“MORAL SHALLOWNESS”: la “cretinaggine sociale diffusa”
A cura della dottoressa Maria Erika Di Viesti
Psicologa clinica e della salute
Formata in Psicodiagnostica clinica e forense e Neuropsicologia clinica e riabilitativa
Che bella questa percezione che abbiamo che i social o il mondo virtuale in generale ci diano questa “consapevolezza” di sapere tutto, di poter arrivare a conoscere tutto: notizie, cronaca, storie personali, principi di farmaci, somministrazioni, ricette, allenamenti… ad oggi siamo insomma tutti un po’ “tuttologi”.
Numerose indagini e ricerche abbattono quel mito secondo il quale le milioni e milioni di interconnessioni, di scambi di chat e di scorrimenti fra i social ci renderebbero persone più informate, culturalmente ricche e complete. Ma ahimè queste stesse indagini ci dicono esattamente il contrario: non esiste credenza più errata.
Abbiamo perso quella capacità di fare per davvero un salto di qualità culturalmente parlando, siamo paradossalmente diventati incapaci di curiosare e approfondire seriamente: in breve, siamo diventati tutti più superficiali.
Non esiste più l’approfondimento di qualcosa, la concentrazione per imparare ed assimilare un argomento in maniera fruttuosa e formativa, in modo realmente utile ed efficace. Oggi abbiamo accesso a tutti, tanti e troppi stimoli informativi, dei quali purtroppo l’utilizzo è quasi sempre improprio e privo di credibilità proprio per la mancanza di approfondimento e la conoscenza poco solida e scarna delle materie “apprese”.
In breve, sappiamo tante cose ma allo stesso tempo abbiamo poca credibilità. Sappiamo tutto ma effettivamente, non sappiamo niente.
Questo fenomeno è noto come “Moral Shallowness” ovvero “cretinaggine sociale diffusa”.
Il mondo è cosi pervaso dalle cosiddette convinzioni (o credenze) limitanti. Partiamo dal dire che cosa è una credenza: è una sensazione di certezza riguardo a qualcosa o a qualcuno,un’idea in pratica della quale siamo fermamente convinti. Essere convinti di avere un arguto senso dell’orientamento, seppur in quella città non ci siamo mai stati, essere convinti della propria bellezza, convincersi di essere bravi a ballare e cantare, credere di non essere portati per una materia piuttosto che per un’altra… ecco, questi sono esempi tra i più elementari e superficiali tipi di convinzioni. Le credenze nello specifico si dividono in tre tipi: le credenze generali (che riguardano il mondo e come noi lo vediamo), le credenze personali (tutte le credenze che abbiamo su noi stessi), e le regole (quei concetti che hanno a che fare con cosa noi crediamo giusto e cosa sbagliato).
Queste convinzioni le possiamo suddividere in: potenzianti e limitanti. C’è da precisare che qualsiasi convinzione limitante può diventare potenziante purché si prenda consapevolezza che il limite è un ostacolo a qualsiasi tipo di crescita morale, intellettuale e sociale.
Ovviamente da questo concetto possiamo evincere che le azioni che noi compiamo sono direttamente proporzionali alle convinzioni che abbiamo, e quindi da qui scaturisce quella che poi viene definita personalità di un individuo. Sarebbe inutile quindi aggiungere che le convinzioni limitanti sono un evidente ostacolo e per le capacità e per il raggiungimento di obiettivi.
Ma ora
torniamo un passo indietro, lì dove i social media danno un importante
contributo alla strutturazione di credenze e convinzione sulla base della piena
superficialità.
Dove non solo sappiamo di non sapere nulla, ma peggioriamo ulteriormente rendendo i nostri obiettivi di vita vuoti e frivoli, privi di sostanza e fondamenta.
Alcune ricerche hanno evidenziato quali sono i temi più indagati e ricercati, quelli che stimolano di più interesse e curiosità: la cura dell’immagine, sciocchezze quotidiane, e come avere uno stile di vita entusiasmante. Insomma, sembrano davvero distanti anni luci quegli obiettivi di una autoanalisi e di un percorso ricco di obiettivi solidi ed edificanti.
Insomma , il multitasking social non sembra essere per nulla una buona trovata o qualcosa di altamente formativo. Anzi, qui vediamo proprio come c’è lo spegnimento del pensiero, o proprio del pensare, del porsi obiettivi, delle elaborazioni nella conoscenza, negli approfondimenti, nella curiosità. Ci viene in pratica impedito anche lontanamente di pensare a qualcosa di più ampio, di più profondo, di più autentico.
Anzi che dico! Non ci viene impedito, ce lo impediamo!
Ma tutto questo che sto dicendo in fin dei conti potrebbe toccarci molto poco perché poi, alla fine della fiera, tutti noi raccontiamo che “non siamo tra quelli che si fanno influenzare dai social” o “che stanno sempre sui social”, giusto?
Voglio concludere con una osservazione di Logan Annisette, che nella sua semplicità è un incisivo spunto di riflessione.