“La mia sfida è la seguente: ammodernare questa città”
di Francesco Melchionda
Pubblichiamo di seguito l’intervista effettuata da Francesco Melchionda al sindaco Salvatore Mangiacotti. I contenuti sono divulgati integralmente, ovviamente sotto la piena responsabilità dell’autore, così come sono giunti alla nostra redazione.
Con tale pubblicazione, sangiovannirotondenet.it vuole ancora una volta lanciare l’invito a quanti in qualche modo vogliono fornire la loro opinione, i propri suggerimenti o denunce per la crescita della città, intesa nel suo ambito più ampio, a servirsi del nostro portale.
[…] ogni tanto mi accorgo che la penna ha preso a correre sul foglio come da sola, e io a correrle dietro. È verso la verità che corriamo, la penna e io, la verità che aspetto sempre che mi venga incontro, dal fondo di una pagina bianca […] – Italo Calvino, Il cavaliere inesistente
Che cosa sia – obbiettivamente – la verità, resta da stabilire; ma nei rapporti con gli uomini non ci si deve lasciar terrorizzare da questo fatto. Ci sono criteri sufficienti per un primo orientamento. Uno dei più sicuri è quando ci si sente obbiettare che un’affermazione è troppo “soggettiva”. Quando questa obbiezione viene fatta valere, e con l’indignazione in cui echeggia la furente armonia di tutte le persone ragionevoli, si ha motivo di rallegrasi tra di sé per un attimo. – Theodor W. Adorno, Minima Moralia
”Incontrai Salvatore Mangiacotti, uno dei tanti candidati di quella scialba e noiosa campagna elettorale che fu per l’appunto quella del 2005, l’ultima volta a pochi giorni dal voto, in occasione di un’altra intervista che pubblicai per il foglio d’informazione “Libera Voce”. Quante cose son cambiate, da allora. Il commissario straordinario è tornato alle sue consuete funzioni; il centro-sinistra, dopo la disastrosa parentesi di Squarcella, è tornato nella stanza di bottoni, nella stanza dove si decidono (forse sarebbe meglio dire distruggono) le sorti di questa povera città. Sulle ali dell’entusiasmo il rampante Mangiacotti riuscì nell’impresa di ottenere un plebiscito: oltre 8mila e seicento preferenze! La città si fece trascinare da questo momento di euforia collettiva.
Sembrava – queste furono le parole dell’attuale sindaco – che il rinascimento della città fosse, oramai, a portata di mano. Ma la nostra comunità è la città del Gattopardo: si cambia tutto per non cambiare niente! Ho chiesto, allora, al sindaco di fare un bilancio, il primo, dopo un anno e mezzo di traversata nel deserto; ho cercato di enucleare i punti fondamentali, gli errori, le sviste e le vergogne varie dell’azione legislativo-esecutiva di questa sgangherata e comica maggioranza, un’armata Brancaleone che, giorno dopo giorno, perde qualche tassello in relazione alle sue già friabili fondamenta.
Il sindaco Mangiacotti – sarà forse anche per il ruolo che ricopre – ha difeso a spada tratta il lavoro della sua maggioranza; ha fatto finta di non vedere le tante lacune che in questi mesi di lavoro amministrativo e politico si sono palesate; ha descritto, in risposta alle mie domande, una città dove tutto procede per il meglio, dimenticandosi, tra l’altro, le critiche che gli provengono dai compagni del partito e dagli stessi componenti della maggioranza. Un sindaco, dunque, molto concessivo nella prima parte dell’intervista, dove ha potuto rivendicare – sarà il tempo comunque a constatarlo – il lavoro svolto finora; e un sindaco molto restio, invece, ad addentrarsi nei meandri irti di ostacoli della politica.
Un sindaco a volte arrogante, presuntuoso, bugiardo e poco coerente rispetto a qualche anno fa quando battagliava coraggiosamente e meritoriamente su tutti i fronti. Fu in quel preciso istante, come tutti ricorderanno, che avvenne la sua ascesa nell’agorà politico. E se adesso non ammette di aver sbagliato neanche una virgola, descrivendoci il paese del bengodi, vien da pensare che il potere gli ha obnubilato la mente”.
