“Carnage”
Recensione di Carmela Fabbricatore
Antefatto e titoli di testa: al parco, un
ragazzino picchia un suo coetaneo con una spranga. Nella scena successiva si
vedono i rispettivi genitori (i signori Longstreet e Cowan) accordarsi sulle
conseguenze del terribile gesto. La conversazione, inizialmente caratterizzata
da toni composti e civili, si protrarrà per circa 80 minuti (l’intera durata
del film) prendendo pieghe inaspettate e degenerando fino a far crollare ogni
filtro e inibizione da parte dei protagonisti.
Con il suo ultimo lavoro Roman Polanski
adatta per il grande schermo l’opera teatrale Il Dio del Massacro ( Le Dieu du carnage), scritto dalla drammaturga francese Yasmina
Reza. Carnage, ovvero carneficina. Ed è una vera e propria carneficina quella
che si consuma nell’appartamento dei signori Longstreet. Ma attenzione, non c’è
sangue, non ci sono omicidi, solo fiumi di parole che portano a galla rancori,
risentimenti, frustrazioni e aspettative disattese.
Quel tipo di disillusione
esistenziale che viene costantemente nascosto sotto la maschera che ciascuno
indossa nel quotidiano, la stessa che impone di dichiarare al mondo quanto si è
felici e soddisfatti della vita, ingannando se stessi pur di cercare una via di
fuga dall’angoscia che provocherebbe la brutale verità.
Ognuno accetta
passivamente il ruolo che gli è stato attribuito nello scenario dell’esistenza,
reprimendo il più delle volte la propria natura. C’è qualcosa di vagamente
pirandelliano in Carnage, non ultima l’impostazione teatrale di tutto il film.
Un’unica ambientazione scenica, curata nei
minimi dettagli, supportata da una fotografia da manuale, luci e colori pronti
ad esaltare dettagli apparentemente insignificanti, ma carichi di importanza
simbolica, come il rosso luminoso delle labbra di Kate Winslet, che sbiadisce
progressivamente man mano che il suo personaggio abbandona artificiosità ed
acquista realtà. Polanski dona eleganza stilistica ad ogni inquadratura, con
una maestria fuori dal comune.
Ciò che più risalta all’occhio sono però le
grandi prestazioni recitative dei quattro protagonisti. Se da un lato non
stupisce vedere Jodie Foster passare con naturalezza formidabile da madre
tenera e apprensiva a donna isterica e stizzita, non si può non restare
impressionati dall’incredibile interpretazione di Kate Winslet. L’attrice
americana supera se stessa nella parte di una donna altoborghese repressa e
continuamente sottoposta ad autocontrollo, ma la cui personalità emergerà con
decisione man mano che gli eventi progrediscono.
Sul fronte maschile colpisce
la capacità con cui Christoph Waltz riesce a personificare un cinismo
sprezzante ed impassibile, mentre John C. Reilly è perfetto nella parte di adulto bamboccione, succube della
madre e della moglie, da cui riesce a liberarsi solo ricorrendo all’alcol.
Con
Carnage il teatro incontra il cinema in maniera sopraffina ed elegante. Tra i molteplici
punti di forza un ritmo feroce ed incalzante, arricchito da un crescendo di
emozioni mescolate, contorte e distorte. Con un finale fortemente educativo.