LibriAmo a cura di Renata Grifa
“E come fai a sapere quando è cotto e quando invece si brucia?”
Lo sento dal calore della brace quando la stendo per posare la griglia. Dipende dai legni, fanno fuochi diversi. Non c’è una regola e però non mi sbaglio.
“Sei pure fuochista, chissà da chi hai preso?”
Da te, dovevo dirgli, da te ho preso e lasciato, restando figlio tuo, cranio da cranio, libri, vino e montagne.
Non mi è uscito.
Scriverlo adesso a vita sua dispersa è tacere più profondamente.
Erri De Luca
Un semplice nodo, ben stretto, saldo, un nodo da marinaio, di quelli fatti perché non mollino la presa. Di quelli difficili da sciogliere.
Proprio come il più sacro dei rapporti, che ci fa stare uno di fronte all’altro su scala uno a uno, che ci fa vedere chi abbiamo davanti A grandezza naturale.
In questo nuovo, e come sempre poetico, romanzo Erri De Luca raccontando di altre storie rivela forse uno dei lati più intimi anche di se stesso, perché il rapporto tra padre e figlio resta sempre un rapporto difficile da spiegare, ancor di più quando un figlio è ribelle, quando un padre è assente, quando un padre è un prescelto.
Questo libro è un racconto di “storie estreme di genitori
e figli”, di coloro i quali sono dovuti andare lontano per mettere a fuoco
la figura del proprio padre, come fece Mark Zacharovič
Šagal che, cambiato il proprio nome nel più famoso Marc Chagall, dipinge
il ritratto del genitore quasi mischiando lacrime e colore, riuscendo così a
riallacciare quel nodo sciolto per il desiderio di una vita diversa.
Alla storia del pittore si alterna quella biblica di Abramo e Isacco in cui è
il padre ad essere chiamato all’obbedienza divina.
E questo per rispondere alla voce, per la seconda volta in vita sua: eccomi
qua.
Eccomi qua: il solo tempo che possiede, il presente immediato, il giorno
stesso.
Abramo disfa il nodo con suo padre e poi stringe quelli alle caviglie e ai
polsi di suo figlio.
E così via, storie di padri di figli e di figlie che, ciascuno a modo loro, affrontano questo legame tenuto insieme da un nodo che sembra potersi sciogliere solo quando si diventa a loro volta padri o madri, solo quando “ci si slega dallo status di figlio”.
Ci riuscirà Chagall.
Non ci riuscirà la figlia del generale nazista.
Non succede a chi narra, a chi “senza essere padre, sono rimasto necessariamente figlio. Non ho sperimentato la responsabilità, la protezione, la prova di educare. Non cambio comportamento con un giovane o un anziano. Da figlio li considero alla pari, dei contemporanei. Da lettore e da scrittore lo divento delle storie che ho davanti”.
Diventare padre porta con sé l’implicito sacrificio di accettare dolori, ribellioni, di lasciar andare il bambino che diventa adulto.
Non è così per chi non sperimenta questo passaggio, si resta lì, ancorati a gesti e insegnamenti che diventano eterni per colui il quale rimane figlio per sempre.