Sindaco Mangiacotti, prima di entrare nei dettagli di questa intervista, vorrei partire da un quesito più generale: è soddisfatto, finora, del lavoro che la sua amministrazione ha conseguito? Dopo un anno e mezzo circa di gestione della res publica è possibile fare un primo bilancio…
Sono molto soddisfatto! Sono soddisfatto degli obiettivi raggiunti e della programmazione messa in atto. E le faccio alcuni esempi: la mia giunta è arrivata in un momento in cui la situazione del nostro paese in cui c’era disordine, non c’era normalità e molti aspetti sospesi. In questo periodo tante sono state le cose fatte: la messa in sicurezza delle scuole, abbiamo affidato la riorganizzazione e la riqualificazione della città al Politecnico di Milano, abbiamo messo in piedi lo spostamento del depuratore, è in fase di costruzione il canile sanitario, è partita la riqualificazione delle periferie con finanziamenti della Regione. Queste, e tante altre di ordinaria amministrazione, sono le opere che la mia amministrazione può rivendicare con orgoglio. Il più delle volte si tende a vedere sono il pettegolezzo, la conflittualità che i progetti realizzati.
Secondo il mio punto di vista, l’amministrazione che lei guida dall’aprile 2005 ha fallito in toto la mission che si era imposta, che era quella di ammodernare la nostra città dopo gli anni disastrosi di Squarcella. Tutti ricorderanno, penso, i grandi fasti e il consenso che la campagna elettorale dell’Ulivo ha saputo suscitare nella collettività, un patrimonio ormai quasi dilapidato interamente. Onestamente, si è data una spiegazione di un simile sfacelo che, oggettivamente, è sotto gli occhi di tutti? La sensazione che si è avuta è che non si avesse un’idea chiara di ciò che si voleva fare per la nostra povera, disastrata comunità…
Io credo che in questa domanda ci siano molte inesattezze; non è come dice lei. Il progetto era chiaro, che era quello di ammodernare la città. Ovviamente tale cambiamento non avviene in una settimana: i primi sei-sette mesi servono, in una pubblica amministrazione, per programmare. Dopo i dodici mesi avvengono le realizzazioni, ma questo avviene, per chi conosce i tempi della politica e della pubblica amministrazione, in ogni contesto e in ogni città d’Italia. Dal dodicesimo-diciottesimo mese al quarantottesimo si ‘cantierizza’ tutto. In questo è aperta la sfida che ci attende; se non facciamo questo, allora sì che ci sarà il fallimento.
Ritornando con la mente alla sua campagna elettorale, tutti ricorderanno che la sua squadra sarebbe stata all’altezza del difficile e gravoso impegno; ci si vantava, tanto per fare l’esempio più eclatante, di potersi affidare a nomi altisonanti come quello di Renzo Piano. La realtà, invece, è stata ben diversa; le cariche, come tutti abbiamo potuto constatare, sono state assegnate a personaggi, con qualche misera eccezione, a dir poco impresentabili. Quali sono le sue responsabilità su un tema così scottante e delicato?
Le scelte, purtroppo o a giusta ragione, vengono prese insieme ai partiti; in questo senso non c’è autonomia piena del sindaco anche se la legge lo prevede, ma nei fatti i partiti rivendicano a giusta ragione l’indicazione nei ruoli assessorili dei propri uomini. Sono convinto che sia gli assessori precedenti che questi che si sono succeduti hanno fatto e stanno facendo bene nell’interesse della comunità. Abbiamo unito più di una volta la motivazione, passione all’esperienza che servirà a raggiungere gli obbiettivi in maniera più rapida.
Come mai, allora, ha deciso di metterli alla porta?
Era necessario aggiungere, come dicevo poc’anzi, esperienza, professionalità, competenza e anche autorevolezza in ambito amministrativo. Credo che con alcuni uomini si sia fatto un passo in avanti. Prima c’era l’entusiasmo, la motivazione ma molte volte in politica tutto ciò non basta.
