“San Giovanni Rotondo non avrà mai veri rappresentanti della comunità fin quando non diventerà comunità”
A breve i cittadini sangiovannesi saranno richiamati alle urne per eleggere il futuro sindaco (e futuri consiglieri) della cosiddetta “Città di San Pio” ma che nella realtà dei fatti è la culla del “familismo amorale” (Edward C. Banfield).
La popolazione è una comunità che non ha niente in comune e che fin quando resterà così com’è, continuerà ad eleggere personaggi che la spingeranno sempre più nel baratro dell’ingovernabilità e dell’approssimazione a cui ormai ci si è abituati da tempo.
I commissariamenti che si susseguono non innescano nei cittadini la vera voglia di cambiare le cose; spesso basta una piccola promessa o, peggio, un insignificante “tornaconto” per votare l’uno o l’altro candidato.
Da premettere che se questo discorso si potesse catalogare come mera retorica saremmo tutti ad esserne sollevati e rinfrancati, ma purtroppo tutte le negatività che hanno allontanato ed allontanano tutt’oggi le persone comuni dalla politica, nella nostra città, sono delle realtà lampanti: la non preparazione, spesso accompagnata da presunzione della “classe dirigente”, la coincidenza di ritrovare amici della stessa “classe” nell’esecuzione di lavori pubblici, il tessere le trame e gli intrecci, anche i più abietti, per raggiungere i numeri per comandare, con relativo tornaconto. Tutto ciò a discapito dei cittadini che puntualmente si ritrovano un commissario al posto del sindaco, con il conseguente rallentamento delle attività amministrative.
Quindi al di là delle demagogiche promesse, San Giovanni Rotondo non avrà mai veri rappresentanti della comunità fin quando non diventerà, appunto, comunità.
Solo una comunità che vive di rispetto reciproco potrà pretendere rispetto dalle classi dirigenti, e potrà essere libera di eleggere veri politici e non politicanti.