di Berto Dragano
“Crisi politica, morale e istituzionale. Come uscirne”
Quando parliamo di crisi politica, le riflessioni che vengono alla mente sono diverse perché diverse sono le cause al punto tale, da far fatica ad intraprendere un percorso, una soluzione ad un problema, più che mai sentito in questo ultimo periodo in cui la politica è passata da un governo politico ad un governo tecnico.
Questo passaggio, comunque necessario, ha allontanato ancor di più i cittadini dalla politica, dettata da scandali giudiziari ed economici frutto di una corsa al potere a tutti i costi, dimenticando il vero senso, il significato della parola politica, la bellezza che può contenere la parola politica.
Parlare di bellezza della politica oggi, rischia di sembrare non solo irrituale, strano, stridente. Oggi la parola politica appare terribilmente consumata. C’è delusione, distacco, se non rifiuto e ostilità.
Nella storia la politica è stata sempre al centro delle attività umane, determinando le condizioni, indirizzando il cammino storico della società.
Platone la definiva “ARTE REGIA” sin dall’origine della storia dell’umanità, gli uomini sentivano la necessità di riunirsi e fondare la città. Dunque nasce la polis e di conseguenza la politica.
I greci definivano la città uno spazio sicuro, ordinato e calmo dove gli uomini possono dedicarsi alla ricerca della felicità.
Il politico è colui che si prende cura di questo spazio. La vocazione politica è a servizio della felicità degli abitanti della città.
Nel corso dei secoli, le durezze della storia i contrasti tra gli uomini e tra popoli, le dinamiche di potere, le rivoluzioni, i conflitti sociali e le dittature calarono l’immagine della polis e della politica in una crisi sempre più profonda.
Oggi è difficile sfuggire alla sensazione che la politica sia disorientata e che faccia fatica a stare dietro il veloce scorrere del tempo, apparendo lenta e affaticata.
Da che cosa dipende questa lentezza, questa crisi della politica?
Nel cercare una risposta, penso a come sono cambiate le nostre città, le nostre esigenze con la globalizzazione dell’economia. Penso agli sviluppi tecnologici e scientifici, che hanno cambiato il nostro modo di lavorare, di mangiare, di curarsi, persino di nascere e di morire.
E a tutto questo aggiungiamo una comunicazione vorticosa, frenetica che ci spinge a consumare informazioni precarie e insufficienti.
Non c’è una data certa che ci permette di dire “tutto è cominciato lì”. C’è però un momento che io credo che abbia a che fare con la politica così come la vediamo e la viviamo oggi.
Il 9 novembre 1989.
Sotto le macerie del Muro di Berlino sono rimaste schiacciate anche le ideologie e che quel tempo sia finito è un bene. Milioni di persone si sono messe in cammino verso la democrazia e la libertà dando maggiore forza alle idee e ai valori che animano le culture dell’ambientalismo, del femminismo, della non-violenza.
Anche grazie a queste culture la politica è più libera e più capace almeno potenzialmente.
La politica deve ritrovare la pazienza di piantare alberi. Un albero impiega anni per crescere. Rende molto di più tagliare quelli che ci sono senza pensare gli altri e il domani.
Ma se cadono gli ideali, se conta l’immediato è facile che una persona, un giovane che si affaccia alla politica pensi egoisticamente a se stesso. E quindi è importante separare ideologie e valori utili a ritrovare la strada.
E di uomini che con pazienza e amore hanno piantato alberi ne abbiamo degli esempi. Martin Luther King ha speso le sue parole per un sogno non per il presente ma per il futuro.
La politica è questo. Il suo cuore, la sua bellezza, è qui. E’ dare un senso al presente pensando al futuro. Pensare se stessi in relazione agli altri.
Abbiamo bisogno di ritrovare la passione per la politica. Riscoprire la bellezza e insieme il suo essere lo strumento più alto e nobile per tracciare la strada di uscita di una crisi politica conclamata da diverso tempo.
Col Berlusconismo si è distorto sempre più il significato della parola politica al punto tale da confonderla in disciplina di marketing. La politica non può essere solo immagine.
Non può essere solo “far credere”, conquistare la curiosità delle persone per trasformarla in un consenso semplice, veloce, da prendere al volo e mantenere quel tanto che basta per arrivare alla prossima scadenza elettorale.
E’ difficile guardare al domani con fiducia ed entusiasmo senza pensare anche ad una nuova classe dirigente.
Se compariamo solo per un attimo il G7 di Napoli 1994, G8 di Genova del 2001, G8 dell’Aquila 2009. Facciamo mente locale. Nel 1994 a Napoli gli USA erano rappresentati da Clinton, i francesi da Mitterrand, gli inglesi da John Major, tedeschi da Kohl. L’Italia invece aveva come premier Silvio Berlusconi, mentre la sinistra, sconfitta alle politiche, affrontava un duro confronto interno tra Massimo D’Alema e Walter Veltroni.
Nel 2001, a Genova, gli USA avevano Bush, la Francia Chirac, il Regno Unito Tony Blair, la Germania Schroeder. L’Italia invece Silvio Berlusconi, mentre la sinistra sconfitta alle politiche, affrontava un congresso tosto, a Pesaro, tra il candidato di Massimo D’Alema e quello di Walter Veltroni.
La foto di gruppo del 2009 all’Aquila presenta Barach Obama per gli States, Sarkozy per la Francia, Brown per gli inglesi, la Merkel per la Germania. L’Italia invece aveva come premier Silvio Berlusconi (chi l’avrebbe mai detto) mentre la sinistra, più attenta all’innovazione, aveva deciso di cambiare qualcosa.
Quell’anno dunque perdeva le europee e non le politiche – anche perché le politiche le aveva perse l’anno prima…- sceglieva di fare le primarie anziché il solito appassionante congresso: ovviamente la sfida era tra il candidato appoggiato da Massimo D’Alema e quello sostenuto da Walter Veltroni.
Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere. (Matteo Renzi – Fuori!)
E’ necessario rompere questa circolo vizioso della politica, oppure diventa difficile guardare al domani con fiducia ed entusiasmo. Non possiamo limitarci ad aspettare che l’orologio biologico segni il suo corso.
Abbiamo bisogno di stare con i piedi per terra, e insieme ritornare a sognare, anche quello che appare impossibile, irraggiungibile. Quello che sembra utopia.
Il grande poeta Mario Luzi ci ha invitato a levare alto i pensieri e stellare forte la notte. Nel nostro piccolo, anche noi dobbiamo provare ad alzare il naso, fuori dal tran tran quotidiano. E stellare forte la notte di una politica che aspetta da troppo tempo un cambiamento radicale.