Ciò che, forse, ha dato più fastidio alla collettività, che comunque il più delle volte ama stare in queste sporche manovre da cortile, è stato il modo di gestire il potere assegnatovi: clientelare, amicale e familiare, dimenticandovi, il più delle volte, di operare nell’interesse collettivo. Come mai non è riuscito a porre un freno a questo vergognoso modus operandi?
Molti le contestano, a giusta ragione a parer mio, di essere stato uno degli artefici di tale comportamento…Sono domande, le sue, che derivano da una non conoscenza del lavoro politico-amministrativo che si svolge in seno alle istituzioni. Abbiamo utilizzato sempre criteri oggettivi, trasparenti, cercando il meglio e coinvolgendo tutti. A volte si confonde la mia disponibilità, il mio servizio quotidiano ai cittadini con altre forme sciocche di gestione del potere. Quando sarà il tempo i cittadini esprimeranno i loro giudizi.
Nella cronica incapacità di amministrare una città come San Giovanni Rotondo, le deficienze e le mancanze che più di tutte le altre sono risultate evidenti riguardano essenzialmente i seguenti nodi: le infrastrutture, da sempre il pomo della discordia di questa città, l’urbanistica nella sua globalità e lo scarso impegno nel risolvere uno dei problemi più gravi della comunità, vale a dire il degrado giovanile. Come mai si sono manifestate delle così palesi lacune a riguardo?
Non ci sono stare lacune, assolutamente! Una rimodulazione della città, e qui mi riferisco all’urbanistica, richiede tempo. Ed è in questo ambito che si prevedono una nuova viabilità, dei nuovi parcheggi e dei nuovi servizi. Fra qualche mese vedremo i frutti di questa pianificazione che poi dovremo comunque tradurre in atti amministrativi. Per quanto riguarda le altre questione da lei poste, credo che anche qui molti che in questo paese si sforzano di scrivere e si definiscono giornalisti, dovrebbero frequentare più Palazzo di Città, non fermarsi alla chiacchiera di strada e capire effettivamente come lavorano gli uffici e l’amministrazione. Come si fa a dire che in queste tematiche siamo stati assenti?!
Nel corso di questi mesi tante sono state le attività e manifestazioni culturali che abbiamo promosso; progetti sociali per decine e decine di persone; abbiamo migliorato i servizi delle scuole materne; stiamo lavorando con le forze dell’ordine per ridurre il degrado giovanile cagionato essenzialmente dall’uso di droghe e dall’abuso di alcol. Tanti problemi che si sono presentati li stiamo affrontando e che di certo non si possono risolvere con la bacchetta magica.
Come più volte denunciato da altri diversi organi di stampa locali, il turismo religioso più che fonte di ricchezza sta diventando un fardello. Tante sono le problematiche che restano ancora da risolvere: la rete viaria, indecorosa per una città che all’anno ospita più di 5 milioni di turisti; la pulizia delle strade e dei giardini pubblici, l’accattonaggio di tanti questuanti e il disastroso degrado ambientale cagionato da una vergognosa speculazione edilizia che, a distanza di 6 anni dal Giubileo, ancora non conosce soste e la mancanza di promozione del turismo congressuale, una delle numerose promesse fatte in campagna elettorale. Come pensate di risolvere queste bollentissime patate, finora relegate nei più reconditi anfratti di Palazzo di Città?
Continuo a ripetere che conoscete poco la realtà di San Giovanni Rotondo. A proposito del turismo, ci sono stati tra i cinquanta e i settanta tour operator, cinque continenti, venti nazioni che hanno dato la possibilità alla nostra comunità di farsi conoscere a livello internazionale. La promozione turistica in questa città viene fatta in maniera competente e professionale; è partito il primo master di turismo religioso a Foggia e questo ci ha permesso di lavorare con l’Università; con altri comunità del Gargano abbiamo dato vita a delle convenzioni per promuovere il turismo (diverso o complementare a quello religioso) nella nostra zona. È partito l’Itinerario della fede con le città di Assisi, Fatima, Gerusalemme e Roma. Questa città ha bisogno solo di tranquillità e serenità per fare in modo che la zona internazionale della città sia una zona di silenzio e preghiera. Su questo fronte, a breve terminerà il lavoro di spostamento di tutte quelle bancarelle che ubicate su Viale Padre Pio verranno dirottate nella zona dell’anfiteatro; si sta completando il punto di informazione turistica, tale da eliminare il volantinaggio; e, infine, con le forze dell’ordine, stiamo approntando una serie di azioni per porre fine all’accattonaggio. Come vede, c’è tanto carne a fuoco: basta solo saperla gustare.
