Gli assassini di Peppino Impastato e Aldo Moro
di Mariapia Carruozzi
Peppino Impastato:
un siciliano libero
Il 9 maggio 1978 a Cinisi, paese a pochi
chilometri da Palermo, muore, a soli 30 anni, dilaniato da un carico di tritolo,
Peppino Impasto.
Cresciuto in un
clima di intimidazione e violenza: suo padre era un mafioso, suo zio, Cesare Manzella, il capo della
Cupola negli anni ’60, ucciso in un attentato nel 1963. Peppino ha
"solo" 15" anni, ma si rende perfettamente conto di ciò che
significa "mafia", ne prende drasticamente le distanze e inizia a
combatterla.
Fonda il
giornale “L’idea socialista” e mette in evidenza il rapporto tra
i politici locali e i mafiosi.
Da qui la sua
rottura dalla famiglia. E’ impensabile che uno con il suo sangue possa portare
disonore alla famiglia: il padre lo caccia di casa.
"Arrivai
alla politica nel lontano novembre del ’65, su basi puramente emozionali: a
partire cioè da una mia esigenza di reagire ad una condizione familiare ormai
divenuta insostenibile. Mio padre, capo del piccolo clan e membro di un clan
più vasto, con connotati ideologici tipici di una civiltà tardo-contadina e
preindustriale, aveva concentrato tutti i suoi sforzi, sin dalla mia nascita,
nel tentativo di impormi le sue scelte e il suo codice comportamentale. E’
riuscito soltanto a tagliarmi ogni canale di comunicazione affettiva e
compromettere definitivamente ogni possibilità di espansione lineare della mia
soggettività. Approdai al PSIUP (Partito
Socialista Italiano di Unità Proletaria ndr) con la rabbia e la disperazione
di chi, al tempo stesso, vuole rompere tutto e cerca protezione".
Sono gli anni
della rivoluzione culturale, le rivolte giovanili, “il ’68”, e Peppino, con il suo impegno sociale, si schiera con i
contadini a cui hanno sottratto le terre per la costruzione della terza pista
dell’aeroporto di Punta Raisi.
Nel 1976
costituisce il gruppo Musica e Cultura,
che svolge attività culturali e diventerà il punto di riferimento dei giovani
di Cinisi; nel 1977 fonda Radio Aut,
radio libera autofinanziata, con cui denuncia i delitti e gli affari dei
mafiosi di Cinisi e Terrasini, in primo luogo del capomafia Gaetano
Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di
droga, attraverso il controllo dell’aeroporto.
E’ una grande
umiliazione per i boss mafiosi; nel programma Onda pazza, venivano
sbeffeggiati, attaccati, denunciati. Non è
tollerabile, allora Badalamenti chiama il papà di Peppino, Luigi, intimandogli
l’out out: o Peppino la finisce o muore.
Luigi,
nonostante tutto, non può permetterlo, va a parlare con "certi
parenti" in America, vuole mandarlo lì: "Peppino non lo devono
toccare, devono ammazzare prima me".
Dopo due mesi dal suo ritorno, Luigi viene investito da un’automobile.
Peppino, non
demorde, si candida, nel 1978, nella lista di Democrazia Proletaria. Ma la
notte tra l’8 e il 9 maggio Peppino trova la sua fine.
Le prime accuse
sono pesantissime: è un attentato terroristico in cui, Peppino Impastato,
esecutore materiale, muore a causa dell’esplosione stessa. Poco dopo la
versione cambia. Peppino si è voluto uccidere facendosi esplodere.
Ci sono voluti
anni, e tutto l’impegno di sua madre Felicia, di suo fratello Giovanni, e dei
suoi compagni che hanno raccolto documenti e testimonianze, grazie alle quali
l’inchiesta giudiziaria viene riaperta e si arriva alla verità.
Peppino è stato
rapito e ucciso dalla mafia.
Il mandante è Tano Badalamenti condannato
all’ergastolo l’11 aprile de 2002.
…Sono le stesse
ore in cui l’Italia viene sconvolta dalla morte di Aldo Moro…
Aldo Moro: vittima della fermezza
il 9 maggio
1978, il brigatista Mario Moretti uccide l’On. Aldo Moro presidente
della Democrazia Cristiana.
l’On. Moro fu
sequestrato a Roma in via Fani da un comando delle Brigate Rosse, e gli uomini
della sua scorta assassinati, mentre si recava in Parlamento per partecipare al
dibattito sulla fiducia del nuovo governo Andreotti.
Il suo sequestro
durò 55 giorni.
55 giorni che
tennero col fiato sospeso tutto il mondo.
55 giorni pieni
di contraddizioni che gettarono ombre sulla politica italiana.
55 giorni di
ultimatum continui, in cui le BR chiedono un riconoscimento politico del loro
movimento, la liberazione dei brigatisti sotto processo a Torino e attaccare la
DC: “Portare l’attacco al cuore dello Stato”.
Si mobilitarono
gli esponenti politici di vari Paesi, il Papa Paolo VI, perfino Cosa Nostra
(che strana ironia). In Italia PCI-DC
sono per la "fermezza", "rifiutare ogni compromesso", il
PSI è invece per la trattativa.
Durante il suo
sequestro, Moro fu processato dal Tribunale del Popolo istituito dalle BR, che
il 9 maggio, eseguiranno la sentenza di morte.
Il suo corpo
sarà trovato nel bagagliaio di una Renault R 4 rossa, posta emblematicamente a
metà strada tra Piazza del Gesù e via delle Botteghe Oscure.
Ai funerali sono presenti tutti i partiti, ma è assente la famiglia, che
polemizza "la fermezza" di aver escluso degli spiragli per trattare
la vita del loro congiunto e di avere abbandonato al suo destino lo statista.
Mariapia
Carruozzi