1 maggio, festa della dignità
Ad un passo dalla storia i corsi e ricorsi che si susseguono con i loro eventi e con le loro amarezze. L’impressione di aver aquisito dei diritti e la certezza di perderne quotidianamente. E tutto con il sorriso sulle labbra ed una innata abilità nel farlo. E cosi mentre va in scena l’ennesima burla di una festa che dovremmo sospendere e congelare fino a data da destinarsi ovvero fino alla risoluzione del problema, il popolo festeggia pur sapendo che c’è poco o nulla da festeggiare. Forse lo fa per avere ancora speranza o forse lo fa per nascondere il dramma e la disperazione. Con il lavoro nasce la nostra democrazia e fonda un legame indissolubile tra stato e cittadino attraverso di esso. E Non può prescindere da esso. Lo Stato repubblicano giura fedelta al lavoro. Gli da il Battesimo lo riconosce quale figlio legittimo, lo fa suo, investe in esso e gli da la giusta sacralità. Attraverso di esso partorisce la Carta, “la piu bella del mondo”. Finalmente il suo primo vagito: l’articolo 1. Nasce lo Stato repubblicano e si fonda sul lavoro. Il avoro è un diritto, il primo, propedeutico, sacro ed inalienabile. Da qui tutte le lotte per renderlo certo sicuro per renderlo un diritto e mai un privilegio. Agli inizi del secolo i cittadini non avevano diritti, solo taluni erano i privilegiati, non avevano lavoro solo alcuni erano privilegiati non avevano pensione solo i ricchi vivevano di rendità. Ed ora? Tutto come prima. Un salto nella storia, all’indietro con tutta la pericolosità che ne deriva.
Sembra di ripercorrere la storia con lo spettacolo dei giochi dell’arena. ”Pane et circense” ed il popolo è ingannato e felice. Persone disperate, schiave, scelte per deliziare i nobili di Roma. Da duemila anni i politici non sono cambiati affatto. Nell’arena a far scannare i poveri tra loro. Tutti pronti al grido “Ave Cesare morituri te salutant”. Pollice verso o pollice alto. La loro vita dipendeva da loro, dal loro capriccio dalla loro bramosìa. Come accade oggi. Rappresentanti che propagandano in tv la riluttanza ai loro privilegi ma poi segretamente votano contro. Politici che mostrano il dito medio alla gente e poi parlano di violenza dei disperati. Che pretendono il rispetto delle istituzioni e poi vanno a manifestare contro i magistrati. Che giurano sulla Costituzione e poi rinnegano il lavoro come diritto. Sacrilegio profondo sacrilegio. Andate via in nome di Dio!!
Allora Cosa c’è da festeggiare oggi?
Festeggeremo la dignità delle persone. Di tutte le persone. Senza nessun tipo di distinzione. Quella di chi vive di disperazione. Quella di chi ha fatto una vita di lavoro e si ritrova senza una pensione. Quella di chi pensa che non potrà mai morire sul lavoro perché al lavoro non ci arriverà mai. Quella di chi ha fatto fare i fattacci propri agli altri con i propri diritti. Quella di chi non c’è più perché non ce l’ha fatta. Quella di chi rovista nei cassonetti senza vergogna alla ricerca di un altro giorno di speranza. Quella di chi piange di nascosto singhiozzando pensando di farla finita. Oggi io festeggio con loro. Festeggio loro. La dignità non è in vendita. Non è negoziabile. Dedico a tutte le persone in difficoltù questi versi di Gianni Rodari
Speranza
Se io avessi una botteguccia
fatta di una sola stanza
vorrei mettermi a vendere
sai cosa? La speranza.
“Speranza a buon mercato!”
Per un soldo ne darei
ad un solo cliente
quanto basta per sei.
E alla povera gente
che non ha da campare
darei tutta la mia speranza
senza fargliela pagare
OGGI 1 MAGGIO IO FESTEGGIO LA DIGNITA’ DI CHI E’ SENZA LAVORO.CHE NON MUOIA MAI LA SPERANZA!!!!
Gianni Impagliatelli