Parafrasando Benedetto Croce mi vien da dire che questa città è la città degli onagrocratici, cioè degli asini. Si rende conto che i nostri migliori cervelli sono in fuga dalla nostra comunità e che non hanno nessuna intenzione di tornare proprio perché qui si tende, come al solito, privilegiare gli amici e, purtroppo, in un circolo vizioso sempre più perverso, gli Amici degli amici?
Non sono d’accordi con quanto dice. Io credo che San Giovanni Rotondo, rispetto ad altre realtà, viva una situazione di privilegio. Io penso che sia un problema del Sud in generale dove vi sono poche occasioni o opportunità per il lavoro intellettuale, per chi ha studiato e per chi possiede una laurea e per chi ha competenza, capacità e professionalità. La mia sfida, e di tutti quelli che decidono di restare, è di mettersi al servizio, con una disperata vitalità quotidiana a lavorare. Deve finire il tempo della chiacchiera, del piangersi addosso e del lamentarsi sempre. Bisogna lavorare duramente perché chi ha capacità in una città trova il giusto spazio, le giuste motivazioni e, di conseguenza, le giuste soddisfazioni.
In occasione della sua effervescente campagna elettorale, promise agli oltre ottomila votanti suoi simpatizzanti che la burocrazia comunale da lei definita, con una parola ad effetto, ‘lentocrazia’, sarebbe stata in grado di offrire al comune cittadino un servizio davvero efficiente e rapido. A distanza di un anno e mezzo, invece, i tempi della macchina burocratica sono sempre gli stessi; il personale è poco propenso, per usare un eufemismo, a soddisfare le richieste della cittadinanza; la strada a cui tutti ricorrono è sempre la stessa: chiedere un favore al dipendente amico oppure al consigliere comunale di riferimento. Quando bonificheremo questa prassi indecorosa e incivile?
Abbiamo messo mano alla macchina burocratica da subito. Sono convinto che uno dei mali del Sud è la visione medioevale della burocrazia; ci sono dei vincoli, però, che negli ultimi anni hanno danneggiato la pubblica amministrazione. I primi interventi che abbiamo attuato riguardano le ‘progressioni’ sia orizzontali che verticali per motivare i più volenterosi e capaci, la formazione professionale proprio per eliminare una serie di comportamenti sbagliati e non corretti da parte dei dipendenti; stiamo tentando di aggiungere alla macchina burocratica altro personale perché gli attuali non ce la fanno a sostenere il carico di lavoro. Per il ruolo che la nostra città svolge nel panorama nazionale ed internazionale, occorrono altre, nuove risorse umane. Bisogna adeguare, e noi lo faremo, questa imponente struttura a questa fiumana di attività amministrativa. Mi considero un riformista, e le riforme avvengono sempre gradualmente. Le rivoluzioni hanno prodotto solo danni.
In una democrazia che voglia definirsi compiuta e rispondente delle aspettative dei tanti cittadini, la dialettica, anche aspra, tra maggioranza e opposizione è di fondamentale importanza; Ciampi diceva che la dialettica è il sale della democrazia. Per quale ragione nei consigli comunali, vero momento di confronto tra le diverse forze politiche, la discussione il più delle volte verte su questioni superflue e ridicole?
Su questo punto, condivido pienamente. Non c’è dialogo, non c’è confronto, non c’è rispetto tra gli uomini che in questa città fanno politica, anche non condividendo scelte, anche non avendo lo stesso retroterra culturale. Sicuramente farebbe molto meglio alla città un confronto serio, franco, tranquillo, a volte aspro, duro sui fatti, sulla programmazione e sulla pianificazione. Per fare questo bisogna avere la classe dirigente, e io credo che molte volte i più partecipano alla vita politica senza avere background culturale per poterla fare, e, quindi, questi ritardi si pagano nei consigli comunali e nei partiti. Spero, pertanto, che i più giovani possano ritornare a fare politica e occupare i partiti: per fare questo, però, occorre sacrificio, volontà e grandi capacità.
