“X-men:
First Class”
Recensione di Carmela Fabbricatore
Gli X-men tornano al cinema. Per la quinta
volta. Come da tendenza comune ad altri film del genere (Batman o il nuovo
Spider man, ancora in fase di lavorazione), scopo di X men First Class è
rispolverare la nascita di un mito. Le origini della squadra X-men, nata dalla
precaria amicizia di Charls Xavier, professor X, e Erik Lehnsherr, alias Magneto,
nonché dei primi storici membri. Riconoscibili fin dalle prime scene, il
trasformismo di Mystica o il blu cobalto Hank McCoy. Questo film dà tante risposte a domande che
in fondo ci siamo sempre posti: come è nata la scuola degli X-men, chi ha
inventato Cerbero, perché Xavier è costretto a passare l’esistenza su una sedia
a rotelle. Ma soprattutto si svelano le origini dell’antagonismo storico tra
Magneto e il Professor X.
Certo, a ben vedere, quest’ultimo capitolo
dedicato agli eroi della saga Marvel non brilla per originalità, né dal punto
di vista della trama, né della realizzazione. Un blockbuster d.o.c., che puzza
di cliché trito e ritrito fin dal primo minuto. Una story-line che vede
l’impasto dei soliti temi, uno su tutti l’eterna lotta bene contro male, nonché
la separazione netta e irrealistica dei personaggi in buoni e cattivi, che non
lascia molto spazio a ripensamenti o zone grigie. Scene d’azione chiassose e distruttive
in perfetto Hollywood-style, con la pecca che stavolta forse non c’era
sufficiente budget a copertura delle spese necessarie per gli effetti speciali.
In più di un’occasione ci si avvale infatti del contributo di una computer
grafica trascurata e rudimentale. Roba che era fuori moda già nei primi anni
2000. Eppure, c’è qualcosa in questo lungometraggio che ti fa uscire dalla sala
se non soddisfatto, quantomeno felice. Il visino pulito di James Mc Avoy è
perfetto per il personaggio di Xavier, che incarna la purezza del bene, il
valore dell’amicizia e della sincerità. Stesso discorso per Micheal Fassbender,
a detta di molti il nuovo bello e dannato di Hollywood, che però riesce a
conciliare benissimo la sua prestanza fisica con l’autorità richiesta al ruolo
di malvagio. Tuttavia, il cattivo di una saga non diventa tale per puro caso, e
quando si scoprono le ragioni che hanno indotto Magneto a stare dalla parte di
chi vuole la distruzione del genere umano, non si può non provare un briciolo
di compassione. Qualche colpo di scena e un importante interrogativo finale:
potrà mai l’uomo evolversi eticamente e culturalmente, abolendo le guerre e
accettando il diverso? O è destinato a rimanere un essere arretrato e avido?
Due ore di intrattenimento non ci danno la risposta ma sicuramente portano a
pensarci su.