Politica vs antipolitica? o Localismo vs mondialismo?
Il voto amministrativo di ieri ha come al solito aperto la corsa all’analisi del voto e alle conseguenze politiche nazionali ed europee dei risultati locali. Continuano a susseguirsi le opinioni su chi vince, chi perde, chi è cresciuto, chi è in calo, la politica e l’antipolitica, l’italia e l’europa, e si assiste a mio parere a una serie di vere e proprie sintesi forzate. Oggi tutti sono opinionisti politici, tutti vogliono dire la propria, qualcuno accetta la sconfitta, qualcuno la maschera per qualche ballottaggio raggiunto, altri si ancorano ad un carrozzone che li tiene in piedi, ma che fino a ieri l’altro era considerato alla stregua di una spina nel fianco del suddetto carrozzone. E non mi riferisco di certo ai Grillo’s Boys, che meritano un’analisi ben più profonda e coraggiosa di quanto si stia cercando di fare oggi, quando dopo i risultati che hanno premiato il grillismo improvvisamente gli snobbatori di professione dei salotti buoni del giornalismo, e della politica hanno dovuto fare i conti con la realtà di un movimento definito antipolitica, ma che oramai è a tutti gli effetti dentro la politica, che fa politica con toni modi e strumenti diversi, ma che a tutt’oggi stando ai numeri, almeno nell’ambito locale è effettivamente il terzo polo, quello che Casini si aspettava di essere, pensando di essere legittimato da un voto che invece ha “sepolto i moderati sotto le macerie” citando le sue parole.
Mi riferisco piuttosto al rieletto sindaco di Verona Flavio Tosi, leghista negli ultimi anni spesso in netto contrasto e dissenso dalle posizioni del “Senatur”, e anche spesso in aperto contrasto con i vertici della lega nazionale. Il che è la dimostrazione lampante di ciò che significano in realtà le amministrative.
Da un lato la lega che ha perso anche in molti di quei comuni considerati feudi leghisti e soprattutto luoghi natii dei vari Bossi, Calderoli, pagando così, e giustamente tutte le vicissitudini, le malefatte, la mala gestione e la palesata incoerenza di chi da del “ladrone” a tutti, mentre si abbuffa al tavolo dei “ladroni”, e da loro ne copia usi e costumi.
Dall’altra Tosi il dissidente che invece viene premiato dalla sua personalissima gestione amministrativa della città di Verona, evidentemente piaciuta e avallata dalla maggioranza dei veronesi a tal punto dal riconsegnarli le chiavi della città al primo turno. Quando si dice che le virtù locali sovrastano i vizi regionali e nazionali.
Perché infondo il punto è questo, localismo vs nazionalismo/europeismo/mondialismo. Il peccato originale di tutte le
analisi del voto che stiamo ascoltando e continueremo ad ascoltare, sia per chi si senta salvato dal voto (vedi Pd, Sel, Idv ) e chi si senta sotto le macerie (terzo polo), chi è quasi morto (vedi Pdl) o per chi ha vinto (Grillo). Tutte analisi induttive, che dal particolare tentano di arrampicarsi a chissà quale sorta di legge universale pur di salvare il salvabile, quando in vero la questione potrebbe essere molto diversa.
Nel gioco delle logiche amministrative, dei governi cittadini, i fattori che entrano in gioco sono ben altri. Innanzitutto sull’astensionismo cresciuto del 7%, e definito dalla politica un po’ troppo frettolosamente come “tutto sommato un buon risultato”. E’ un risultato poco indicativo del malessere verso il modus operandi della politica, in quanto in realtà così piccole non sono solo le proposte o le coalizioni a determinare le affluenze, ma bensì conoscenze personali, familiari, piccoli comitati di affari e altre questioni territoriali che poco si sposano con logiche di voto nazionale, come tra l’altro già ben argomentato da Emanuele Merla in un precedente articolo su questo sito. Questioni che fanno sì che l’affluenza sia sempre stata maggiore per le elezioni comunali.
E ancora, ciò che inoltre sfugge alle analisi del voto è il valore, la qualità di certe amministratori locali, che riescono in ogni caso a superare la crisi della partitocrazia nazionale. E proprio il caso di Tosi a Verona è la dimostrazione lampante, dove un amministratore esponente di un partito in discesa libera, viene riconfermato e premiato in ambito locale perché
evidentemente ha sputo cogliere e amministrare le esigenze di quel particolare territorio, anche e spesso contrapponendosi a logiche nazionali del proprio partito.
Così come la pessima gestione amministrativa locale viene schiantata da movimenti e liste civiche semplicemente perché risultano essere comunque una reale alternativa dal basso alla politica che dall’alto impone diktat locali. Quella politica che ha abdicato e consegnato Stati ed Europa alla finanza dei banchieri mondiali, dei burocrati non eletti e del rigore, e del debito pubblico in mano alle banche. Banche che difendendo i loro lauti profitti stanno strozzando tutto il tessuto sociale degli stati, fatto di imprese, lavoratori e perché no di quei pochi amministratori locali meritevoli.
Il problema non è la politica e l’antipolitica, ma piuttosto il sistema dei partiti gestiti come S.p.A con i soldi pubblici. Partiti lontani dalle esigenze reali dei cittadini, delle imprese, dei territori, e troppo vicine a logiche sovranazionali e mondiali. Il problema è localismo contro mondialismo. E il risultato che è emerso, che consente a detta di molti di salvare tutto sommato la politica, o meglio il suo attuale sistema interno di organizzazione, potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Continuando così, Il vero schianto per la politica non è ancora avvenuto, ma potrebbe essere quello delle elezioni del 2013.
Pio Matteo Augello