Cosa rimprovera all’opposizione, formata perlopiù da persone prive della spina dorsale necessaria per fare politica?
All’attuale opposizione rimprovero di non incalzare adeguatamente la maggioranza di governo sui problemi della città.
Il Partito…
Sindaco Mangiacotti, in politica la cinghia di trasmissione tra l’eletto e gli elettori è rappresentata dai partiti, nelle cui stanze si decidono le sorti non solo dei candidati ma anche dei cittadini. Prima di parlare delle attuali sorti dei Democratici di Sinistra, le chiedo: è rimasto soddisfatto delle gestione del partito da parte di Lauriola che a mio parere si è distinto più per la mediocrità cronica e la sua debolezza nella gestione del partito?
Giuseppe Lauriola è una persona per bene. Una persona seria ed onesta, caratteristiche che in politica sono fondamentali; una persona che ha raggiunto l’obbiettivo che si era posto, che era quello di portare a Palazzo di Città un candidato di sinistra. Questo fine che siamo posti e che poi abbiamo raggiunto lo si deve soprattutto a lui. Non posso che conferirgli i dovuti meriti, sia sul piano politico che su quello dell’organizzazione del partito.
In queste settimane si sta discutendo, e molto, dell’ingresso nella squadra di governo dell’ingegnere Siena, una figura che tanti danni ha provocato alla nostra città; era importante, quindi, dare alla collettività un segnale di rinnovamento e pulizia morale che con questa sua scelta è stato volutamente accantonato. Ci può spiegare, allora, perché si è indirizzato in questa erratissima direzione?
Tutti ricorderanno le sue invettive, anche pubbliche, nei confronti del summenzionato personaggio… Di invettive difficilmente ne faccio: sia se fanno parte del mio partito e sia verso gli avversari politici. Esprimo opinioni, valutazioni di natura politico-amministrativa, ma mai ho espresso opinioni sul piano personale o morale. Reputo Giuseppe Siena una persona perbene, onesta, seria e anche competente, competente come pochi in questa città. La sua partecipazione a livello amministrativo voluta da tutti i Ds, penso possa aggiungere, in termini di risoluzione dei problemi, molto.
Il movimento politico-culturale “Amo San Giovanni Rotondo”, in una nota inviata al portale “Sangiovannirotondonet.it”, a proposito di ciò, ha scritto: “Dopo tanto lavoro all’interno del partito, il Mangiacotti si guadagnò la fama del rinnovatore e diede l’impressione di possedere capacità morali tali da poter davvero contribuire alla svolta in positivo della politica amministrativa del nostro Paese… Questa immagine rinnovata che era riuscita a dare anche ai Ds, gli permise di raggiungere la candidatura a Sindaco alle ultime elezioni amministrative”. Come mai in un lasso di tempo breve è passato dalla fama del rinnovatore a quello del restauratore, restauratore dei peggiori vizi che la politica sangiovannese ci ha propinato per diversi lustri?
Io vengo da un percorso di impegno civile, culturale, sociale e politico serio. E questo mio percorso è avvenuto gradualmente: assessore, poi consigliere, capogruppo nell’aula consiliare e, oggi, sindaco. Nel mio percorso ho portato tanti giovani in politica che, lo spero davvero, nell’arco di qualche anno possano esprimere il cambiamento di cui questa città ha un necessario bisogno. Io sono il frutto del rinnovamento e rappresento il rinnovamento in ogni contesto. Non si possono ottenere cambiamenti repentini in maniera rapida; c’è bisogno di un lasso di tempo non molto breve anche perché i giovani si ritirano sempre di buon ordine, per loro scelta e non perché sono costretti.
I Democratici di Sinistra, il suo partito di riferimento, sono, da quando ha avuto inizio il segretariato di Lauriola, diventati un ectoplasma, una struttura priva di forza e idee. L’acme di questo sfascio è arrivato, sempre puntualmente ed inesorabilmente, con la nomina di Dragano a nuovo segretario del partito. Che cosa vi ha indotto a scegliere una figura del genere?
