Le classi quinte incontrano l’uomo che trovò Aldo Moro
Un incontro all’insegna del dialogo fra le generazioni, ma anche un’occasione per conoscere alcune pagine della storia italiana, poco note per i nostri giovani, attingendo alla testimonianza di prima mano di un uomo chiave degli anni ’60-‘80: il Generale Antonio Cornacchia.
Mercoledì 8 maggio presso l’Aula Magna dell’Isis “Di Maggio”, l’Associazione Nazionale dei Carabinieri di San Giovanni Rotondo, di concerto con la scuola, ha organizzato un incontro con il Generale Cornacchia, rivolto agli alunni delle classi quinte, all’interno del progetto “Educare alla legalità”.
L’evento si è aperto con il saluto del Dirigente Scolastico, il prof. Rocco D’Avolio, che ha presentato il contesto storico di riferimento, i cosiddetti “anni di piombo” (’60-’80), “quegli anni – ha detto – che misero alla prova l’Italia, soprattutto Roma. Anni che videro esplodere il terrorismo, i sequestri di persona a scopo politico, il sorgere di una strategia della tensione che avrebbe procurato migliaia di vittime, tra le quali uomini delle forze dell’ordine, politici, magistrati, giornalisti”. Tra questa schiera di vittime c’è anche l’Onorevole Aldo Moro. Un fatto che sconvolse la storia dell’Italia repubblicana. “Il Presidente aveva compreso – ha continuato il Dirigente – che per continuare a governare sarebbe stato necessario aprirsi a nuove convergenze. Probabilmente in molti si sentirono minacciati dalla sua “testa ben fatta” e non “ben piena”, dunque “pensante” per dirla con il filosofo e sociologo francese Edgar Morin”.
In seguito ha preso la parola Giovanni Piazzolla, Responsabile del Nucleo della Protezione civile di A.N.C. di Foggia che ha offerto un breve profilo del Generale Cornacchia. “In codice Airone 1 (che è anche il titolo del suo corposo volume, ripubblicato nel 2016 per le edizioni Sometti di Mantova, per raccontare gli “anni di piombo”. Volume che presenta un significativo sottotitolo: “Retroterra di un’epoca”), un servitore dello Stato, che in quegli anni comandava il nucleo investigativo dei carabinieri, punto di riferimento per i politici dell’epoca, ricercato collaboratore dei magistrati. Noto per l’arresto di Renato Vallanzasca ed altri brigatisti. Inserito nelle liste dei nemici dei brigatisti, come personaggio scomodo da eliminare, sopravvissuto a quattro attentati”. «Il 9 maggio del 1978 – ha aggiunto Razzolla – fu lui che per primo aprì il cofano della Renault 4 color amaranto posteggiata in via Caetani a pochi metri dalle sedi del PCI e della DC”.
Quindi la parola è passata al Generale che ha esordito ringraziando i giovani per la loro disponibilità all’ascolto e ricordando loro quanto sia importante sviluppare l’amore per la storia, quella vera e autentica, lontana da ogni dietrologia. Tra gli ascoltatori c’era anche padre Marciano Morra, amico del Generale e da lui invitato a partecipare all’evento. I due hanno in comune lo stesso luogo natio, Monteleone di Puglia, ma come vedremo anche dell’altro. Il Generale Cornacchia nel suo intervento ha parlato di storia e politica italiana, ma in particolar modo del Presidente Aldo Moro, del “Lodo Moro”, della strage di Bologna e anche dell’amicizia tra Papa Paolo VI e il grande statista pugliese, per il quale è in corso una causa di beatificazione.
Diretto e conciso nel suo dire, il Generale, senza mezzi termini, a riguardo del sequestro del Presidente Moro, ha subito precisato: “chi avrebbe dovuto sostenerci ci remava contro”, affermazione già a suo tempo ripetuta presso la commissione parlamentare. Non è stato un monologo il suo, ma un dialogo aperto con i giovani. Questi ultimi domandavano e il Generale rispondeva.
Ecco alcune domande:
Ma allora perché è stato rapito ed ucciso Aldo Moro? Com’è stato possibile che una figura dello Stato così importante sia incorsa in tale destino così crudele e amaro? “Moro ha visto molto in là – ha replicato il Generale – aveva capito che la DC non avrebbe retto se non ci fosse stata un’apertura”, e ha poi aggiunto: “Moro firmò la sua morte nel ’63 quando si congratulò con Kennedy (poi ucciso nel ’68). Fu contestato da tutti. Anche dal suo partito”.
Altra domanda:
“Perché nessuno è riuscito a salvare Moro?”. Risposta criptica: “Perché Moro era una persona retta, vedeva lontano e amava l’Italia”.
