S.O.S. CAPRICCI
A cura della dottoressa Valentina Turco
Psicologa clinica e psicomotricista in formazione
Se chiediamo ai genitori quali sono le principali difficoltà che incontrano durante la prima infanzia, con tutta probabilità, sicuramente ci risponderanno i capricci. Alcuni bambini cominciano a manifestare questi comportamenti intorno ai due anni, periodo infatti denominato “terrible two”, mentre altri li rinviano fino alla soglia dei quattro anni, ma tutti i bambini, ognuno con la sua personale variante comportamentale, mostrano questo comportamento molto frustrante e molto difficile da gestire per il genitore.
Ma in realtà cosa sono quelli che noi comunemente chiamiamo capricci?
Questi comportamenti, spesso caratterizzati da pianti inconsolabili e urla, altro non sono che episodi fisiologici di disregolazione emotiva e comportamentale molto tipici che in genere si esauriscono e spariscono, se adeguatamente gestiti, verso i 5 anni. “Un capriccio” si verifica in una situazione in cui il bambino ha un fortissimo desiderio di volere qualcosa o qualcuno e deve fare i conti con l’enorme frustrazione di non poterlo realizzare, assolutamente non è un atto di sfida verso il genitore, né di maleducazione, come erroneamente molto spesso si pensa.
Quello che noi vediamo esternamente nel bambino durante la sua crisi è un insieme di manifestazioni emotive e comportamentali molto intense “apparentemente” inopportune, ma se noi proviamo a guardare oltre, al di là dei suoi comportamenti, possiamo osservare una comprensibile immaturità fisiologica nel gestire sensazioni ed emozioni molto molto intense come la rabbia, la delusione, la tristezza e il compito del genitore non è “eliminare il capriccio” ma aiutare il bambino a fare i conti con questa esperienza molto faticosa. Pensare di poter eliminare i capricci è un’aspettativa “irrealistica”, infatti gli adulti non devono avere come obiettivo eliminare il desiderio che ha innescato il capriccio o far capire che quel desiderio non è ragionevole, ma aiutare i bambini a fare i conti con la frustrazione che deriva dal fatto che quel desiderio non può essere esaudito. Il fatto che un bambino in quel momento non capisca e non accetti quel limite non significa che l’intervento del genitore stia fallendo, il genitore deve mettere un limite se quel limite è protettivo, ma allo stesso tempo i bambini hanno il diritto di sentirsi frustrati se non possono realizzare quello che vogliono.
E allora cosa fare quando s’innesca un capriccio?
Il compito del genitore è stare accanto al figlio con empatia e rispetto, provando a dargli, un passo alla volta, gli strumenti per attraversare la crisi emotiva. È molto importante accogliere la sua emozione e il suo bisogno, senza giudicarlo, inoltre proviamo noi a nominare l’emozione e a verbalizzarla per lui, perché come abbiamo detto lui non è ancora in grado di farlo. Infine, normalizziamo quello che sta provando, facendogli sapere che quello che prova va bene e ha ragione di sentirsi così, condividiamo la sua emozione mettendoci nei suoi panni, facendogli capire che anche noi l’abbiamo provata. Per concludere proviamo a trovare insieme una soluzione per sentirsi meglio e ritrovare il suo equilibrio emotivo.
Non dimentichiamoci che non esistono bambini, genitori o situazioni uguali per tutti, l’idea è quella di adattare l’approccio in base a ogni particolare bambino, alla situazione e alla giornata. È importante essere flessibili, mostrare comprensione per i sentimenti, ricordandoci che minacciare, arrabbiarci o mettere in punizione non è la strada giusta.