LibriAmo a cura di Renata Grifa
Mi chiamo Elisabetta Maiorano, e non è che me lo stia chiedendo qualcuno:
sono io che me lo ripeto in testa ogni volta che arrivo al varco di Nisida.
Ogni volta che entro mi sento in colpa.
Alla sbarra, quando mi fermo per farmi riconoscere, mi viene da abbassare gli occhi, mostro il viso senza davvero guardare in faccia l’agente, come se avessi la macchina carica di cocaina.
Come fosse colpa mia che Nisida è un carcere minorile.
Valeria Parrella
Voi lo sapevate che Nisida avesse una scuola?
Io no. O meglio non ci pensi che un carcere possa avere una scuola. Pensi all’ora d’aria, ai laboratori, alle faccende che possono tenere impegnati tutti quei poveri disgraziati che sono finiti, chissà per quale tragedia del destino, lì dentro.
E invece c’è anche una scuola.
E ogni mattina Elisabetta Maiorano varca il cancello di quelle mura sospese, ripone tutti i suoi averi in un cassetto chiuso a chiave, in realtà ci chiude a chiave anche i suoi pensieri, e si appresta ad insegnare.
E cosa si insegna a Nisida? Come si insegna ad un gruppo di ragazzi che vede il mondo dalle sbarre di una finestra e che molto probabilmente dei numeri, delle parole non gli interessa poi molto?
Eppure Elisabetta non si arrende, ogni giorno per lei riuscire a trasmettere a quei ragazzi l’amore per la propria materia è una sfida, ma ancora di più riuscire a trasmettere quei valori che possano riscattarli da un passato ormai segnato, da giorni tutti uguali “che è un’alternativa all’adolescenza, quella che conoscevano così poco. Era un’alternativa alla vita vera che non avevano ancora assaporato”.
Ma la scuola di Nisida è una scuola diversa da tutte le altre, “in carcere del presente non si parla, e il futuro non si immagina” a Nisida sono tutti di passaggio, non ti puoi affezionare a nessuno e Elisabetta lo sa, lo sa fino a quando tra i banchi di questa difficile scuola non compare Almarina, rumena, sola, il cui destino l’ha portata lì dentro quasi a salvarla da un mondo fatto di abusi e percosse.
La solitudine dell’una finisce nel vuoto dell’altra, entrano in contatto là dove sembra più impossibile possa succedere. Se quell’isola vista da fuori sembra un mondo alla rovescia, un luogo di punizione e perdizione, chi è dentro urla ferocemente che invece forse una possibilità di riscatto è davvero possibile.
“Dentro: questo posto è meraviglioso – e fuori ci sta la città che ti costringe al tutto o al nulla […] Fuori vai mendico del mondo – dentro: questo posto è meraviglioso, è tutto quello che i nostri ragazzi non hanno mai avuto”
Napoli e Nisida… il passato e il presente…
Napoli… la città grande, immensa, che dove non è sempre sole è delinquenza, e Nisida… luogo dove l’intera società ha fallito e prova a ri-salvare quei ragazzi da se stessi. Il riscatto attraverso la scuola, fatta non solo di numeri, di formule, di versi, ma soprattutto di sentimenti e regole non scritte.
Una scuola dove si insegna e si impara a prescindere dal ruolo che si ha.
Una scuola che diventa libertà nella figura di Almarina. Una scuola dove ricominciare è possibile.