“Il
Responsabile Delle Risorse Umane”
Recensione di Carmela Fabbricatore
Se tutt’ad un tratto diventaste invisibili?
Se il mondo si dimenticasse di voi? Cosa accadrebbe se moriste e nessuno
venisse a reclamare il vostro corpo? E’ quello che accade ad una giovane
operaia romena sbarcata in terra israeliana e rimasta vittima di un attentato
terroristico. Sola e senza amici, l’unico modo per risalire alla sua identità è
la busta paga del panificio industriale in cui lavorava.
E se la stampa cerca
il capro espiatorio, non potrà non prendersela con il Responsabile Delle Risorse
Umane, troppo attento a perseguire i cinici obiettivi di produttività per
preoccuparsi dei suoi numerosi dipendenti, talmente invisibili che non ci si
accorge nemmeno della loro presenza o assenza.
Per risollevare la propria
immagine, l’azienda decide di finanziare il rimpatrio della salma e i funerali.
Operazione che porterà il Responsabile delle Risorse Umane a vivere situazioni
bizzarre e stravaganti, che gli faranno maturare profonde riflessioni sul
significato della propria esistenza.
Plot curioso quello dell’ultimo film di
Eran Riklis, ormai regista di punta del cinema israeliano. Tratto da un romanzo
di A. Yehoshua, Il Responsabile delle
Risorse umane racconta con grande ironia e distacco alcune delle più grandi
contraddizioni della nostra era. Il cinismo selvaggio di dirigenti avidi,
l’ambizione di giornalisti pronti a tutto pur di ottenere lo scoop
dell’ultim’ora, anche falsare la realtà delle cose. Ma soprattutto, la
difficoltà nel far emergere e imporre al mondo la propria identità.
Lo stesso
protagonista, non ha nome. Lo identificheremo per tutto il film come il
Responsabile Delle Risorse Umane, come se fosse un semplice strumento a
servizio del mondo in cui vive e lavora. Personaggi comprimari: un giornalista,
un adolescente e due improbabili autorità istituzionali. Tutti senza nome. Potrebbero
rappresentare chiunque di noi si riconosca nei loro generici caratteri. A
simboleggiare che quest’epoca ha ridotto l’uomo comune ad un numero, una mera
entità indefinita, che ha perso di vista la sostanza reale di cui è
composta.
Un’esilarante avventura on the road ci
porterà all’inevitabile conclusione che nulla è come appare. Come spesso accade,
il viaggio (in questo caso profondamente delirante) diventa lo spunto per ritrovare
se stessi. E così, tra vecchi rottami
sovietici, canti gitani e cerimonie funebri farsesche, si scoprirà quanto umano
e nobile sia l’animo del nostro Responsabile Delle Risorse Umane, che
ritenevamo freddo e indifferente.
Toni semi comici a servizio di riflessioni
profonde, con la lampante conclusione che conformarsi continuamente a ciò che
ci viene imposto dall’esterno finisce per annullare la nostra vera personalità.
Ma si può davvero sopravvivere nelle acque turbolente dell’esistenza senza perdere
di vista se stessi? Rikilis ci fa capire che basta solo un po’ di coraggio in
più. Potrebbe essere una risoluzione banale, ma, in fondo, è solo buon senso.