“Preparare la via del Signore”
a cura di
don Carlo Sansone
La via del Signore è l’umanità, la via percorsa da ogni persona, la via della storia, in cui Dio entra fisicamente e si manifesta come colui che è con noi, l’Emmanuele: Dio con noi, Gesù Cristo. Egli cerca le sue creature per condurle fuori del deserto delle infedeltà e della schiavitù, nella stabilità della dimora che la rivelazione descrive come “nuovi cieli e terra nuova” (2Pt. 3,8).
Il deserto è la non vita, l’infedeltà è la non vita, la schiavitù è la non vita, ma la vita non può essere asservita, poiché il “Signore non ritarda nell’adempiere la sua promessa. Come certuni credono” (v.9). L’attesa del compimento della salvezza non solo è operosa, ma comunica il sentimento di una gioia che l’arricchisce e la libera da ogni pretesa di identificarla con il merito. E’ un dono per chi si dispone ed è nella verità della sua condizione: ricevere il battesimo della conversione per entrare e vivere nel battesimo con lo Spirito Santo (cfr. Mc 1,4.8).
Ciascuno è chiamato a misurarsi con ogni forma di lontananza da Dio, ma Gesù nel rivelarci Dio Padre e la sua stessa persona ci ricorda: “Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv.15,11).
La gioia cristiana è uno stato di vita di letizia d’animo ‘situato’ nella certezza “perché è fedele colui che ha promesso” (Eb. 10,23). L’avvento, la vita stessa, è tempo di verifica di ogni scelta, di ogni strada che si percorre. Spesso si usa la parola crisi scambiandola con uno stato d’animo di afflizione, di prova, di fallimento; la crisi è rinnovamento, conversione che richiede cambiamento di mentalità per poter cambiare il comportamento. Preparare la via del Signore è decidere di convertirsi accogliendolo non come ospite ma come signore e pastore della nostra vita. La conversione è: appianare la strada…per il nostro Dio; colmare le valli, abbassare i monti, trasformare il terreno accidentato in piano, lo scosceso in pianura (cfr. Is. 40,3-4). Ogni situazione di peccato che rende impraticabile la strada della vita, deve essere rimossa, ricevendo il perdono mediante il quale la strada della mia vita è quella di Gesù. E’ la strada dell’incontro per alcuni, per altri del ritorno. Preparare la via del Signore è riconoscerlo Dio con noi, l’Emmanuele, impegnandoci come suoi testimoni e collaboratori.
Essendo opera di Dio, ciascuno di noi è progetto di Dio, si richiede che nella tentazione, nel peccato di allontanarci da Dio, nel gesto insano di pretesa di doverlo giustificare a partire da Adamo e non da Gesù, è opportuno ricordare che la rivelazione ci insegna che Dio “usa pazienza…non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi” (2Pt.3,9). Non è rara la tentazione, commesso il peccato, di pensare che Dio possa stancarsi di noi, che la frequenza del peccare possa convincere che Dio abbandoni al sua creatura.
Ci si chiede se Dio può rinunciare alla sua creatura, se “Non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?” (Rm. 8,32). L’avvento, attesa del suo ritorno ed esperienza della sua presenza fra noi, ci rassicura della sua pazienza e sapienza perchè: “Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo” (2Pt.3,8).
Pertanto la vigilanza, l’attesa, la pazienza, decidono della nostra credibilità di credenti, uomini di fede e di Chiesa, sono aspetti e dimensioni della croce che ciascuno deve portare come pedagogia di Dio, da figli nel Figlio.
Ciò che credevamo essere nostro è da vivere come dono del Signore, ma quando ritornerà troverà la fede? Durante la celebrazione eucaristica, prima della comunione sacramentale diciamo: non guardare ai nostri peccati ma alla fede della Chiesa, la fede di chi può dire: sulla tua parola, Signore, getto le reti.
Vi sono molti segnali di mancanza di esercizio di fede, intesa come fede nel tempo, fedeltà; a causa di idolatria che registra guerre, morti, fame, inganni, gruppi di potere, divisioni, cultura della rivendicazione e dell’accusa per esempio nella politica, il potere di chi “crede di stringere oro, ma cola dalle mani sabbia”. La casa non si può costruire sulla sabbia ma sulla roccia: Cristo.
Forse nel nostro operare, nella testimonianza di vita cristiana, nella pastorale, dovremmo recuperare il ministero della consolazione che non va inteso o confuso con l’approssimazione di un sentimento fugace, di circostanza, di garantismo consolatorio di promesse disattese, ma c’impegna profeticamente e dire: “Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro patrimonio per ciò che non sazia?” (Is.55,2).
“Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me” (Is.1,2)
“Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio…Egli viene a salvarci” (Is.35,3-4).
Sac. Carlo Sansone