare quel sintomo apportando delle modifiche nella realtà che ci circonda, nell’apparente illusione di aver trovato una soluzione e che spesso si traduce in uno spostamento o un ripresentarsi di una situazione di malessere non appena si perde il controllo.
Altresì è possibile, solitamente è la condizione dei più coraggiosi, decidere di accogliere quel sintomo, non giudicandolo, ma provando a prendersene cura, provando a dare un senso ed un significato al “messaggio” che quel sintomo porta con sé, provando attraverso la scoperta del messaggio privato e personale, a provare a dare ascolto alla storia che quel sintomo racconta, di andare a vedere più da vicino quell’equilibrio e il perché di quella rottura, e mentre questo accade, il cambiamento comincia, il senso delle cose assume un significato diverso. Mentre “cambia” l’esterno, ci accorgiamo di come quel cambiamento sia partito dalla nostra presa di consapevolezza.
Il sintomo dunque, seppur attraverso lo spavento, la sensazione sgradevole e attraverso la condizione di disagio, ci consente di risvegliarci, di provare a comprenderne il significato e la ragione che lo ha riportato all’attenzione della nostra coscienza. Se riconosciuto e accolto, attraverso una “analisi” attenta del valore simbolico del sintomo, è possibile giungere ad una conoscenza profonda del nostro essere.