“London
River”
Recensione di Carmela Fabbricatore
Per antonomasia, agosto è il mese in cui il
cinema va in vacanza. I multisala riducono le proiezioni, i cinema di paese
chiudono per ferie. Poche nuove uscite rilevanti. Così, quel che rimane da fare
è recuperare quello che si è perso per strada durante l’anno. Dedicarsi a film
passati di sfuggita nelle sale, snobbati e poco considerati dai grandi circuiti
distributivi. Non per mancanza di qualità, ovviamente.
Tra gli invisibili della scorsa stagione,
spicca London River. Presentato a Berlino nel 2009, la storia ha come
protagonisti un uomo (Ousmane) ed una donna (Mrs Sommers) che si recano a
Londra alla ricerca dei loro rispettivi figli, di cui non hanno notizie da
diversi giorni. Siamo nel 2005 e la capitale del Regno Unito è stata appena scossa
dagli attentati terroristici che costarono la vita a 56 persone. La
preoccupazione e l’ansia nell’animo dei due genitori è molto forte, dunque.
Entrambi si muovono, ognuno per conto proprio, in una città spiazzata dagli
eventi, che ha perso tutte le sue sicurezze e i cui ospedali sono sommersi di
corpi da identificare. Le loro strade si sfioreranno dapprima, per poi
incrociarsi del tutto in una ricerca marcata da apprensione e inquietudine.
Sullo schermo si stagliano scene che richiamano alla memoria eventi di un
passato fin troppo recente e che non possono causare un senso di triste
angoscia nell’animo dello spettatore. Tuttavia, il tema centrale del film è
altrove.
Ousmane è di origini magrebine: è un uomo
alto, di colore, capelli lunghi, silenzioso e riservato; i suoi occhi esprimono
quella saggezza propria di chi è cresciuto secondo i ritmi della natura
selvaggia, e non della frenesia umana. Mrs. Sommers è invece una donna
britannica di provincia, dedita alla cura della casa e dell’orto, profondamente
religiosa e a tratti bigotta. Talmente bigotta da non voler in nessun modo
avere contatti con Ousmane, al punto da rifiutare una sua stretta di mano.
I comportamenti pacati e signorili di
Ousmane si scontrano progressivamente con la diffidenza immotivata di Mrs
Sommers, fin quando quest’ultima non comincerà ad abbassare le difese e ad
aprirsi, scoprendo di avere con Ousmane molte più cose in comune di quanto ella
stessa era disposta a credere. Nelle tormentate ore che seguiranno l’attentato,
condivideranno la sofferenza propria a ogni genitore che non sa se suo figlio è
vivo o morto. La storia, narrata in maniera semplice e senza particolari sforzi
tecnici, nasconde una densità di contenuti che le immagini secche e perentorie
riescono a rendere molto più di mille parole. Come la scena che vede
sovrapporsi le reazioni di Ousmane e Mrs. Sommers alla comune disperazione che
li assale. Ousmane, che fa del rispetto della natura una filosofia di vita,
imbraccia una motosega e si scaglia contro un albero secolare. Nel contempo, Mrs.
Sommers con rabbia furente colpisce ripetutamente la terra del suo orto, le
lacrime che si mescolano alla pioggia. Segno che tutte le differenze di questo
mondo non potranno annullare il destino comune a tutti gli uomini, quello di
essere costantemente abbattuti e sovrastati dalla potenza di una natura materna
e crudele, capace di donarti gioia infinita e incommensurabile dolore nell’arco
di una sola esistenza.