Il Generale ha poi chiarito la questione della strage di Bologna, del 2 agosto del 1982. Tutto si legge a partire dal “Lodo Moro”, un patto non ufficiale tra lo Stato italiano e quello palestinese che avrebbe evitato attentati in Italia in cambio del libero passaggio di armi e terroristi palestinesi. Ma alcuni uomini della squadra di Cornacchia, che ignoravano tale patto, ad Ortona fermarono un uomo, affiliato alle BR, che portava con sé diverse armi provenienti dal medio oriente. La magistratura condannò quell’uomo. Da qui, attraverso ulteriori fatti e situazioni, il “Lodo Moro” è stato considerato infranto. Tra le conseguenze immediate lo scatenarsi sul territorio nazionale di una nuova strategia della tensione e di nuovi attentati, tra cui quello della stazione di Bologna, nell’agosto del 1980, che andrebbe dunque riletto in questa rinnovata luce. Il Presidente della DC durante la prigionia brigatista, ha ricevuto un processo da parte del “tribunale del popolo”, messo in piedi ad hoc dai suoi carcerieri ed è stato sottoposto ad un’estenuante trattativa tra Stato italiano e terroristi, senza che si raggiungesse un accordo sullo scambio di prigionieri. Cinquantacinque giorni di lotte e tensioni, nei quali, di fatto, Moro è stato abbandonato. Ha pagato lui per tutti, con il dono della sua stessa vita. Ogni tentativo di dialogo e mediazione, intrapreso da più parti, anche dal Vaticano, si è arenato. Toccanti a riguardo le numerose lettere della prigionia, alcune recapitate altre no, che il Presidente Moro scrisse quando si trovava nel covo di via Montalcini in Roma.
Tornando a quel legame, accennato prima, tra il Generale Cornacchia e padre Marciano Morra, OFM Cap., è evidente che il denominatore comune sta proprio nella figura di Padre Pio. Lo stesso Aldo Moro nacque il 23 settembre (giorno del dies natalis del Santo cappuccino) del 1916, l’anno in cui Padre Pio giungeva a San Giovanni Rotondo. Il santo Frate stimava lo statista pugliese. Un giorno, racconta in un suo libro padre Marciano Morra, Padre Pio parlava con padre Tarcisio da Cervinara sulla politica italiana del centro sinistra e mostrava di non essere pienamente convinto degli sviluppi benefici di un tale orientamento. «Ad un certo punto – scrive padre Marciano – Padre Pio si fermò, si irrigidì, alle sollecitazioni non rispose. Aveva gli occhi sbarrati. Era come fuori dei sensi. Brevissimo tempo, ma sembrò un’eternità. Poi, ad alta voce, gridò: “Morooo! … Moroooo! … Si muoreee…! …». Era il 1954. Moro era stato appena rieletto alla Camera come presidente del gruppo parlamentare democristiano. Padre Pio fu molto triste nei giorni seguenti.
Un’ultima riflessione riguarda il riflesso didattico pedagogico dell’incontro tra il Generale e i giovani. Cornacchia nel volume intitolato “Airone 1”, sottolinea il passaggio da una società del dovere a quella del diritto, dove quest’ultima pare caratterizzarsi per l’assolutizzazione di un diritto rivendicativo, segnalando il progressivo “dissolversi dei valori” che lasciano il posto ad altri (pseudo valori se non proprio disvalori). Ma soprattutto il Generale annota che “nel vuoto intorno a noi spaziano istinti incontrollati” nei quali va ricercata la causa delle nuove forme di criminalità, e tra queste annovera il terrorismo delle brigate rosse. Passaggio decisivo per diagnosticare la deriva patologica di una società che da sempre si riscopre più triste e rancorosa se enfatizza ed estremizza queste pulsioni istintuali violente e caotiche. È invece necessario riscoprire il primato del dialogo, insieme ad un confronto aperto e fecondo. Moro chiamava questo processo “flessibilità costruttiva” e qualche mese prima di essere sequestrato, in un suo discorso, aveva espresso serie preoccupazioni verso «certe possibili forme di impazienza e di rabbia che potrebbero scatenarsi nel contesto sociale di fronte ad una situazione che ha bisogno di essere corretta». Critica rivolta all’allora PCI, ritenuto “corresponsabile della crisi dell’ordine democratico”, poiché secondo lui, aveva prestato il fianco alla grande opposizione giovanile che sarebbe divenuta un fenomeno difficilmente governabile. Il brigatismo trovava infatti tra i suoi testi ispiratori gli orientamenti marxisti prima e poi leninisti e stalinisti che tendevano a giustificare il terrorismo come lotta di classe.
Padre Pio ricordava che “l’ira si vince con la mitezza”. Il sacrificio di uomini pii e giusti, come l’Onorevole Aldo Moro, non sia reso vano.