Il nostro partito non è un contenitore privo di idee, anzi. Dalla mia guida per finire a quella attuale, il partito ha creato riviste, conferenze, convegni, ha approfondito molti temi relativi alla città, ha avvicinato e coinvolto molte risorse nuove. Negli ultimi sette-otto anni c’è stata, e ci sarà, una prospettiva nuova e diversa all’interno del partito. Basti pensare al fatto che in sede consiliare c’è un capogruppo donna e un segretario amministrativo giovanissimo; questi sono aspetti importanti, che devono essere colti e che verranno ancor più rafforzati nel costruendo partito democratico.
Non ha mai pensato che dietro a queste manovre della famosa triade (Siena, Marcucci e Dragano), che lei ha comunque avallato, ci fosse un chiaro “progetto” politico, che era quello di riprendere il potere, detenuto fino all’anno giubilare?
Non c’è mai stata una triade e non c’è tuttora. Tolto Siena, che fa parte dell’esecutivo come assessore, gli altri due non detengono nessun potere. Le scelte che si fanno dal punto di vista politico-amministrativo vengono prese dalla maggioranza, dai partiti e, diverse, da me personalmente.
Un grande letterato del Seicento, Francois de la Rochefoucauld, indagando a fondo nell’animo umano, ha scritto: “Il più grande sforzo dell’amicizia non è mostrare i nostri difetti a un amico, ma fargli vedere i suoi”. Nel corso di questi anni all’interno del suo partito è stata applicata una legge ferrea, degna del peggiore totalitarismo: far fuori o relegare in un angolino tutti quei simpatizzanti che si opponevano ad un certo tipo di politica, per usare un eufemismo. Non sarebbe stato meglio, da parte vostra, ascoltare i consigli e le critiche, anche quelle più dure, provenienti da persone che tanto hanno fatto per il partito e per la politica in generale?
Non sono a conoscenza di persone che hanno criticato il partito e che poi sono andati via o che stanno ad un angolo. Ripeto: c’è molta chiacchiera e poco lavoro in questo paese. Chiunque arrivasse nei Democratici di Sinistra e ha voglia di lavorare, c’è spazio per tutti; idee che possono essere in un primo momento di minoranza, successivamente possono diventare di maggioranza tranquillamente. La gente deve lavorare di più e guardarsi meno allo specchio.
Secondo lei, quindi, il partito è molto unito?
In questa fase è molto unito e coeso. Qualche malcontento ci sarà pure, che deriva comunque da delle aspirazioni personali che magari non sono state soddisfatte. In questa città c’è una sorta di contrattazione costante: chi sta fuori vorrebbe stare dentro, e per questo magari si tende a parlare male.
In prospettiva…
Come d’incanto, la debolissima e sconclusionata opposizione – un misto di democristiani incalliti e consiglieri pseudo-finto-indipendenti – le chiede, in un coro sempre più forte ed intonato, che lei rassegni le dimissioni e rimetta il mandato nelle mani degli elettori. Ha mai pensato di fare un gesto simile, che a mio parere sarebbe sacrosanto, visto quello che sta accadendo in questi convulsi e indecorosi mesi?
Assolutamente no! Credo che la maggioranza procederà unita con qualche visione diversa fino a quando lo riterremo opportuno, che io spero fino alla scadenza naturale della legislatura, con risultati per la città molto, ma molto importanti.
Un’ultima domanda, sindaco: in questa prima fase della sua legislatura ha avuta la possibilità di conoscere, in maniera diretta, la popolazione sangiovannese: aspettative, delusioni, richieste sono state tra i suoi principali pensieri. Come giudica la nostra cittadinanza, da sempre interessata all’interesse ‘particulare’, per dirla con Giucciardini, che non a quello collettivo, generale?
Che la cittadinanza si interessi molto di più alle questioni di portata generale e agli interessi collettivi e che chieda al sindaco, per l’appunto, più questi aspetti che quelli di natura personale. Noi come istituzioni dobbiamo fare la nostra parte, ma, al contempo, i cittadini devono contribuire affinché questa crescita avvenga.
di Francesco Melchionda ( francesco.melchionda@tiscali.it )